Dopo le interviste a due grandi personaggi delle telecronache come Massimiliano Ambesi e Silvio Martinello, SPORTinMEDIA ha sentito Luca Marelli, uno dei commentatori più in vista del panorama mediatico-sportivo. Avvocato comasco, ex arbitro di Serie A, grazie a competenza, chiarezza espositiva e capacità di dominare web e social è diventato in poco tempo il punto di riferimento italiano per le questioni arbitrali, con le truppe cammellate di tifosi e giornalisti – figure spesso indistinguibili – che attendono i suoi responsi (www.lucamarelli.it) a mo’ di oracolo. La mancata o superficiale conoscenza del regolamento, unita al tifo e alla scarsa cultura sportiva imperante nel nostro Paese, provocano molto spesso un mix micidiale, con discussioni infinite sui casi da moviola e pochissimo spazio per le analisi tecniche su squadre e giocatori. Un clima avvelenato in cui i media, anziché diffondere conoscenza e cultura regolamentare, contribuiscono alla confusione su norme e interpretazioni. In questa intervista, divisa in due parti, abbiamo affrontato numerosi argomenti, con particolare attenzione proprio all’ignoranza del regolamento e al rapporto tra arbitri e media. Ne sono usciti diversi spunti e un’anticipazione molto interessante… Domani la seconda parte dell’intervista.
LUCA MARELLI ARBITRO
Luca, quando arbitravi in Serie A e B davi un’occhiata ai giornali per leggere voti e commenti? Guardavi le moviole dei vari programmi TV (se sì, quali)?
No, non davo un’occhiata ai quotidiani, li leggevo attentamente. In particolare leggevo tutti i quotidiani locali la mattina prima della partita per capire l’ambiente che avremmo trovato, eventuali polemiche, problemi di ordine pubblico, umore delle squadre. Possono sembrare argomenti marginali e forse lo sono anche, ma sono tutte informazioni che possono fornire elementi utili in campo.
Il giorno successivo alla gara compravo sempre i tre quotidiani sportivi per leggere le valutazioni sugli episodi. E sì, anche per i voti dei giornalisti: d’altronde credo sia del tutto normale avere un po’ di curiosità e comprendere come venisse valutato il proprio lavoro.
Voti e commenti di giornali e TV erano argomento di discussione durante i ritiri arbitrali? C’era qualche opinionista, anche ex arbitro, di cui avevate particolare stima e, all’opposto, qualcuno che non potevate proprio digerire?
No, assolutamente no. I voti dei quotidiani, come precedentemente accennato, erano e sono solo una curiosità personale, le valutazioni giornalistiche ed arbitrali sono completamente differenti. Capita spesso che un 7 in pagella coincida con un voto negativo dell’osservatore arbitrale e spesso accade anche il contrario. Nei raduni l’attenzione non è incentrata sulla massmediaticità dell’attività ma sulla tecnica, con visualizzazione di filmati, lavori di gruppo, allenamenti fisici e mentali, esposizione di direttive degli organi tecnici.
È ovvio, poi, che ogni arbitro abbia un giornalista “preferito” ed altri che non apprezza: siamo esseri umani ed abbiamo tutte le virtù e tutti i difetti di ogni essere umano.
Al termine di qualche partita con episodi controversi, avresti rilasciato volentieri un’intervista per spiegare i motivi delle tue decisioni?
La risposta ti potrà sorprendere ma è un NO senza alcuna esitazione.
Tu ormai mi conosci piuttosto bene, anche se solo virtualmente, ma sai che non commento mai (ad eccezione di obblighi contrattuali, ovviamente) gli episodi nel giorno stesso in cui accadono. Il motivo è che gli episodi vanno analizzati con attenzione anche dal divano. Dopo la partita un arbitro scrive il rapporto di gara, si fa una doccia, affronta il colloquio con l’osservatore, si veste ed esce dallo spogliatoio senza mai rivedere gli episodi che hanno caratterizzato la gara. Dovrebbe presentarsi in conferenza stampa di fronte a giornalisti che, nel frattempo, hanno visto cento volte le immagini: sarebbe un confronto impari e, per certi versi, controproducente.
