Questa volta abbiamo la presunzione di invitarvi ad un viaggio nel tempo, con l’intento di unire passato e presente, visto che siamo in procinto di assistere agli europei di atletica a Roma. Come ben si sa, proprio nel 1974, si disputò all’Olimpico di Roma un Europeo memorabile, irripetibile. Parafrasando il nuovo libro di Simone Salvador (“Siamo questi”), potremmo dire invece ….“Eravamo questi”.
Il carattere celebrativo di questa pagina non può peraltro non essere contaminato dalla necessità di evidenziare una serie di differenze fondamentali tra l’edizione del presente e quella di 50 anni fa. Scopriremo che l’unico punto in comune sta …..in un giorno della settimana; il giovedì. Non si gareggiò allora perché fu previsto un giorno di riposo, non si gareggia quest’anno perché, a seconda dei casi, i campionati o non sono ancora cominciati oppure sono già finiti. Per il resto una totalità di differenze per l’evoluzione dello sport, della mentalità, della diffusione……..
Allora la manifestazione fu organizzata nella prima decade di settembre, quest’anno l’evento si svolge, mai così precoce per una rassegna continentale, nella prima quindicina di giugno.
La fissazione delle date: nel 1974 da una domenica all’altra per l’arco di un’intera settimana, comprendendo un giorno di riposo. Quest’anno sei giorni racimolati quasi in camera caritatis. Ricordate qualche manifestazione mondiale o continentale dell’atletica conclusa a metà settimana?
Nel 1974 l’evento era il clou dell’annata; i campionati europei tornavano allora in anno pari, dopo le edizioni di Atene 1969 e Helsinki 1971. La Federazione Europea aveva fatto marcia indietro e con Roma 1974 si riproponeva la cadenza quadriennale che sarebbe finita con l’edizione di Barcellona 2010 (da allora si segue una cadenza biennale). Si scelse di gareggiare, infatti, anche nell’anno pari olimpico e così è stato nel 2012 a Helsinki e nel 2016 ad Amsterdam, edizioni che si ricordano in parte condizionate dai pensieri di un’Olimpiade non lontana. V’è da dire come nel successivo anno olimpico, il 2020, il Campionato europeo si sarebbe dovuto disputare a Parigi qualche settimana dopo, NON PRIMA, il contesto a cinque cerchi di Tokyo. La motivazione era quella di poter vedere gareggiare atleti più liberi dal tarlo olimpico, offrendo occasioni di immediata riconferma, di riscatto o di consolazione ad alto livello. Per amor di precisione ricordiamo che causa Coronavirus non si gareggiò nel 2020 e nemmeno vi fu un recupero nel 2021. Ora si è tornati con l’assegnazione a Roma (secondo il parere di chi scrive) a quel passato in cui le manifestazioni europee di anno olimpico si sono incagliate nel loro ruolo minore. In ogni caso si è evitata giustamente la concorrenza con gli europei del calcio, circostanza che invece, opinabilmente, non ha pensato di fare il nuoto, andando ad uno scontro molto difficile, specialmente contro la partita quotidiana delle 18 (per non parlare dell’imperdonabile concomitanza del Sette Colli, già programmato in precedenza).
Ma c’è una parte in chi scrive che vorrebbe scrivere l’esatto contrario e voler smentire una sorta di integralismo atletico… basato sulla sacralità e sulla tradizione “Non fare il …sofista, quando ricapiterà un occasione del genere per la nostra formazione azzurra!!!”. Quest’anno siamo la compagine da battere, con uno spirito di squadra formidabile. Mai come questa volta vi sono tantissime frecce al nostro arco. Sotto questo aspetto possiamo dire che gli Europei romani capitano nel momento giusto per dare massimo lustro ad una nostra atletica che solo nel 2018 aveva subito l’umiliazione “Zero tituli”, francamente difficile da digerire. Saranno europei memorabili, con tante stelle da ogni dove continentale, ma in ogni caso si dovrà immediatamente girare pagina.
