SPONSOR E SCANDALI SPORTIVI: UN RAPPORTO DELICATO
Il recente scandalo che ha colpito la squadra norvegese di salto con gli sci ai Mondiali di Trondheim 2025 ha generato anche da noi una serie di riflessioni e commenti sulla valenza e la pericolosità del cosiddetto “doping tecnologico”.
La squadra scandinava è stata infatti squalificata per aver utilizzato tute non conformi alle regole, un tentativo di ottenere vantaggi aerodinamici illeciti.
Dopo la scoperta della frode, diversi sponsor hanno deciso di rescindere i contratti con la federazione e con gli atleti coinvolti, sottolineando ancora una volta come l’integrità sportiva sia un valore imprescindibile per le aziende che investono nello sport (tralascerò di occuparmi in questa disamina degli aspetti prettamente legati al rispetto delle regole sportive ed alla violazione delle stesse, che meritano ben altra trattazione).
E proprio da qui vogliamo partire oggi per gettare uno sguardo sul delicato rapporto che lega sponsor, atleti e federazioni: un legame simbiotico, molto “sensibile” alle tempeste generate dagli scandali sportivi.
Per una analisi completa e argomentata sullo scandalo-tute ai mondiali di Sci Nordico di Trondheim, vi rimando a questa puntata di Salotto Bianco, settimanale di approfondimenti sugli sport invernali trasmesso da OA Sport TV (canale YouTube), curato e condotto dagli ottimi Dario Puppo e Massimiliano Ambesi (dal minuto 37:24).
LO SPORT STORICAMENTE PORTA LUSTRO A CHI LO FINANZIA
L’accostare il proprio nome (o il marchio se preferite) alle imprese altrui, per acquistarne indirettamente prestigio e notorietà, è un fenomeno che affonda le radici nell’antichità.
Già i senatori e i patrizi di Roma fungevano da “sponsor” e da finanziatori dei vari giochi per trarne fama: “panem et circenses” dicevano i latini.
Ma anche nella nostra società, dove impera il consumismo, le aziende hanno da sempre trovato altamente proficuo associare i propri brand e prodotti agli atleti vincenti, magari ad una disciplina piuttosto che a una federazione, con una strategia di marketing che, da una parte porta sostegno finanziario allo “sponsorizzato” e, dall’altra, rafforzamento dell’immagine aziendale (in termini strettamente giuridici, si parla di “prestazioni corrispettive”, il cosiddetto vantaggio reciproco)
Dunque, niente di nuovo sotto il sole.
IL RAPPORTO TRA ATLETI, SQUADRE, FEDERAZIONI E SPONSOR
Nel mondo dello sport moderno, il legame tra atleti, squadre, federazioni e sponsor è cruciale. Le aziende investono milioni per associare il proprio brand a figure di successo, puntando su valori come fair play, determinazione e spirito di squadra. In cambio, gli atleti ricevono supporto economico fondamentale per allenamenti, attrezzature e competizioni.
Tuttavia, quando emergono scandali, la reputazione degli sponsor può essere compromessa. Per questo motivo, molte aziende includono nei contratti clausole che consentono di rescindere l’accordo in caso di comportamenti scorretti o di danni all’immagine (ne parliamo più sotto).


L’AMPLIFICAZIONE DEI SOCIAL
Da quando esiste lo sport agonistico, gli atleti si sono trovati ad essere modelli pubblici.
Con l’esplosione dei social media poi, negli ultimi anni, le loro vite sono diventate più accessibili (e commerciabili) che mai. Che si tratti di aderire a un nuovo prodotto assicurativo, piuttosto che di vendere una tazzina di caffè in più oppure quant’altro, gli sportivi possono far ottenere un considerevole seguito online.
Anche inavvertitamente, possono diventare rapidamente degli influencer seguitissimi.
Questo li mette nella posizione ideale per pubblicizzare gli stili di vita e i comportamenti che i loro club e sponsor rappresentano e desiderano trasmettere al pubblico.
Pensiamo, con un esempio tra i tantissimi, al caso di Jannik Sinner, divenuto in poco tempo un “simbolo” commerciale, conteso dalle aziende perché testimonial perfetto.

