E CINQUE!
Come le medaglie vinte finora dall’Italia in queste Olimpiadi: la quarta, alle 14,02 locali, dalla milanese (di nascita) Federica Brignone, che nella seconda manche dello slalom gigante di ieri è riuscita a guadagnare una posizione, scalzando dal secondo gradino del podio l’austriaca Katharina Truppe, mentre la quinta alle 21,00 locali dalla sondriese Arianna Fontana (impresa sulla quale sarebbe inutile soffermarsi, poiché la stessa è già stata giustamente celebrata da tutti i media nella giornata di ieri).
Un’impresa, quella di Arianna, che è già passata alla storia, così come passerà alla storia un’immagine (la più bella per me) catturata dalla regia dell’OBS al termine dell’ennesima impresa dei nostri due marziani, di nome Amos e Stefania, entrambi visibilmente commossi (al termine della semifinale contro la Svezia) quando si sono trovati dinanzi a una webcam per salutare i loro familiari e amici collegati da remoto.

Fino a qualche giorno fa, il grande pubblico non sapeva chi fossero, nemmeno io, sono sincero, essendomi imbattuto nella loro storia mentre stavo scrivendo la prima puntata di #undòujiāngdaPechino, alla ricerca dei nomi dei primi italiani che sarebbero scesi sul ghiaccio da menzionare all’interno dell’articolo inaugurale.
Giorno dopo giorno, vittoria dopo vittoria (percorso netto il loro, fino a ora: 10 vittorie su 10 partite) hanno acquisito una crescente (e strameritata) popolarità nel nostro paese e oggi milioni di italiani sanno chi sono.
Nel breve volgere di nemmeno una settimana, pazzesco.
Sarà stata una notte lunga (probabilmente insonne) per i nostri eroi, che avranno consumato la solita colazione, poi un pranzo leggero, guardando nervosamente nel pomeriggio più volte l’orologio, aspettando che il tramonto del sole.
Poi, il trasferimento al National Aquatics Centre di Pechino, il riscaldamento, i soliti riti, l’adrenalina che sale, perché anche loro sono umani.
E così arriveranno le 20,05 locali (le 13,05 in Italia), l’orario in cui dovranno avere la forza di dimenticare le vittorie di questi giorni, alla ricerca dell’ultimo successo, quello che li separa da un titolo olimpico: nel mezzo c’è il duo norvegese, che nel round robin ha vinto 8 incontri su 10.
Sarebbe un titolo davvero sorprendente per quanto inaspettato, simile a quello della 4×100 di Tokyo (forse qualcosina di ancor più straordinario) e sarebbe veramente bello che tutti, oggi, durante la pausa pranzo riuscissimo a spingerli dinanzi ai nostri devices, come abbiamo fatto per i nostri 4 centometristi nel primo pomeriggio di venerdì 6 agosto 2021.
Forza ragazzi!
IL PATTINAGGIO DI VELOCITA’
Altre sei, invece, saranno i titoli olimpici che verranno aggiudicati nella giornata di oggi, tra cui quello dei 1500 metri maschili di pattinaggio di velocità, uno degli sport che fa parte delle discipline olimpiche fin dalla prima edizione, vale a dire quella di Chamonix del 1924, durante la quale erano già presenti i 1500 metri maschili (assieme ai 500 ai 1000, ai 5000 e ai 10000 metri: in campo femminile, invece, le gare sono state introdotte dal 1960).
Grazie all’argento vinto da Francesca Lollibrigida sabato mattina qualcosina in più abbiamo imparato su questa disciplina, ma forse non tutti sanno che le gare di pattinaggio di velocità si praticano in ovali all’aperto o al coperto (ai giochi olimpici è obbligatorio il coperto) su di una pista lunga 400 metri con due rettilinei lunghi 111,98 metri (le curve hanno un raggio di 25-26 metri), pista suddivisa in due corsie (che i pattinatori si scambiano ogni giro in modo da coprire la stessa distanza al termine della gara.
LA STORIA DI JADEJA VISHWARAJ
E proprio dal pattinaggio di velocità arriva la storia olimpica di oggi.
Vi avrei voluto raccontare una bella storia, quella di un atleta che proviene da Ahmedabad, una città dell’india occidentale con poco più di 3.000.000 di abitanti, chiamata la Manchester dell’est per l’importanza che ha l’industria tessile nell’economia locale.
La storia di un ragazzo, Jadeja Vishwaraj, che ha iniziato a praticare fin da piccolo il pattinaggio, che, però, non poteva che essere quello in linea su strada, visto che l’India non è famosa per le sue piste da pattinaggio sul ghiaccio.
Il sogno di Jadeja, però, era quello di andare alle olimpiadi e, poiché il pattinaggio in linea non è sport olimpico, ha virato su quello di velocità sul ghiaccio, decidendo di abbandonare il suo paese natio alla volta dei Paesi Bassi per essere allenato dal leggendario allenatore olandese Wim Nieuwenhuizen, con cui ha cercato di qualificarsi per i giochi olimpici di PyeongChang, ai quali, tuttavia, non è riuscito a partecipare a causa di un infortunio.
Con il morale sotto i tacchi è tornato in patria, facendo però tesoro di quel che aveva visto in Olanda, vale a dire pattinare sui laghi ghiacciati.
Ce ne sono anche in India, di laghi ghiacciati, sull’Himalaya, ad esempio, a 4.500 metri sul livello del mare, come il lago Tso Moriri, dove Jadeja si è duramente allenato anche a –45 gradi di temperatura per essere ai nastri di partenza di quella che sarebbe stata oggi la sua gara, i 1.500 metri maschili.