50 ANNI FA: UNA FESTA DI OTTO GIORNI
Prima delle gare, fra una sessione e l’altra e nel giovedì di riposo uno stuolo di adolescenti stazionava all’ingresso dello Stadio dei Marmi per chiedere autografi agli atleti e quasi tutti si fermavano, con estrema cortesia. C’era chi osava di più, andando, per esempio, a disturbare la grande saltatrice Witschas, intenta a mangiare una mela, chi voleva chedere, come chi vi scrive, agli staffettisti azzurri cosa avrebbero fatto in finale. Dal gentilissimo Guerini una risposta giustamente scaramantica, mentre l’indimenticabile Norberto Oliosi più scherzosamente rispose “Posso risponderti domenica sera?”. C’era un po’ di remora ad avvicinare Pietro Mennea, lo si vedeva teso e pensieroso, meglio aspettare altre occasioni, come ad esempio i mondiali universitari del 1975, quando sembrò molto più rilassato e disponibile. Medaglia d’oro alla cortesia, l’ostacolista Sergio Liani, ma un po’ tutti gli azzurri si fermavano cordialmente, a prescindere dal risultato. La grande Paola Pigni (nella fattispecie che ci capitò quella volta) uscì dallo stadio direttamente in automobile, ma non mancò di salutare i presenti dal finestrino, in un periodo davvero difficile della sua carriera. Alcuni atleti stranieri aggiungevano il loro primato personale alla firma, e c’era anche chi si … diminuiva il risultato.
Molto disponibili alcuni giornalisti che purtroppo non sono più tra noi, come Giorgio Lo Giudice e Vanni Loriga. Sarebbe stato bello intercettare anche Claudio Ferretti (che commentava per la radio insieme a Duccio Guida e Andrea Boscione) ma purtroppo o per fortuna (…per lui!!) le strade non si incontrarono. Capitò da quelle parti invece Paolo Valenti, garbatissimo, come la televisione ci ha sempre mostrato, in procinto di commentare la cerimonia d’apertura. A Paolo Rosi abbiamo invece dedicato un intero profilo (da poter leggere qui sotto in occasione della finale dei 400 metri). Ogni giorno il programma di gare, stampato nella notte, era a disposizione degli spettatori, con l’indicazione dei risultati completi del giorno precedente e tutte le liste di partenza gara per gara, tranne quelle che si generavano nello stesso pomeriggio e necessitavano di un altro turno. Era una specie di Internet ante litteram cartaceo.
Altre brevi annotazioni del 1974; la politica dirigenziale di quegli anni che offrì ai ragazzi italiani delle scuole medie superiori, la possibilità di seguire tutti gli europei in curva con sole mille lire (si poteva optare per la curva sud o nord, ma la dislocazione delle gare faceva propendere ovviamente per la sud, posta di fronte all’arrivo delle gare di corsa; non era ancora tempo di schermi sul tabellone elettronico). Le gare femminili constavano in un programma molto ridotto, non si andava oltre i 3000 (al loro esordio), si saltava in corsa solo sui 100 ostacoli, vari concorsi erano ben lungi dall’essere ancora istituiti, la gara multipla constava di sole 5 specialità, mancavano totalmente i cimenti su strada.
Prima della carrellata del 1974 (che vi proponiamo come se fosse un albo d’oro, in ordine di corse individuali, lanci, salti, staffette, prove multiple, strada) un filmato del 1973 che anticipa le prospettive di quei campionati.
La CERIMONIA D’APERTURA, mezzo secolo fa, occupò una domenica intera, prima di dare inizio alle gare, il giorno successivo. Fu presente il Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Leone che aprì ufficialmente i Giochi europei dell’atletica. La regia televisiva di quegli europei fu affidata a Mario Conti. Pubblico romano non troppo disciplinato in occasione della parata delle squadre, in particolare contro la Polonia e contro gli atleti polacchi. La fede calcistica prevaleva e la curva sud non aveva dimenticato che quella nazione ci aveva eliminato ai campionati mondiali di calcio del giugno precedente. Una ferita ancora aperta, sebbene fuori luogo. Nel filmato si nota una caratteristica che sarà utilizzata anche nelle premiazioni; lo schermo diviso in quattro. Le immagini qui sono silenziose, ma sono inquadrati nei loro discorsi Primo Nebiolo che dà il benvenuto a nome della Federazione Italiana ed il massimo dirigente atletico europeo dell’epoca, l’olandese Adriaan Paulen che proprio quell’anno festeggiava il cinquantenario di un record mondiale dei 500 ad Oslo, distanza spuria, primato ora divenuto centenario, come hanno opportunamente ricordato Bragagna ed Alessandrini durante la recente telecronaca dei Bislett Games.