Non arbitro più da molti anni ma ho mantenuto questa linea: commentare subito un episodio è molto rischioso perché spesso ci si esprime sulla base di informazioni incomplete.
In ogni caso c’è un altro problema non superabile per quanto concerne eventuale dichiarazione degli arbitri nel dopo gara: spesso si dovrebbero commentare degli episodi prima che sugli stessi si esprima il Giudice Sportivo. Non avrebbe molto senso, sarebbe come anticipare e/o forzare qualche decisione del Giudice Sportivo stesso.
Da parte mia credo che l’AIA dovrebbe cominciare ad aprire la comunicazione dei propri arbitri con la stampa ma dopo le decisioni della Giustizia Sportiva, in modo tale da non entrare in conflitto logico con la stessa. Potrebbe essere interessante e forse potrebbe essere di aiuto per migliorare la qualità del giornalismo in materia. Sull’opinionismo sportivo, invece, non cambierebbe nulla, la qualità media degli opinionisti (con le eccezioni di alcune reti nazionali) è terrificante, il livello bar viene spesso superato abbondantemente.
È un argomento complesso che necessiterebbe di ore di approfondimento, soprattutto per comprendere per quale motivo le reti private siano piene zeppe di opinionisti senza competenze ma sempre pronti a pontificare.
Credo che l’AIA dovrebbe cominciare ad aprire la comunicazione dei propri arbitri con la stampa, ma dopo le decisioni della Giustizia Sportiva in modo tale da non entrare in conflitto logico con la stessa. Potrebbe essere interessante e forse potrebbe essere di aiuto per migliorare la qualità del giornalismo in materia. Sull’opinionismo sportivo, invece, non cambierebbe nulla, la qualità media degli opinionisti (con le eccezioni di alcune reti nazionali) è terrificante.
Luca Marelli
I MEDIA, L’IGNORANZA DEL REGOLAMENTO E LE INTERVISTE DEGLI ARBITRI
In Italia – terra di complottismo, dietrologie e sospetti – la figura dell’arbitro è spesso presa di mira. In molti casi, è l’alibi più comodo per giustificare gli insuccessi. Non trovi che le polemiche sui media siano molte volte pretestuose/eccessive e basate su una scarsissima conoscenza del regolamento? Sei d’accordo sul fatto che se ci fosse meno morbosità sulle questioni arbitrali e più attenzione verso gli aspetti tecnico-tattici di una partita, ne trarrebbero beneficio un po’ tutti, anche chi si avvicina al mondo arbitrale?
Ne ho accennato precedentemente e la non conoscenza del regolamento è la base della colossale disinformazione che circola ovunque. Il problema vero è che arbitri e regolamento diventano argomento di interesse solo nel momento in cui vengono sollevate polemiche per episodi accaduti durante una partita.
Purtroppo molto spesso circolano informazioni che non si riportano al regolamento ma alle conoscenze scarse di chi commenta una materia di cui è poco o nulla competente. La verità è che il calcio è esattamente come ogni altro argomento: ne parla chiunque, spesso senza sapere nulla. Il parallelismo coi social è facile: casalinghe che pontificano di economia, operai che pretendono di esprimere opinioni giuridiche, avventori del bar che sanno tutto di tutto. Ormai la comunicazione, anche televisiva, si basa su sensazioni più che su conoscenze.
In questo panorama poco edificante sto cercando di portare un minimo di conoscenza, naturalmente nel mio piccolo e per coloro che abbiano voglia di avere qualche informazione in più. Onestamente pensavo che sarebbero stati pochi ma, in realtà, ho notato da subito un interesse molto corposo di persone con il desiderio di conoscere dinamiche di campo, regolamento, lettura alternativa degli episodi basati non solo su sensazioni. Probabilmente anche gli utenti del calcio cominciano ad essere stanchi di polemiche spesso senza senso, nella gran parte dei casi cavalcate per questioni di share più che di necessario approfondimento.
