È il 3 settembre del 1960: proviamo a stare lì, virtualmente seduti nelle scale dello Stadio Olimpico. Molti di noi, fra chi legge, non ha, per motivi anagrafici, potuto assistere a quel pomeriggio romano, ma grazie ai campioni del futuro ed all’immutato incedere del tempo, possiamo sovrapporre e comprendere le emozioni che intercorrono fra lo svolgimento di una semifinale ed una finale stessa. Due ore di trepidanti attesa ed un epilogo lampo. Nel caso di Berruti una semifinale che è già una finale anticipata, poi venti secondi che passano non solo alla storia, ma all’eternità.
Ma ALLA GARA DELLE GARE non si arriva per caso: al di là di quel momento d’oro c’è la carriera di un campione che vogliamo ripercorrere con un numero insperato di filmati che sono tornati dal passato. E c’è anche un dopo-oro da dover seguire perché la stagione 1961, benché priva di eventi massimi prevedeva per il campione di Roma un clima da Olimpiade, rivincite da concedere e glorie da rinverdire.
Siamo nel 1957: il diciottenne Livio è un promettente scattista diciottenne. Nell’Esagonale di Bruxelles (una sorta di Coppa Europa ante-litteram) è presente la migliore atletica occidentale: oltre all’Italia, gareggiano i padroni di casa del Belgio, la Germania, la Francia, l’Olanda, la Svizzera. Nei 100 l’azzurro affronta il pericoloso tedesco Germar che si aggiudica la prova proprio davanti a Livio Berruti, che per l’occasione chiude in un buonissimo 10.5.
Nel Meeting di Roma, il 12 ottobre 1957, il nostro campione è secondo in 10.5 nella finale dei 100 metri. Viene preceduto dal sovietico Bartenyev. Nel medesimo giorno, in batteria, il torinese aveva eguagliato in batteria il primato italiano con 10.4
I campionati europei di Stoccolma dell’agosto 1958 arrivano forse un po’ troppo presto; come se non bastasse uno stiramento muscolare gli fornisce non poche preoccupazioni. Livio è semifinalista nei 100, si qualifica egualmente per la semifinale dei 200, senza parteciparvi. Certamente non giova il clima freddo e piovoso della capitale svedese. Tutte le speranze sono riposte NELLA STAFFETTA 4×100 ove il quartetto azzurro (Cazzola, D’Asnasch e Mazza, gli altri componenti) nutre ambizioni di podio. Un paio di curiosità: l’azzurro Sergio D’Asnasch, in seconda frazione, ha sposato la compianta Luciana Veschi, nostra signora delle telecamere (come da appellativo di Sandro Ciotti), insigne regista televisiva, in particolare della Domenica Sportiva. L’ultimo frazionista è il giovanissimo Giorgio Mazza, veneziano, ostacolista da podio europeo futuro e da finale olimpica. Finita la carriera sportiva, si è laureato in medicina ed ha svolto una brillantissima carriera quale urologo nel Friuli-Venezia-Giulia. Mentre la Germania vince la staffetta, la gara degli azzurri non ha l’esito che si prefiggeva. Per Berruti, in terza frazione, una pesante caduta (che possiamo vedere) al termine del cambio con Mazza, come se non bastasse la formazione è squalificata per un passaggio di testimone irregolare fra Cazzola e D’Asnasch. Ricostruzione in lingua tedesca.
Appena una settimana dopo (31 agosto, nel corso di un Italia-Francia giovanile) Berruti sfreccia a Cuneo per migliorare il primato nazionale con 10.3. È cominciata la corsa a Roma 1960.
Siamo ora al 13 settembre 1958: Berruti, si aggiudica il campionato italiano a Roma con 10.4 (vecchio record nazionale), davanti a Cazzola, Giannone e Ghiselli. Alla fine della carriera Berruti conterà 14 titoli tricolori individuali (6 sui 100, 8 sui 200).