Europei che si disputavano al pomeriggio, quasi mai scivolando oltre le 21, salvo per la prova dei 10000 e la gara conclusiva del decathlon. Ma con l’autunno ormai vicino, il crepuscolo serale faceva accendere i riflettori ben prima che nel nostro mese di giugno. Finale pomeridiana dei 100 metri. Si gareggia il 3 settembre e chiaramente ci si ricorda che quella data, 14 anni prima, ci aveva regalato l’oro olimpico di Berruti. Ma è martedì e non sabato e la distanza non è proprio la stessa. Le batterie hanno visto un Borzov davanti a tutti ed un Mennea qualificatosi alle spalle del francese Chauvelot: nella finale è oro per Borzov in 10.27 su Mennea. Il sovietico d’Ucraina (campione europeo nel 1969 e nel 1971, oltreché campione olimpico) respinge le ambizioni del barlettano che precede il resto d’Europa, in specie l’atteso transalpino Chauvelot che invece arriva solo quinto. Bronzo per il tedesco ovest Bieler. Uno splendido argento per il nostro grande Pietro, sembrato però un po’ irrigidito nella sua corsa. Mennea manifesta rabbia e delusione ed addirittura esprime il proposito di non voler correre il 200. Invece sarà Borzov a disertare la gara sulla doppia distanza.
200 metri: questa volta partiamo con la semifinale di Mennea: egli è talmente teso, per la pressione forse eccessiva dei mass media, che percorre una semifinale di 250 metri, vincendo in 20.83, senza fermarsi al traguardo ma imboccando sempre di corsa la via degli spogliatoi per sfuggire a tutto e tutti.
Il titolo era stato assegnato, di fatto, quando Borzov, come anticipato, non si era presentato nelle batterie. Ma le gare devono essere corse e vinte. Eccoci alla finale, nello stesso pomeriggio del 6 settembre, alle ore 19,45. Mennea, strafavorito, tiene fede al pronostico con una galoppata rampante (come disse il telecronista Paolo Rosi). Entusiasmo dello stadio Olimpico sul far della sera ed un urlo in più in Curva Sud dovuto al fatto che un effetto ottico di un tabellone riportava una prestazione di 20.00. Semplicemente mancava… qualche lampadina che avrebbe dovuto riportare il decimo giusto. Ma nella realtà è un comunque grande 20.60, sufficiente per battere il tedesco ovest Ommer e il tedesco est Bombach. Quasi naturale per il nostro telecronista il dolce ricordo di un altro inizio settembre quando l’oro (olimpico) arrivò da Berruti. Sarà il nostro unico oro a quegli europei, ma stavolta non si è atteso l’ultimo giorno come nel 1969 e nel 1971 (rispettivamente Ottoz e Arese). Mancano ancora due giorni di gara e si potrebbe legittimamente sperare in un podio nella staffetta. Ma intanto per Mennea parte, da campione europeo, la corsa alle Olimpiadi. L’atletica non conosce ancora i mondiali e pertanto centellina gli appuntamenti di prestigio. Chissà però, come sarebbe si sarebbe arricchito l’albo d’oro di Mennea se vi fossero stati anche i mondiali.
Ed ecco invece la stessa finale dei 200 con il boato della folla che accompagna il successo di Mennea. Rivediamo ed ascoltiamo la folata della freccia pugliese con l’audio originale. Se vi vengono i brividi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, farvi rivivere quell’euforia collettiva.
400 metri: si profila un duello molto equilibrato ma nella seconda semifinale avviene qualcosa di clamoroso. Intanto nella prima semifinale il germanico occidentale Honz assolve con facilità il suo compito, vincendo agevolmente in 46.24, sul francese Demarthon, il finnico Kukkuhao e lo svedese Carlgren.
Ma eccoci a quello che potremmo definire L’ERRORE DI BRYDENBACH, un’eliminazione davvero incredibile, nella seconda semifinale. Il belga non ancora ventenne (nella penultima corsia esterna) sta approdando alla finale ma decide di risparmiarsi, voltandosi indietro e vedendo un netto divario fra i quattro qualificati e coloro che seguivano. Mentre Jenkins vince la semifinale in 45.93, Brydenbach viene beffato sul filo di lana dallo svedese Fredriksson (in corsia otto) finendo solo quinto. Anche il tedesco ovest Herrmann ha rischiato grosso, rallentando spavaldamente ma salvandosi. L’altro qualificato è il finnico Karttunen. Per Brydenbach solo recriminazioni ed una finale che dovrà guardare solo dalla tribuna.