Non so se una minore attenzione sugli arbitri potrebbe portare giovamento al movimento sportivo in generale, sono però convinto che una conoscenza perlomeno delle basi potrebbe limitare (e non di poco) polemiche che sono spesso strumentali.
Nel mio piccolo ci sto provando e qualcosa si comincia a vedere: leggiamo ed ascoltiamo sempre meno concetti regolamentari totalmente inventati come “danno procurato”, “ultimo uomo”, “fallo tattico”, tutte terminologie che non hanno alcun fondamento. Certo, non è facile contrastare certezze fasulle che si sono sedimentate per decenni e per le quali ci sono anche forti responsabilità dell’AIA che, in tutto questo tempo, non ha mai posto in atto delle iniziative che potessero aiutare la grande utenza a prendere consapevolezza del regolamento.
Purtroppo l’Associazione vive una grande contraddizione, soprattutto in questi anni di presidenza Nicchi: invece di utilizzare i social per cominciare a spiegare qualcosa, li si utilizza per pubblicare foto di raduni, per un premio a Nicchi, per una riunione di Nicchi, per un’intervista di Nicchi, per una comparsata televisiva di Nicchi. Il problema, però, è che di questi argomenti non interessa nulla a nessuno se non a (pochi) arbitri: non è certo un caso che i social dell’AIA siano pressoché deserti, visualizzati giusto da un centinaio di associati. Per carità, tanta ammirazione e rispetto per quei ragazzi impegnati nei raduni (a cui ho partecipato centinaia di volte) ma la comunicazione non dovrebbe essere un esercizio autoreferenziale: dovrebbe essere un mezzo per chiarire, discutere, spiegare.
Invece finisce per apparire un continuo comizio.
La non conoscenza del regolamento è la base della colossale disinformazione che circola ovunque. Il problema vero è che arbitri e regolamento diventano argomento di interesse solo nel momento in cui vengono sollevate polemiche per episodi accaduti durante una partita. (…) La verità è che il calcio è esattamente come ogni altro argomento: ne parla chiunque, spesso senza sapere nulla.
Luca Marelli
Facciamo un gioco. Sei il presidente A.I.A. e devi decidere il da farsi circa la questione (annosa) delle interviste degli arbitri a fine partita. Cosa fai? Apertura totale, parziale, altra soluzione (ad esempio microfono aperto, stile sport USA, per ascoltare i dialoghi tra arbitri e VAR Room) o mantenimento dello status quo?
Prima di tutto non mi lancerei in promesse. Nicchi ha promesso prima di ogni tornata elettorale che avrebbe consentito le interviste agli arbitri. Non ha mai mantenuto la promessa.
Se fossi il presidente dell’AIA chiuderei definitivamente alle interviste post gara per i motivi che ho espresso precedentemente (e che, secondo me, non sono superabili) ma concederei la possibilità ai giornalisti di programmare interviste con gli arbitri, con i dirigenti dell’associazione. Permetterei, inoltre, ai giornalisti di entrare a Coverciano durante i raduni, concedendo loro di poter conversare liberamente con gli arbitri in un apposito spazio calendarizzato.
Parlare con i giornalisti e comunicazione VAR-arbitro sono due argomenti ben distinti. In ogni caso nemmeno negli USA, ove la tecnologia viene utilizzata da oltre vent’anni, sono udibili i dialoghi tra arbitri di campo ed arbitri in cabina. Peraltro sarebbero dialoghi totalmente inutili perché la decisione non la prende il VAR ma l’arbitro: non so cosa ci sarebbe di così interessante nell’ascoltare il VAR dire “ti consiglio di rivedere l’episodio”. Dopo il secondo dialogo diventerebbe come un’inutile seccatura.
Più interessante, dal mio punto di vista, la comunicazione dell’arbitro sulla decisione assunta, magari con un microfono collegato agli altoparlanti dello stadio: spiegare la decisione potrebbe essere didatticamente utile. Peraltro, come spesso ho affermato, credo che questa sia una naturale evoluzione della tecnologia, al pari del challenge per le squadre.