L’ANNO 1959 si rivela fondamentale per Livio Berruti. Il 7 giugno all’Arena di Milano nel corso del IV Trofeo Caduti Universitari, su una pista con sviluppo di 500 metri, centra un validissimo 20.7. Un risultato in curva limitata che dimostra comunque come il ventenne Livio è ormai un campione consolidato sulla distanza. Dietro di lui lo junior milanese Sardi con un buon 21.1 e Cazzola (21.5). Le immagini da Un anno di Sport 1959, con la voce di Alfredo Danti.
Nell’esagonale di Duisburg, le stesse squadre che abbiamo visto nel Sei nazioni di Bruxelles del 1957. Di questo meeting abbiamo a disposizione due gare. Per Livio straordinaria vittoria sui 100 (sabato 19 luglio) in 10.5 sconfiggendo il francese Delecour 10.6 e ed il campione europeo, un certo Armin Hary (10.6) che vincerà l’oro olimpico. Vista sul momento questa è una gran vittoria di Berruti, VISTA A POSTERIORI È LA SFIDA FRA I DUE CAMPIONI OLIMPICI DI ROMA 1960.
A fine giornata la staffetta 4×100. Fuori gioco la Francia, per via di un’incomprensione in partenza, s’impone l’organico italiano. Dopo l’opera di Patelli, Cazzola, De Murtas è Berruti a trascinare la nazionale azzurra alla vittoria sconfiggendo ancora una volta Armin Hary. Va detto, non per sminuire il successo italico, che nell’occasione mancavano per i teutonici i fortissimi Lauer e Germar. Terza la Svizzera. Per l’Italia vittoria in 40.8. L’indomani per Livio una nuova vittoria individuale sui 200 in un ottimo 20.9.
Siamo nella sua Torino e le Universiadi sono un appuntamento fra i più importanti negli anni dispari. Per lo studente in chimica Livio Berruti doppietta 100-200 (con un terzo alloro nella staffetta e con un rischio collisione nella prova sulla doppia distanza per un fotografo in pista che fa appena in tempo a scansarsi). Abbiamo a disposizione il filmato della finale dei 100, tutta europea. Berruti si afferma in 10.5 sul francese Penez, il belga Potè, l’altro transalpino Caprice, il britannico Railton ed il collega di colori De Murtas. La data è particolarmente significativa: 4 settembre 1959. SIAMO AD UN ANNO DALLA DATA FATIDICA. Immagini fantastiche da telecamera e voce di Livio ad accompagnare la gara.
A fine mese un nuovo confronto con la Germania a Roma, già affrontata a luglio nell’Esagonale di Duisburg, alla presenza di un’altra nazionale, la Finlandia. Altro banco di prova da circoletto rosso per Berruti che dovrà affrontare di nuovo Germar, campione europeo sui 200 a Stoccolma nel ’58, forse il più temuto degli europei. Sabato 26 settembre 1959, nei 100, vittoria netta di Berruti in 10.4, Germar è dietro di un decimo; terzo l’altro tedesco Gamper, mentre Patelli è quarto.
L’umida staffetta, per via del meteo avverso, vede una nuova vittoria della squadra azzurra (che stavolta si schiera con Giannone, Patelli, Meneguzzi e Berruti). Serve un 40.3 per battere la Germania (Gamper, Lauer, Mahlendorf, Germar), staccata di tre decimi.
L’indomani, domenica 27 settembre 1959, i 200 metri. Dopo il forfait di Germar, stavolta non ci sono avversari. A Berruti è sufficiente un 21.2 per battere il finnico Strand 21.9, mentre Meneguzzi è quinto alle spalle dei germanici Naujoks e Mahlendorf.
Come i nostri lettori possono notare erano periodi in cui le stagioni si concludevano ben oltre il mese di settembre. Abbiamo ancora un impegno, particolarmente importante giacché il meeting di Roma ha la valenza di evento preolimpico, molto sentito a quei tempi; sabato 10 ottobre sfida sui 100 contro il francese Jocelyn Delecour, già bronzo sui 200 a Stoccolma, ma battuto da Berruti a Duisburg, come abbiamo visto, nel luglio scorso. Stavolta è il transalpino a precedere l’azzurro, pur con lo stesso tempo: 10.4. Al terzo posto l’altro francese Genevay.