CHIEDI CHI ERA PAOLO ROSI…
Ed eccoci alla finale dei 400 che si aggiudica Honz, tenendo fede al pronostico, in 45.04. Argento al campione uscente Jenkins. Bronzo per Herrmann che, come abbiamo visto, si era qualificato in finale per il…. rotto della cuffia. Quest’ultima (di origine cavalleresca) era un espressione di Paolo Rosi, romano della zona Castro Pretorio, allora cinquantenne, per indicare un turno passato con difficoltà Un telecronista mitico ma soprattutto un professore d’italiano per il suo modo forbito di esprimersi. Il suo vocabolario era vastissimo, le terminologie erano espresse in modo naturale. Entrò in Rai (nella redazione di Via Oslavia) quando ancora giocava nel ‘54, da fuoriclasse, nella pallaovale. Ma subito commentò varie discipline, al di fuori del trittico boxe/atletica/rugby con il quale si è consacrato: sci alpino, sci nordico, salto con gli sci, nuoto, ciclismo e perfino il palio di Siena. Rosi ha commentato l’hockey ghiaccio nei primordi televisivi, poi è tornato al disco olimpico nel 1980, non prima di una rinfrescata sulla disciplina ad opera del collega svizzero Sergio Ostinelli. La sua capacità era quella di presentare degli stili di telecronaca differenti a seconda della disciplina che commentava, senza far mancare la sua partecipazione nei momenti in cui un italiano riuscisse a primeggiare. E certamente l’atletica si prestava, meglio di ogni altro sport, alle sue doti microfoniche. Sicuramente quei campionati saranno stati memorabili, non solo perché pervenuti nel pieno della sua maturità professionale ma anche perché ….poteva tornarsene a casa la sera. Nel pomeriggio, prima della gare, nostra constatazione diretta, si sdraiava sul prato antistante lo stadio per godersi il fresco all’ombra di un albero, mentre ripassava dati, numeri, atleti e liste di partenza, che avrebbe poi sciorinato nelle lunghissime telecronache.
800 metri: Marcello Fiasconaro, che si presenta in finale con non troppe chances, temerariamente cerca il successo con un’ azione di testa, ma poi spunta lo jugoslavo Susanj con un finale strepitoso ed una conclusione in 1.44.07. Perlomeno il record mondiale di Fiasconaro è salvo. Argento per l’astro nascente britannico Ovett. L’italo-sudafricano è risucchiato fino al sesto posto. In ogni caso vi invitiamo a seguire il capitolo n.25 di Viale delle Rimembranze che dedicammo al campione azzurro, nel cinquantennale del suo 1.43.7. Sono ancora gli anni in cui la gara si disputa con i primi 300 metri in corsia. Se il nostro fuoriclasse Franco Bragagna fosse nato 50 anni prima ed avesse commentato le gare al posto di Paolo Rosi, è probabile che il cognome del vincitore sarebbe stato pronunciato come SuShan e non Susanj, come avrà fatto il telecronista di Telecapodistria, presente anche in quell’occasione, verosimilmente Sandro Vidrih.
1500 metri: successo in extremis del tedesco orientale Justus con un finish bruciante. La sorpresa più clamorosa dell’europeo. Non meno inatteso l’argento del danese Hansen, terzo il quotatissimo tedesco ovest Wessinghage, che Paolo Rosi sistematicamente definiva il medico di Magonza.
5000 metri: cavalcata nel giorno di chiusura del britannico Foster in 13.17.21. Adesso si definirebbe (con gergo forse un po’ banale ed abusato) una vittoria per dispersione. Paolo Rosi disse invece “Foster saluta tutti e se ne va” oppure “Foster sta inanellando giri su giri al comando”. Per noi la telecronaca quasi completa in inglese.
