Nel week end in cui la giovane promessa del tennis italiano Jannik Sinner (profetico, forse, fu il grande Rino Tommasi quando disse: “Peccato che Boris Becker non sia nato a Merano”: che questa volta l’Alto Adige abbia dato alla luce un nuovo campione?) è stato a un passo dall’aggiudicarsi alla tenera età di 19 anni il torneo di Miami, ossia il primo Masters 1000 del 2021, che peraltro si è disputato senza giudici di linea, sostituiti dall’Electronic Line Calling, in Italia si è tornati a parlare di arbitri di calcio, non tanto per le consuete polemiche settimanali, ma per la partecipazione di Massimiliano Irrati alla “Domenica Sportiva” e per la prima puntata della mini serie “La mente nel pallone” andata in onda il 3 aprile, che vede come narratore Nicola Rizzoli, attuale designatore della CAN.
Fin da piccolo mi hanno sempre incuriosito coloro che lavoravano dietro le quinte di una partita di serie A, tra cui gli arbitri e i radiocronisti, che negli anni ‘80 ci raccontavano le partite della domenica pomeriggio, perché, tranne in rarissime occasioni, i primi avevano un volto, ma non una voce, mentre i secondi una voce, ma non un volto.
E nel corso degli anni grazie (o a causa) dell’irruzione delle tv si è data sempre più una voce ai primi e un volto ai secondi.
Tuttavia, in un paese dove molto spesso il tifo, la dietrologia e, soprattutto, la continua ricerca di un alibi in caso di sconfitta, non ci permettono di analizzare in maniera obiettiva ciò che è accaduto durante una partita di calcio, è impresa ardua per un direttore di gara sottoporsi a un’intervista, senza che la stessa sia poi destinata a ingenerare sterili polemiche.
Un po’ com’è accaduto, ad esempio, in seguito all’intervista del 28 febbraio 2021 a “Novantesimo Minuto” del miglior Arbitro italiano in attività Daniele Orsato, che ha indotto il neo Presidente dell’AIA Alfredo Trentalange a dichiarare nella puntata di Dribbling del 20 marzo 2021 l’intenzione dell’associazione di “darsi un momento di ripensamento e di riflessione, perché ne abbiamo sentite un po’ di tutti i colori“.
Ma la strada è ormai segnata e la direzione impressa dal neo Presidente dell’AIA è quella di far conoscere ai tifosi il mondo degli arbitri, rimasto, purtroppo, e troppo a lungo, inaccessibile non solo agli addetti ai lavori.
In che modo? Per ora, facendo partecipare alle principali trasmissioni televisive gli arbitri in attività con la maggiore esperienza, com’è avvenuto sabato sera con l’internazionale Massimiliano Irrati, quarantaduenne originario di Lamporecchio e appartenente alla Sezione AIA di Pistoia, che ha diretto ben 127 gare in serie A, impegnato in qualità di VAR durante la finale degli ultimi mondiali in Russia del 2018 diretta dall’argentino Nestor Pitana.
Eccellente, a mio avviso, è stato l’intervento alla Domenica Sportiva del fischietto toscano, che si è ben districato tra le domande che gli sono state poste, rispondendo con un’esemplare padronanza comunicativa, inusuale per coloro che non sono abituati a frequentare gli studi televisivi.
Com’era ovvio che fosse, il principale argomento trattato è stato il VAR, del quale Irrati ha tratteggiato i progressi nonostante la sua recente introduzione, evidenziando nel contempo gli ampi (e forse per ora non immaginabili) margini di crescita di questo strumento tecnologico, che in un futuro (anche prossimo) potrebbe essere utilizzato a seguito di una chiamata dell’allenatore, il quale potrebbe essere coadiuvato da un tecnico, non essendo difatti semplice valutare l’opportunità di una chiamata per un episodio verificatosi a distanza di 60/70 metri dalla panchina, mentre si è impegnati a dare direttive ai propri giocatori.
Il direttore di gara pistoiese ha inoltre chiarito le differenze nella preparazione e nell’approccio alla partita da parte di VAR e dell’arbitro, il quale, peraltro, a fine gara è il primo a essere soddisfatto se rientra negli spogliatoi senza aver commesso quel chiaro ed evidente errore, posto alla base del suo richiamo al VAR.
E proprio sotto quest’aspetto, ha rimarcato l’estrema difficoltà nel valutare nel giro di 5/7 secondi se ci si trovi dinanzi a quel chiaro ed evidente errore in seguito al quale il VAR deve intervenire ovvero se sia stato commesso un errore che non richiede l’intervento del VAR, il quale, com’è normale che sia, può trovarsi in soggezione allorquando richiami al monitor un arbitro con maggiore anzianità di lui.
Diverso, invece, il taglio della miniserie in onda su DAZN nella quale Nicola Rizzoli prova a spiegare cosa passi nella mente di un arbitro durante quel processo che lo induce a decidere (e durante una partita centinaia sono le decisioni che deve prendere il direttore di gara, tutte nel giro di pochissimi secondi).
Il designatore della CAN ha ribadito l’importanza dello studio continuo del regolamento (che molto spesso si crede di conoscere, illusione che tuttavia sparisce nel momento in cui lo si inizia a studiare), il cui contenuto, purtroppo, è conosciuto in maniera troppo superficiale dalla gran parte degli addetti ai lavori.
Il quasi cinquantenne fischietto bolognese (che diresse la penultima finale dei Mondiali, oltre ad annoverare nel proprio curriculum prestigiosissime designazioni in ambito europeo, ma non solo) ha inoltre rimarcato come per dirigere al meglio un incontro sia opportuno conoscere le dinamiche del mondo del calcio, padronanza che può avere solo chi ha giocato a calcio, salvo poi decidere di appendere le scarpe al chiodo per indossare quella che, una volta, veniva definita la giacchetta nera.
La miniserie in onda su DAZN non è la prima che si occupa del dietro le quinte di un mondo, come quello arbitrale, giudicato, troppo spesso, dalle apparenze.
Nello scorso autunno, infatti, sul sito dell’UEFA è stato pubblicato il documentario “Man in the middle”, una serie di quattro episodi di circa 50 minuti ciascuno, in cui vengono seguiti da vicino i migliori fischietti europei dalla fase di preparazione della gara di Uefa Champions League fino a ciò che accade dopo il triplice fischio finale, con la diffusione dei principali dialoghi fra arbitro, assistenti arbitrali e var.
Un must per gli appassionati o per chi desidera approfondire questo mondo, costituito da persone che sono le prime a essere soddisfatte se la gara finisce senza polemiche.
E se nel tennis a breve, forse, si potrà assistere a un match senza giudici di sedia e di linea, negli altri sport l’integrale sostituzione degli arbitri è allo stato impossibile da ipotizzare, così come è impossibile che un arbitro non sbagli, semplicemente perché è un essere umano e non un computer.
Stay tuned!
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”.