Ed eccoci al 1960, l’anno delle Olimpiadi a Roma. Abbiamo visto Berruti in grande spolvero tanto sui 100, quanto sui 200. Ora che fare alle Olimpiadi di Roma? Tutte e due le gare o sceglierne una per poi dedicarsi alla staffetta? Ad avviso di chi scrive una settimana di giugno risulta verosimilmente decisiva, almeno a giudicare dai risultati. 12 giugno 1960: Memorial Kusochinski a Varsavia. Il velocista torinese centra con 20.7 non solo il primato italiano (stavolta su pista da 400), realizzando la terza prestazione europea di sempre. Ormai si ha la consapevolezza di avere un atleta da podio a Roma sui 200. Per la cronaca, nella gara polacca Berruti precede nettamente il sovietico Archipchuck, secondo in 21.6.
Qualche giorno dopo (15 giugno) assistiamo ad un confronto allo stadio White City di Londra fra Gran Bretagna ed Italia. Nella prova sui 100 metri prevale su Berruti un certo Peter Radford che ritroveremo in semifinale dei 200, fra due mesi e mezzo a Roma. Nei 100 Berruti (con il nuovo limite di 10.2, stabilito in maggio a Verona) è senz’altro da finale olimpica ma oltre a Radford saliranno le quotazioni del tedesco Armin Hary, in virtù di un 10.0 a Zurigo la settima successiva a questa gara londinese. In più ci sono anche temibilissimi americani.
E pensare che nell’estate del 1956, presso l’Albergo Stadio di Schio il Dirigente della Nazionale azzurra in allenamento nella cittadina scledense, aveva ricevuto da papà Michele Berruti una lettera dattiloscritta in cui era invitato a non fare allenare il figlio (nell’oggetto, il giovane atleta Livio Berruti) sui 200 metri in quanto la specialità era “ritenuta eccessivamente dura per il suo fisico e per la sua età e conseguentemente deleteria per la sua salute”. Dobbiamo all’ex giudice internazionale Gustavo Pallicca, storico dell’atletica, autore dei libri sulla storia dei 100 metri ai Giochi Olimpici, denominati “Figli del vento”, la diffusione di questa lettera, alcuni anni fa. Fatto sta che le ragioni del Dirigente azzurro Ragni prevalsero nel corso degli anni sulle premure di un padre. Tornando al ’60, la scelta è quasi obbligata anche per un 20.7 ripetuto a Siena nel mese di luglio. Appena qualche giorno prima l’inizio delle gare, l’ufficializzazione della scelta più logica. Livio farà solo i 200. Ed eccoci al 2 SETTEMBRE, AL QUARTO DI FINALE OLIMPICO SUI 200 METRI, con il commento di Sergio Zavoli per “La grande Olimpiade”. Agevolmente Berruti s’impone in 20.8. Nella clip si vedono anche gli altri due qualificati, il polacco Foik ed il francese Genevay.
All’indomani semifinali e finali: nella prova di accesso alla finale, il campo dei partenti fa tremare i polsi. Nella stessa semifinale Berruti deve affrontare giustappunto i tre detentori del primato mondiale (i due Usa, Norton e Stone Johnson e il britannico Radford). Ma quello deve essere il giorno di Livio. Egli eguaglia il record mondiale con 20.5 vincendo la corsa, qualificandosi insieme a Norton e Stone Johnson che lo seguono. Fuori dalla finale il britannico Radford, il rappresentante delle Indie Britanniche Dennis Johnson e il francese Genevay.