10.000 metri: evento della prima sera di gare con successo del tedesco orientale Kuschmann. Paolo Rosi vede un altro vincitore ma non era certamente facile azzeccare il nome del primo classificato. Secondo il britannico Simmons. Bronzo di Cindolo, autore di una prova maiuscola. Era partito per preparare la maratona, invece resiste in gruppo e coglie un eccellente terzo posto andando a bruciare il quotato polacco Malinowski. Notazione tv: la gara non fu trasmessa in diretta. Le immagini verranno irradiate solo in tarda nottata. Alle 20,30 è il Telegiornale della seconda rete, antenato dell’odierno Tg2, a rovinare la festa italica.
110hs il francese Guy Drut esce dallo Stadio dei Marmi dopo l’allenamento, la mattina della finale, ed ai ragazzi che gli chiedono di fermarsi, si rifugia in un rapido “No autografò” con accento alla francese, andandosene via frettolosamente. E’talmente concentrato per una finale che non si lascia scappare all’inizio della domenica conclusiva un oro annunciato. Sul podio i due fratelli polacchi Wodzynski. Buon quinto posto, per non dire ottimo, per Buttari.
La differenza fra bianco e nero e colore
Abbiamo visto finora varie immagini a colori, splendide, riproposte negli anni aurei di Raisport2, ben oltre dieci anni fa. Ma noi in Italia come abbiamo visto allora le gare di Roma? Ecco a voi, la nostra visuale di quegli anni in bianco e nero. Stesse immagini, stesso risultato, stesso commento ma senza il colore che in Italia ritroveremo solo per le Olimpiadi di Montreal.
400 hs: affermazione britannica con Alan Pascoe, proveniente dagli ostacoli alti dei 110. Argento per il campione europeo uscente, Nallet. Per la Gran Bretagna un campionato europeo illuminato nelle prime giornate proprio da questo oro, poi arriveranno tre titoli solo nell’ultima giornata di gare (5000, 4×400 maratona).
3000 siepi: la finale del sabato pomeriggio con un Franco Fava coraggioso oltre il limite, ma purtroppo frenato dal suo tallone d’Achille, la volata. Atteso all’oro è lo svedese Garderud, ma vince il polacco Malinowski. Terzo il tedesco ovest Karst, quarto Fava al tempo di primato italiano con 8.18.35.
Alto: battute finali nel deserto dell’Olimpico, le gare di corsa erano finite e non era troppo consueto fermarsi a guardare i concorsi, nonostante una prova avvincente. Vittoria con 2,25 della meteora danese Toerring, atleta poliedrico, detto Il Dottore per via della sua professione. Stessa misura per il campione uscente, il sovietico Sapka, penalizzato da errori in più. Li vediamo entrambi.
Asta: sei ore di gara per una vittoria sovietica ad opera di Kishkun con 5.35. Poteva essere oro per lo svedese Isaksson, se alla prima prova alla stessa misura, l’asta non fosse caduta dopo alcuni secondi costringendo il pubblico a modificare il boato…dall’esultanza alla delusione. Ci penserà forse Duplantis a vendicarlo? Lo scandinavo finisce oltre il podio, mentre l’argento è del polacco Kozakiewicz. Per noi il rammarico dell’assenza di Dionisi, fermato ancora per infortunio. Nel filmato il salto a 5,35 del vincitore.
Lungo: Attraverso i fotogrammi della rivista Atletica il filmato del successo del sovietico Podluhzny in 8.12 davanti allo slavo Stekic.
Triplo: S’impone il sovietico di Georgia, il fuoriclasse Saneev con 17.23, ripetendo la vittoria del titolo nel 1969, dopo aver ottenuto un argento nel 1971 alle spalle del tedesco est Drehmel.
Peso: Il tedesco est Briesenick ripete l’affermazione del 1971, imponendosi con 20.50. Vediamo nel filmato i tre medagliati: il britannico Capes (bronzo), il tedesco federale Reichenbach (argento) e poi il vincitore.
Disco: oro al finnico Pentti Kahma 63.62 sul veterano di Cecoslovacchia Danek che credeva ormai di avercela fatta. In premiazione, due giorni dopo, si verifica un fatto inconsueto: non si presenta il terzo classificato: lo svedese Ricky Bruch. Ecco nel filmato il gesto vincente di Kahma, che non fu ripreso in diretta, ma la regia con tecniche avanzate per quel periodo aveva la possibilità di registrare tutti i lanci, riproponendo quelli necessari.