Tuttavia, questa maggiore esposizione, unita alla quantità di denaro in gioco via via maggiore, elevano anche i rischi collegati a fatti che potrebbero minare la reputazione dell’atleta e di una squadra, con conseguenze indirette anche per chi paga per appiccicare il proprio simbolo sulle loro maglie.
IL VALORE DELLA REPUTAZIONE PER LE AZIENDE SPONSOR
Per le aziende, preservare la propria immagine e reputazione è fondamentale. Un brand si costruisce nel tempo attraverso strategie di marketing, sponsorizzazioni e l‘associazione a valori positivi. Tuttavia, uno scandalo può minare in pochi giorni la fiducia dei consumatori, con gravi conseguenze economiche.
Le aziende scelgono di sponsorizzare atleti e squadre per migliorare il proprio posizionamento e raggiungere un pubblico più ampio, ma devono essere sempre pronte a dissociarsi in caso di comportamenti dannosi per la loro immagine. Questo perché i consumatori oggi sono molto attenti all’etica e alla trasparenza delle aziende: un’associazione con personaggi controversi potrebbe portare a boicottaggi e perdite di mercato.
Il valore economico di un marchio è strettamente legato alla percezione pubblica.
Pensiamo ad esempio all’azienda di orologi Festina, il cui brand è stato irrimediabilmente associato allo scandalo doping nel ciclismo degli anni ’90, quando la società era main sponsor di una delle più importanti squadre dell’epoca. Ancor’oggi si parla comunemente di “scandalo Festina” riferendosi a quegli episodi e, di fatto, a quasi 30 anni di distanza, quel brand nell’immaginario collettivo rimane legato a un momento devastante per lo sport.

In definitiva, lo sport e gli sponsor possono trarre beneficio solo da una relazione basata sulla fiducia e sull’integrità. Gli scandali passano, ma la reputazione di un atleta o di un’azienda è un valore che si costruisce nel tempo e che può essere irrimediabilmente compromesso da un singolo errore.
Purtroppo, questo collegamento, al giorno d’oggi, non si è compreso e taluni (leggi i tecnici del salto norvegese) ci cascano ancora senza pensare a tutte le conseguenze!
Come ho premesso, qui ci occupiamo solo dei risvolti economici di uno scandalo sportivo (ossia le “conseguenze”): altra cosa sono chiaramente gli aspetti legati alla giustizia sportiva.
LE MORALITY CLAUSES
Come si diceva, esistono delle clausole contrattuali che hanno preso sempre più piede nella tecnica di redazione degli accordi di sponsorizzazione e sono proprio quelle che tutelano lo sponsor da situazioni e comportamenti lesivi della propria immagine.
Si parla di “morality clauses” e la denominazione stessa di queste clausole rimanda al rispetto di taluni aspetti legati proprio alla morale, tali per cui se lo “sponsee” (l’atleta) adotta un comportamento contrario ai valori dello sponsor, il contratto si risolve automaticamente. In tal senso, soprattutto le federazioni, fanno firmare agli atleti un codice etico.

Solitamente vengono sanzionati situazioni che vanno dalla frode sportiva alla violazione della normativa antidoping, fino ai provvedimenti di sospensione disciplinare, ma può accadere che vengano ricompresi anche comportamenti adottati nella vita privata.
In Italia, i tribunali tendono a limitare la loro operatività ai fatti commessi nell’ambito dell’attività sportiva e non a quelli attinenti alle scelte di vita privata, in quanto si violerebbe il diritto di autodeterminazione di ciascuno (orientamento religioso, sessuale, politico, ecc), tuttavia è chiaro che il confine tra le due spesso sfuma.
QUANDO GLI SPONSOR SI DISSOCIANO
Il caso norvegese non è ovviamente il primo episodio in cui gli sponsor hanno deciso di interrompere il loro supporto dopo uno scandalo sportivo. Ecco alcuni esempi emblematici per rinfrescarci la memoria (con una eccezione!):
1. Lance Armstrong e la fine di un impero
Il ciclista texano Lance Armstrong, sette volte “vincitore” del Tour de France, è stato travolto da uno dei più grandi scandali sportivi della storia. Dopo la sua ammissione di aver fatto uso di sostanze dopanti per tutta la carriera, sponsor di peso come Nike, Oakley e Trek hanno immediatamente chiuso i rapporti con lui, intentandogli causa per ottenere ingenti risarcimenti. Il marchio Livestrong, che Armstrong aveva creato per sostenere la lotta contro il cancro, ha dovuto prendere le distanze dall’atleta per non subire ulteriori danni d’immagine.