Ed eccoci alla finale. STA PER SUCCEDERE UNA COSA, avrebbe detto qualcuno 61 anni dopo da un microfono olimpico di una sede più lontana in una gara del futuro ma con un atleta (Tortu) che tanto assomiglia a Berruti. Trasferiamo quelle emozioni al 1960. IL SOGNO SI AVVERA, I COLOMBI CHE SI LIBRANO IN CIELO DURANTE LA GARA NE ANNUNCIANO LA VITTORIA. Il record mondiale di 20.5 è ancora eguagliato. Oro per Livio Berruti, una falcata leggera come non mai. Lo accompagnano sul podio lo statunitense Carney e il franco-senegalese Seye, gli avversari dell’altra semifinale. Dapprima la versione televisiva della gara nel commento di Paolo Rosi, il cantore dell’atletica delle origini della tv al 1988. Quel qualcuno di cui sopra, invece, aveva un anno, come chi vi scrive, ed era forse seduto su un seggiolone davanti alla televisione. Ovviamente stiamo parlando di Franco Bragagna, diventerà, per l’atletica, il successore di Paolo Rosi in Rai nel 1995, dopo brevi interregni di altri.
Questo invece il commento dal film “La Grande Olimpiade” che si sofferma su Berruti nella fasi d’avvio e mostra la caduta di Livio dopo il traguardo.
La vittoria di Berruti nel resumè Rai della serata con fasi rallentate e con immagini parziali della premiazione.
Ed infine le immagini meno conosciute dall’Archivio Luce, con riprese dal basso.
Prima della festa a Torino ed a Stroppiana Vercellese (dove risiedevano i parenti materni) il cimento nella staffetta olimpica 4×100. Nella semifinale, appannaggio Usa, Berruti rimonta su Ozolin per conquistare il secondo posto davanti all’Unione Sovietica. Passavano comunque le prime tre. Svizzera, Grecia e Pakistan sono molto più indietro.
Ed eccoci alla finale. Un quarto posto ed un bronzo sfiorato per un centesimo “rilevato” con Livio in ultima frazione dopo Sardi, Cazzola e Giannone. C’è da precisare che tutte le formazioni europee hanno beneficiato della squalifica della squadra statunitense. L’oro è di quella Germania (Bernd Cullmann, Armin Hary, Walter Mahlendorf, Martin Lauer) che non ha schierato quel Manfred Germar, infortunatosi nei 100 metri. Le immagini ci mostrano Berruti, al termine della gara, un po’ mogio, sicuramente il declassamento degli Usa aumenterà il rammarico, perché si tratterà di un quinto posto che si tramuterà in quarto, con la Gran Bretagna davanti di un soffio a conquistare il bronzo. E poi davanti c’è l’Urss, regolata in semifinale ma sul podio con l’argento.
Ed eccoci al 1961 dove abbiamo ancora una compiuta carrellata di vittorie “berrutiane”.
A metà giugno nei 200 del Trofeo Caduti Universitari vittoria in 20.5. Di fatto la stessa prestazione della finale olimpica, ma bisogna ricordare ancora che la pista dell’Arena aveva uno sviluppo di 500 metri. Tutti i commenti in lingua italiana dell’annata sono letti dallo speaker Alfredo Danti, austero ed abile.
Sfida alla Jugoslavia a Belgrado, sede il prossimo anno dei campionati Europei. Assistiamo a questa vittoria nei 100 metri, sabato 24 giugno 1961, andando a precedere in 10.4, il connazionale Sardi, Gluk e Mikulec.
Luglio è, in particolare, il mese della sfida alla Finlandia. C’è anche, a comporre il triangolare di Helsinki, quasi una novità della geografia sportiva , una formazione della Germania Est che allinea campioni di grande spessore come l’ottocentista Matuschewski o il fondista Grodotzky. Dapprima (il 24 luglio) i 200 con affermazione per Livio in 21.0, mentre Sardi precede, per la doppietta azzurra, il germanico Riede ed il finnico Strand.
A fine giornata la 4×100, con Berruti in terza frazione, vittoria della Germania Est di un soffio sugli azzurri.
I 100 piani, il 25 luglio, con altra vittoria del nostro campione precedendo in 10.3 il tedesco est Flamm, il finlandese Strand ed Armando Sardi. Ancora una grandissima affermazione in questo magico 1961.