Giavellotto egualmente finlandese grazie ad Hannu Siitonen 89.58. Per l’entusiasmo del telecronista finnico.
Martello al sovietico Spiridonov. Nelle immagini b/n – colore anche il secondo classificato Sachse della Germania Est. La voce per il bianco e nero è di Gianfranco De Laurentiis dalla retrospettiva Rai che riepiloga il 1974.
Nella staffetta 4×100, argento italiano (Guerini, Oliosi, Benedetti e Mennea) dietro alla Francia 38.69 (Sainte-Rose, Arame, Cherrier e Chuavelot che si prendono quelle medaglia sfuggite nelle prove individuali). Bronzo per la Ddr, fuori dal podio l’Urss di un velocissimo Borzov, improvvisamente recuperato dopo la rinuncia ai 200, pur schierando elementi di spicco come Kornelyuk e Silovs). Qualche intemperanza del pubblico che non digerisce il successo dei cugini d’oltralpe (ndr. stesso pomeriggio dei fischi alla tedesca est Witchas in gara per il podio più alto con la nostra Sara Simeoni).
Ultima gara in pista (ma deve arrivare la maratona e deve ancora chiudersi il salto in alto donne), la staffetta 4×400 maschile, appannaggio della Gran Bretagna rinforzata dagli ostacolisti Hartley e Pascoe. Gli altri due elementi erano Cohen e il vicecampione Jenkins che ha il merito di chiudere la gara e resistere al ritorno del frazionista della Germania Ovest che non ha potuto schierare in finale Herrmann. Una stagione lunghissima per molti dei britannici, cominciata nell’inverno europeo per via dei Giochi dei Commonwealth in Nuova Zelanda.
Nel decathlon affermazione polacca con Skowronek. Nel filmato seguiamo i 1500 che chiusero quella prova. Il podio è composto anche dal francese Leroy e dal tedesco ovest Kratschmer.
Marcia 20 km per lo stagionato sovietico Golubnichi sul tedesco ovest Kanneberg che vediamo arrivare subito dopo. Il vincitore (che fa la selezione quando ancora i marciatori sono in fase dì avvio allo Stadio Olimpico) sembra un abbonato alla città eterna, giacchè fu già oro alle Olimpiadi romane del 1960. Nelle immagini anche l’arrivo dello sfinito britannico Mills che coglie il quarto posto prima di accasciarsi al suolo. La calura pomeridiana romana gli ha presentato il conto. Uscirà portato a braccia da due inservienti mentre arriva il valoroso azzurro Zambaldo, che sembrerebbe invece freschissimo. In coda al filmato possiamo seguire l’arrivo dell’azzurro, che non fu possibile vedere in diretta in quanto le telecamere seguivano i soccorsi a Mills. Ci sarà poi il settimo posto di Bellucci che arriverà mentre sta per cominciare la cerimonia di premiazione dei 100 metri con Borzov e Mennea. Da notare (fuori filmato) che all’arrivo giunse terzo il sovietico Zmalchik, squalificato tempo dopo (la circostanza non è riportata da vari albi d’oro wikipediani e non). Il britannico Mills conquisterà così il bronzo, non ricevuto in premiazione.
Marcia 50 km. Al ralenti l’arrivo del redivivo tedesco est Hohne, già oro alle Olimpiadi del Messico 1968 e ad Atene 1969. Per l’Italia arriverà quarto Vittorio Visini.
IL GIOVANISSIMO ATTILIO MONETTI
Maratona spettacolare anche nelle immagini televisive, con un percorso che attraversa gran parte della città eterna nella domenica di chiusura delle gare e si conclude in uno stadio Olimpico che sta ormai finendo il sogno di una settimana di Campionati. A vincere è il britannico Thompson, d’argento il tedesco est Lesse. Ma va anche segnalato il bronzo dell’anziano Roelants, campione olimpico delle siepi 10 anni prima, da alcuni anni convertitosi alle distanze più lunghe. Nel corso del video che riprende scorci straordinari di Roma a colori, come ad esempio un tratto di Viale Trastevere, ascoltiamo anche la voce di un giovanissimo Attilio Monetti, assicuratore, ex velocista, ma soprattutto storico collaboratore in cabina di Paolo Rosi e dei suoi eredi (anche con un’incursione nello sci alpino a Lake Placid 1980, a supporto di Guido Oddo).