2. Maria Sharapova e il caso meldonium
Nel 2016, la tennista russa Maria Sharapova è risultata positiva al meldonium, una sostanza vietata dall’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA). Di conseguenza, sponsor come Nike, Porsche e TAG Heuer hanno sospeso o terminato i contratti con l’atleta.
3. Tiger Woods e lo scandalo extra-sportivo
Il caso di Tiger Woods dimostra come gli sponsor possano allontanarsi non solo per questioni sportive. Nel 2009, lo scandalo legato ai suoi tradimenti coniugali ha portato alla rottura con sponsor importanti come Accenture e AT&T, che non volevano più associare il loro brand all’immagine ormai compromessa del golfista. Tuttavia Nike, di cui TW era testimonial storico, si limitò a ridurre il compenso, mantenendo la partnership con il golfista, rafforzatasi peraltro dopo che “la tempesta mediatica” era passata.
4. Jannik Sinner, il Clostebol, l’integrità morale dell’atleta e la gestione mediatica (l’eccezione)
L’ultimo caso, il più recente e a noi vicino, riguarda il talento di Sesto in Pusteria che, nonostante il caso Clostebol, ha visto confermata la fiducia di tutti i propri partner commerciali.
Rolex, De Cecco, Intesa Sanpaolo si sono spese con messaggi di sostegno al tennista, “premiando” anche l’atteggiamento assunto da Sinner e dal suo staff in tutta la vicenda, nel corso della quale è stata data collaborazione alle istituzioni e si è tenuta una linea oggettiva e coerente di valorizzazione dell’integrità dell’atleta.
Si tratta, per certi versi, di un modo nuovo di affrontare questo tipo di scandali, con una consapevolezza diversa, ben determinata a conservare l’immagine pubblica di Jannik costruita negli anni, tutelando così anche quelle aziende che in lui hanno creduto.
Sinner ha saputo rimanere credibile, perché si è sempre dimostrato uno sportivo e prima di tutto una persona integra, così gli sponsor hanno deciso di rimanergli a fianco. O almeno questo è quello che traspare dal suo caso.
EXIT STRATEGY: UNA POLITICA PREVENTIVA IN CASO DI SCANDALO
Alla fine della fiera, riassunto quanto detto e visti anche gli ultimi fatti di cronaca, mi viene da pensare che spesso manchi la consapevolezza dei soggetti sponsorizzati di doversi, in ogni caso, preparare a sopportare le conseguenze di un possibile scandalo.
Voglio dire: così come ogni (buona) azienda dovrebbe prevenire possibili eventi infausti, adottando delle strategie per “reggere l’urto”, così anche nello sport, visti i ricchi contratti e le possibili conseguenze economiche, non solo gli sponsor, ma anche chi il denaro lo riceve (atleti, squadre, federazioni, ecc) dovrebbe attrezzarsi in tal senso. Spesso ciò non avviene.
Il caso Sinner, appena ricordato, ne è un esempio virtuoso, ma quante volte atleti, tecnici e federazioni travolte da uno scandalo si fanno trovare impreparati e non riescono a gestire tutti gli aspetti sportivi, giuridici e soprattutto mediatici legati a quell’evento.
Non è facile, ma in un mondo in cui lo sport e ciò che gli gira attorno sono ormai “ipermediaticizzati”, queste riflessioni si dovrebbero fare.
“Prevenire è meglio che curare”, recitava una vecchia reclàme.
Matteo Zaccaria | Coltiva la passione per tutti gli sport (tranne il cricket, che rimane un mistero), ma non ne pratica neanche uno (!). Avvocato vicentino, ma non “magna gati”. Appassionato del racconto sportivo in tutte le sue forme. Ritiene che se ti svegli nel cuore della notte per guardare una finale NBA, o hai una passione, o un problema, oppure entrambe le cose!
“Mi piace guardare lo sport in Tv. Contrariamente ai film non sai mai come va a finire” (Michael Douglas).