“Il Coni ha sempre molto da imparare quando la maglia azzurra è militare “(cit. Archivio Luce). Come non bastassero gli studi universitari in chimica, è il momento della leva. Per la recluta Livio Berruti arrivano i Campionati internazionali militari a Bruxelles, con doppia vittoria. Qui assistiamo ai 100 metri con affermazione in 10.4, davanti allo statunitense Williams, al belga Pots, al francese Lagorge.
Nel secondo giorno di gare a stellette il successo sui 200 metri, in 20.8, staccando il transalpino Lagorge, secondo.
Un po’ controvoglia, in ragione di un certo affaticamento da fine stagione e da stress universitario, la sfida con Foik a Palermo, domenica 8 ottobre 1961 nel quadro di un’Italia-Polonia. Il polacco che fu presente nella finale olimpica di Roma, è battuto di 3 decimi. Berruti si afferma in un 21.3, condizionato dal vento, mentre Sardi è terzo.
Dal 1962, per il diradarsi dei contributi dell’Archivio Luce e della Rai, si ha una minore documentazione riguardante Berruti. Il confronto con la Germania Ovest all’Olimpico di Roma (sabato 23 giugno) è il solito banco di prova di massimo valore. Nella due giorni romana Livio gareggia dapprima nella staffetta, nella frazione d’avvio. Poi ci sono Bellotti, Ottolina e Sardi. Vince però la Germania (Ulonska, Hebauf, Gamper, Bender) in 40.4 contro il 40.6 degli azzurri.
La prova dei 200 di Italia/Germania Ovest, il giorno dopo, ci consegna un Sergio Ottolina, astro nascente azzurro in grande spolvero (vittoria in 21”) ed un Berruti in ritardo sui 200, non essendo in condizioni fisiche perfette, superato anche da Kaiser e Bender. Una prova che, ingenerosamente vi mostriamo, ma Livio ci ha insegnato, nelle molteplici apparizioni in Tv, attraverso il suo eloquio sempre colto, posato ed anche brillante, come una delle qualità principali, sia proprio la sportività.
Un video che dedichiamo a Sergio Ottolina, volato in Borea il 28 aprile scorso.
Così come nel 1958 gli Europei arrivano troppo presto, la manifestazione continentale del 1962 arriva con un anno di ritardo. Nel 1961 Berruti ha concluso imbattuto sui 200, a Belgrado
’62 prende parte ai cento ma deve arrendersi in semifinale, eliminato proprio da quel Piquemal che poi vincerà il titolo. Livio è presente nella staffetta correndo la prima frazione e gareggiando con Ottolina, Sardi e Colani. Un quartetto da quinto posto in 40.3 nella finale che è vinta dalla Germania Ovest. Al termine degli europei una critica di Berruti ai dirigenti federali per la preparazione alle gare continentali gli costa una squalifica di un mese. Cha sapore ha l’ingratitudine!!
Il 1963 è l’anno dei Giochi del Mediterraneo a Napoli, una vittoria (di cui non possediamo immagini) davanti agli amici-rivali di casa nostra, Sardi e Ottolina. La vittoria partenopea è ottenuta in una corsia interna e con un numero di gara (il 100) che senza farlo apposta, par che voglia fargli affermare “Il nr.1 degli scattisti sono ancora io”. Con Pasquale Giannattasio, i tre dianzi nominati vinceranno anche la staffetta, mentre Livio sarà secondo nei 100. Trasferendoci direttamente alle Olimpiadi di Tokyo del 1964, una prestazione onorevolissima da campione uscente, terminando quinto in 20.7 nella prova vinta dallo statunitense Carr, mentre Sergio Ottolina è ottavo (o come disse lui ott…imo)
Sempre a Tokyo 1964, con Ennio Preatoni, Sergio Ottolina, Pasquale Giannattasio, Livio Berruti disputa in prima frazione la 4×100 che gli azzurri finiscono in settima posizione.
