Pur essendo tifoso del suo più acerrimo rivale, non posso far finta di ignorare l’ennesima impresa del tennista maiorchino Rafael Nadal, che lo scorso fine settimana si è aggiudicato per la dodicesima volta il Torneo di Barcellona, sessantunesimo titolo sulla terra battuta degli ottantasette vinti in carriera.
Sono passati quasi 17 anni dal primo torneo vinto dal fenomeno spagnolo con la racchetta in mano, che il 15 agosto 2004 alzò al cielo per la prima volta un trofeo di un torneo dell’ATP, l’Orange Warsaw Open disputatosi a Sopot, piegando in due set sulla terra rossa l’argentino José Acasuso.
Per capire la portata dell’impresa, basterà pensare che Rafael Nadal si aggiudicò per la prima volta un torneo del circuito ATP 3 giorni dopo che Stefanos Tstsipas, finalista del Torneo di Barcellona, spense per la sesta volta le candeline sulla propria torta di compleanno.
Rispetto ai giorni nostri, di comune, oltre al tennista, vi era, forse, solo l’associazione che organizzava l’evento, ossia l’ATP, che, peraltro, cinque anni dopo, decise di dividere i tornei in 1000 Series (i vecchi ATP Master Series), 500 series (gli ex ATP International Series Gold), nonché 250 series (in buona sostanza, gli ex ATP International Series), come per l’appunto quello vinto per la prima volta dal tennista maiorchino.
Impietoso è il paragone fra le riprese di quella finale e quelle che vediamo oggigiorno nelle nostre tv.
Visionando i pochi riflessi filmati rinvenibili in rete, non può non balzare all’occhio la qualità delle immagini (decisamente peggiore di quella a cui ci siamo adesso abituati), ma, soprattutto, il numero inferiore delle telecamere che riprendevano la finale, sei se ne vedono nel video, poco più della metà rispetto a quelle impiegate, ad esempio, un paio di settimane orsono nell’ATP Tour 250 di Cagliari, torneo, quest’ultimo, paragonabile a quello di Sopot (ingeneroso, prima ancora che inconferente, risulterebbe la comparazione con i mezzi televisivi impiegati per riprendere il torneo di Barcellona, appena conclusosi, trattandosi di un 500 series).
Anche da una disamina dei primi minuti della sintesi della finale poi vinta dalla promessa italiana Lorenzo Sonego, notiamo un sensibile miglioramento della qualità dei frame, l’utilizzo di almeno un paio di superslomotion, mentre è rimasto pressoché immutato nel corso degli anni il riquadro con i nominativi dei tennisti e il punteggio, che si è soltanto spostato dalla parte superiore sinistra del teleschermo, a quella inferiore.
Fin troppe, invece, sono le statistiche che vengono offerte oggigiorno al telespettatore (specie alla fine di ciascun set), il quale ha persino la possibilità di conoscere in tempo (quasi) reale il numero di giri al minuto impressi alla pallina dal colpo del tennista.
Sembra essere passata un’epoca da quell’agosto del 2004 (basti pensare che noi telepcsportdipendenti abbiamo ora la possibilità di abbonarci a un servizio che ci consente di vedere sui nostri schermi, ma anche devices, le immagini di qualsiasi torneo ATP, oltre, naturalmente, alla possibilità di vedere i tornei trasmessi da Sky Sport e Supertennis).
Sono trascorsi meno di 20 anni, in realtà, durante i quali, sono cambiate tante cose nel mondo del tennis (all’epoca, l’occhio di falco era qualcosa di difficilmente immaginabile, anche se, pare, che proprio durante l’edizione 2004 degli US Open, una serie di evidenti errori dei giudici di sedia furono la scintilla che spinsero gli organizzatori a valutare l’introduzione di quello che sarebbe poi divenuto l’hawk eye), ma una costante è rimasta tale.
“Passeranno anni prima di rivedere uno come lui e gli anni continuano a passare…” diceva Rino Tommasi riferendosi a Rod Laver: sicuramente, questa espressione non può non valere anche per colui che, ad esempio, di Roland Garros ne ha vinti tredici, in soli sedici anni.
Cosa sarebbe successo e quanti titoli avrebbe vinto se non avesse incrociato la racchetta con Roger Federer, Novak Djokovic ed Andy Murray, non è dato sapere, perché “nel tennis non sempre uno più uno fa due”, come ricordava molto spesso nelle sue telecronache il giornalista veronese.
Il nostro augurio è che nei prossimi anni i tanti e promettenti talenti italiani possano emulare questi campioni, mentre il mio, oggi, non può che andare a mia mamma, nel giorno del suo compleanno!
Auguri e….Stay tuned!
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”.