Ma per arrivare a Pechino, bisognava passare da un’altra città che prendeva proprio il nome da un (altro) lago, un lago grande e salato, ossia Salt Lake City, dove tra il 3 e il 5 dicembre 2021 si è tenuto l’ultimo evento di Coppa del Mondo per strappare un pass olimpico, evento che Jadeja ha presentato così: “Ci è voluto un po’ per arrivare qui ma eccomi qua!! Sto lavorando a questo momento da 10 anni. Troppe emozioni scorrono nel corpo. Eccoci adesso ci siamo” (aveva dichiarato Jadeja poco prima dell’evento).

Ma, purtroppo, tutte le storie non possono avere un lieto fine.
Jadeja non ce l’ha fatta a qualificarsi: “È stata una tappa difficile. A Salt Lake City. Ho appreso un sacco di cose. Ancora troppe emozioni. Pattinando più veloce di sempre, ma non abbastanza veloce”.
In realtà, un’ulteriore possibilità ci sarebbe stata qualche settimana dopo, ma, per “questioni logistiche” (in pratica Jadeja si autofinanzia), a Calgary non è potuto andare: “Tutto questo mi spezza il cuore, ma bisogna riorganizzarsi e andare avanti. Il divario tra la prestazione in allenamento e quella in gara si avvicina un centimetro alla volta”.
E ora, Jadeja, non è a Pechino, ma è già tornato ad allenarsi in vista delle prossime Olimpiadi, quelle di Milano-Cortina, che si disputeranno quando di anni ne avrà 38.
Forse, troppi, chissà, ma non possiamo non tifare per lui e seguirlo, se vorrete, sui suoi profili social, nei quali posta foto di paesaggi incantevoli, ripresi da un drone che lo segue in ogni momento (passione comune, la nostra).
Sono sicuro che mi perdonerete se, per una volta, ho tradito lo spirito con cui è nata questa rubrica, ossia quello di parlare di un atleta che ha partecipato ai giochi olimpici invernali.
A mio avviso, ne valeva la pena, perché, altrimenti, alle nostre latitudini sarebbe rimasta ignota ai più la storia di Jadeja.
LE GARE DA NON PERDERE MERCOLEDI’ 9 FEBBRAIO
Quali eventi non possiamo assolutamente perdere nella giornata di domani?
Questa volta potete dormire sogni tranquilli, visto che, a meno di inattese sorprese, nella notte non ci dovrebbero essere italiani in corsa per una medaglia.
Ma subito dopo la lettura della puntata #8 di #undòujiāngdaPechino Vi consiglio di non perdere alle ore 8,45 la finale cross dello snowboard femminile (nella speranza che in pista ci sia la nostra portabandiera Michela Moioli).
Poi, a cavallo del pranzo, potete seguire la finale maschile dei 1500 metri dello short track (in partenza alle 14,20: a Pietro Sighel e Yuri Confortola è richiesta una vera e propria impresa), nonché la seconda manche del doppio maschile di slittino (alle 14,35, nella speranza che i nostri Rieder-Kainzwaldner riescano a salire sul podio).
Riusciremo ad allungare a 5 la striscia dei giorni consecutivi in cui l’Italia riuscirà a vincere almeno una medaglia?
Stay tuned!
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV.
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