Il 1965 ci ha restituito questa prova di Esagonale a Berna con vittoria del campione europeo, il francese Piquemal, mentre Berruti è terzo.
Finalmente una finale ai Campionati europei nel 1966. Nei 200, strapotere della folgore francese Bambuck. Livio vi partecipa insieme al bravissimo Ennio Preatoni; i due azzurri sono settimo ed ottavo.
Per concludere la finale olimpica della staffetta 4×100 nel 1968, corsa in ultima frazione con Ottolina, Preatoni e Sguàzzero, per un ennesimo settimo posto, con primato nazionale eguagliato (39.2). Commento di Dario Puppo, se vogliamo ormai d’epoca, visto che risale a venti anni fa.
Le congiunzioni astrali rendono il decennale del titolo olimpico particolarmente significativo, visto il luogo e …l’attore che lo celebra. Un atleta piemontese, a Torino, conquista un oro nei 1500 alle Universiadi (allora evento di massima valenza). È IL 3 SETTEMBRE 1970. Questa vittoria è, in pratica, il crocevia fra il passato della nostra atletica e l’immediato futuro. Commento di Mario Malagamba, speaker Rai.
Dovremmo aggiungere tanti altri aspetti collegati alla sua carriera (le donne e le inevitabili distrazioni per l’allenamento, le corrispondenze epistolari con Tonia, la campionessa Wilma Rudolph ed il rapporto da lui scherzosamente definito “platonico e non aristotelico”, gli occhiali e le diottrie mancanti, gli scherzi del compianto Ottolina, i rapporti con un barlettano che venti anni dopo lo ha emulato, ecc.), dovremmo giocare con l’omonimia del corregionale campione di pallone elastico, potremmo parlarvi di un trottatore, figlio del grande Tornese che non ha raggiunto i risultati sperati dall’allevatore, ma non vogliamo tediarvi oltremodo, l’intento era principalmente quello di rivedere alcune delle sue principali gare e crediamo, con un compiacimento che ci perdonerete, di aver fornito un ampio riepilogo della carriera di Livio Berruti.
Chissà che in futuro la pagina non si possa arricchire, con qualche podio universitario e mediterraneo che il passato non ci ha restituito.
Vorremmo invece salutare Livio, ove mai ci leggesse, alle soglie imminenti del suo ottantaquattresimo genetliaco (con riferimento alla data di pubblicazione), ringraziarlo per le emozioni che ci ha fornito, accomunando nel saluto, anche gli altri atleti italiani che si sono rivisti in queste gare. Alcuni non sono più tra noi per l’inevitabile trascorrere del tempo ed a loro va un sommesso pensiero.
SCUSATE, AVETE VISTO PASSARE IL ’73?
In una puntata come questa è necessario un aggancio che possa riportarci al 1973 senza voltare pagina bruscamente. Dapprima una nota non marginale che riguarda proprio Berruti. Il 18 marzo del 1973, in occasione della millesima puntata della Domenica Sportiva, presentata da Alfredo Pigna, Livio Berruti viene insignito della nomina di CAMPIONE DEI VENT’ANNI (intercorrenti tra l’inizio della storica trasmissione ed il periodo di svolgimento di quel referendum, indetto fra 66 giornalisti). E per il filmato ci occupiamo di un altro sportivo torinese, di grande signorilità, al pari del nostro Livio, Italo Zilioli. Nel maggio del 1973, domenica 13, appena qualche giorno prima dell’inizio del Giro, Italo Zilioli si aggiudica ad Imola la Coppa Placci. Quando si parla, nel servizio, di Romagna precollinare non si può non mandare un saluto a Wenner Gatta, pilastro di Sportinmedia. Per tornare alla gara, Fabrizio Fabbri (indimenticabile toscano che ci ha lasciato troppo presto) si aggiudica il secondo posto imponendosi nella volata degli inseguitori su Maggioni, Conti e Riccomi).
È veramente tutto, un grazie speciale a chi apprezzerà questa puntata, anche condividendola sui “Social”, ed a Sportinmedia di Simone Salvador che ci ospita.
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