La serialità televisiva e, in parte, in cinema sono ormai terreni di conquista per la comunicazione “territoriale”. Un esempio? Eccolo: nella prima puntata di “Blanca” la fortunatissima serie passata su Rai 1 e oggi visibile su Netflix (la protagonista Maria Chiara Giannetta sarà fra le conduttrici del Festival di Sanremo) le inquadrature del nuovo ponte di Genova, quello costruito a tempo di record dopo il crollo del Morandi, sono più o meno una decina. E due protagonisti vivono, guarda caso, esattamente nella zona del ponte. In “Monterossi”, apprezzabilissima serie Amazon Prime tratta dai romanzi di Alessandro Robecchi e interpretata da Fabrizio Bentivoglio (il quale altri non è, nella serie, che il Marco di “Marrakech Express” 40 anni dopo: quello che diceva con Abatantuono: erano aaaaaaanni che non mi divertivo così) a farla da padrone è la Milano che gravita attorno al Bosco Verticale e che cita se stessa dalle finestre dell’appartamento del protagonista. Ma quanto sta succedendo per Kitzbuehel fa impallidire ogni altro tentativo. La discesa libera che si disputa nella località austriaca è di gran lunga la gara di sci più importante del mondo: e chi in questi giorni sta seguendo le gare, in particolare sul player di Eurosport, avrà certamente apprezzato l’evoluzione assoluta delle riprese. Siamo ben oltre un prodotto che affascina grazie al gran numero di telecamere posizionate attorno alla pista: con l’ausilio di droni il telespettatore vive ormai una sorta di esperienza immersiva manco fosse dotato (e ci arriveremo a brevissimo) di occhiali per la realtà aumentata. Oltre al senso di vertigine e alla pressione della forza centrifuga chi guarda la gara avverte anche la consistenza della superficie ghiacciata: il tutto grazie al suono che gli sci producono quando atterrano dopo un salto, ad esempio.
Ma a rendere l’operazione degna di nota è il contorno. Su Netflix è disponibile la prima stagione di “Kitz”, serie giallo-bianca per lo più difficilmente digeribile (echi di “Revenge” e alternanza di interni/esterni che riportano alla mente l’austriacissimo “Tempesta d’amore”) dove gli elementi fondamentali sono due: far capire che a Kitz c’è una marea di neve e che i teen o ex tali che la frequentano sono il massimo del glamour (pandemia assente, ovvio).
E se ancora non foste sazi ecco che su Apple Tv è invece noleggiabile “Streif”, un docufilm un pochino datato (è del 2014) ma che rappresenta probabilmente la miglior narrazione visiva mai realizzata sul mondo dello sci. Dove il rapporto fra i discesisti e la pista diventa qualcosa di mistico, così come mistica è l’applicazione di chi rende possibile la disputa della gara, in una località dove il traguardo, giova ricordarlo, è a soli 800 metri di altezza.
E il tutto lascia un sentore di operazione all’inizio: nelle gare di questi giorni sono stati inseriti sensori e microcamere anche negli scarponi degli atleti. Presto sarà possibile per un utente tecnologicamente disponibile lanciarsi sulla Streif essendo sul divano ma SENZA ESSERE sul divano. Ma niente sostituirà mai quel suono sordo (stock!) degli sci che atterrano sulla Mausehalle. Niente.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.