La settimana che segue l’abbuffata olimpica è come un prolungato blue monday: malinconia serpeggiante, sgradevole sensazione di essere usciti da una bolla benevola e protettiva, fastidiosa consapevolezza che da adesso in poi (povera Atalanta: il suo match contro il Real non c’entra nulla) riprenderà piede l’insano chiacchiericcio su virtù e vizi del calcio. Magari dovendo pure fare i conti con la non elaborata indegna figuraccia offerta dall’Italia agli Europei. Tanto per non perdere del tutto nel giro di poche ore quel senso di piacevole astrazione in cui i Giochi conducono chi li segue, vale molto la pena di stilare un bilancio del come la tv ha permesso questa astrazione e di capire se tutto è andato per il verso giusto o no.
DISCOVERY – L’intento di Discovery era quello di utilizzare al massimo l’Olimpiade per promuovere il proprio servizio OTT. Il marchio Eurosport è ormai, per l’appunto, solo un marchio. L’abbondanza di feed disponibili nella home page di Discovery+ ha rappresentato una notevole fonte di godimento per chiunque non volesse perdersi gli esercizi di tutte le ginnaste ad un singolo attrezzo durante la prova a squadre (per dire) oppure i match di badminton o quelli dell’idolatratissimo francese Lebrun nel tennistavolo. Un’Olimpiade vissuta così è un’esperienza quasi mistica. Ma la sovrabbondanza (problema endemico delle piattaforme streaming) diventa un ostacolo al godimento quando non sai come orientarti in quel mare magnum. Ovvero: è mancata una Beatrice che dantescamente offrisse al telespettatore onnivoro la possibilità di essere avvertito attimo per attimo (non solo il medal alert) di cosa stava per succedere altrove. Una guida emozionale più che agonistica, aggiornata continuamente magari su base nazionale che permettesse a tutti di saltellare qui e là a seconda degli eventi. Nella home page di Discovery era abbastanza farraginoso passare da un feed ad un altro e le sole indicazioni sulla disciplina e l’evento non erano sufficienti: bisognava essersi preparati per sapere cosa si voleva guardare e non tutti magari avevano possibilità e tempo di studiare la notte precedente, come per gli esami all’Università.
EUROSPORT SU SKY – Se i due canali lineari davano la possibilità di avere una copertura essenziale ma ricca degli eventi principali gli altri hanno volte suscitato la sensazione che si trattasse soprattutto di una vetrina (con eventi e discipline spesso suddivisi con principi ispirati all’equilibrio fra eventi maschili e femminili) per indurre lo spettatore a trasferirsi su Discovery +. Tanti sport di squadra e non molti eventi di nicchia come a dire: se volete saperne di più, oltre lo specchio di Alice invece c’è tutto.
RAI – Su Rai 2 il problema della guida alpina che guidasse il telespettatore non c’è stato visto che in un solo canale (con Raisport Hd come refugium peccatorum) sarebbe stato folle farne senza. Non si è assistito (evviva!) a quegli errori grossolani in cui nella storia Rai è spesso incappata quando si parla di sport in diretta, specie di quelli che non hanno una durata prestabilita. Del tipo: chiusura del collegamento magari un momento topico per dare la linea ad un Tg che comunichi gli interventi dei politici di turno. Il problema Rai è sempre quello di una certa polverosità d’insieme, del voler ricordare a tutti i costi che quegli errori di cui sopra non si verificano più come se fosse una conquista epocale. E poi perché il direttore di Raisport quando parla con il presidente del Coni in diretta gli deve dare del tu?
Certo: sarebbe meglio che certi errori (tipo quello di Andrea Lucchetta che ha sghignazzato sulla foto del giocatore di volley giapponese scomparso che i compagni avevano posto a bordo campo perché non aveva idea che fosse tale) sarebbe meglio non succedessero; ma chi fa sbaglia. Non è certo su questo che vale la pena di concentrarsi.
E DOMANI? A Los Angeles fra quattro anni chissà quanto potere avrà l’Intelligenza artificiale e chissà a quali declinazioni consumer avrà dato vita. Forse ci saranno telecronisti virtuali, forse la guida emotiva prima citata sarà gestita da un bot capace di dire in tempo reale al telespettatore cosa sta succedendo su un altro campo di gara e di portarci l’utente senza che questi nemmeno prema un pulsante sul telecomando. Forse, fra quattro anni, i più boomer si troveranno nella condizione di rimpiangere, come disse Jean Cocteau, una voix humaine che commetta anche errori. Chissà.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Ha pubblicato a giugno 2023 il libro “Chi ha rapito Roger Federer?” (Absolutely Free).
Collabora con il quotidiano Domani, cura per Sport in Media la rubrica “La Nuca di McKinley” e durante i Mondiali di calcio 2022 ha realizzato la video-rubrica “Qatarinfrangenze“.
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