Ed eccoci alla carrellata delle gare femminili.
100 Torna prepotentemente ai massimo livelli, la polacca Irena Szewinska, già conosciuta come Kirszenstein. Deve abdicare la tedesca Meissner-Stecher, campionessa in carica, in seguito anche olimpica. Vittoria in 11.13.
200 Stessa accoppiata nei 200 metri. Un altro oro per la Szewinska in 22.51, sempre davanti alla tedesca est Meissner-Stecher, terza quella finnica Pursiainen che nel 1973 si era rivelata alle Universiadi. Una bellissima gara ma francamente il pubblico era ancora ebbro del successo di Mennea, un quarto d’ora prima, per festeggiare al meglio la polacca, unica atleta ad imporsi in due gare individuali.
La finlandese Salin (cognome assunto dopo il matrimonio con l’ostacolista Ari Salin), più forte del caldo asfissiante dell’Olimpico, s’impone nei 400 in 50″ e 14. C’è una curiosa aneddotica intorno a questa vittoria. Forse vi chiederete perché Paolo Rosi non saluta il tempo come record del mondo e non lo citerà nemmeno nel riepilogo dei records dopo la 4×100 femminile. Il tempo vincente della Salin verrà annoverato come record mondiale solo dal 1977, quando la IAAF riconobbe solo primati stabiliti al centesimo, stilando una cronologia ufficiale. In quell’epoca il record mondiale era quello manuale di 49.9 di Irena Szewinska che però a Roma aveva scelto di correre 100 e 200. Ma curiosamente nel 1976 il limite della Salin era stato intanto superato sia dalla tedesca est Brehmer, sia dalla medesima Szewinska nella sede olimpica del 1976. Quindi la Salin fu primatista inconsapevole di un record mondiale,…. lo conquistò e lo perse senza sapere di esserne in possesso.
Finale degli 800: a testimonianza dell’ottimo momento del movimento bulgaro di quella decade s’impone Liliana Tomova 1.58.14, sulla tedesca orientale Hofmeister.
Una presenza in finale per Gabriella Dorio, giovanissima, con nono posto, nei 1500 Hofmeister e Tomova si scambiano il piazzamento. Con un colpo di mano ai 450 metri, vince la tedesca est che nel 1972 aveva soffiato l’argento alla nostra Paola Pigni, qui assente per problemi fisici dopo la sfortunata prova sui 3000 metri.
I 3000 sono alla prima assegnazione di un titolo di livello ma sono anche una gara che è uscita in seguito dal panorama europeo per promuovere i 5000. Molto attesa Paola Pigni, pioniera della distanza, maritata col professor Bruno Cacchi, campionessa mondiale di cross a Marzo. Ma non è in buone condizioni (ne abbiamo appena parlato) e non può andare oltre il sesto posto, rinunciando poi ai 1500 metri. Ad aprire un fantastico europeo per la Finlandia, Nina Holmen, splendida vincitrice, il suo cognome tornerà in auge nel 2002, quando suo figlio Janne vincerà il titolo europeo di maratona a Monaco di Baviera. Nel filmato, differente rispetto a quello conosciuto, più ampio nel minutaggio, possiamo notare il serrate della Pigni ed il suo cedimento ad un giro dalla fine. Al secondo posto la sovietica Bragina, regina del mezzofondo a Monaco 1972. Bronzo per una veterana, la britannica Joyce Smith.
La tedesca orientale Ehrhardt (nata Jahns, gareggiava con il nome del marito canoista) conquista l’oro dei 100 ostacoli, confermando l’oro olimpico di Monaco 1972.
Il salto in alto della domenica di chiusura: nasce il mito di Sara Simeoni che arriva sorprendentemente al bronzo. E’il primo atto della sfida con la sua rivale di sempre, la ventralista Rose Marie Witchas, che poi assumerà il cognome di Ackermann. Gara ricordata anche per i fischi dell’Olimpico, di pretto stampo calcistico, indirizzati alla tedesca dell’est ed alla cecoslovacca Karbanova, seconda. Sicuramente una nota stonata che ancora si ricorda a scapito di tante belle altre gare o situazioni. Record mondiale per la Witchas con 1.95; notevole l’1.89 del record italiano di Sara Simeoni, migliorato di 3cm.
La sovietica Tchizova con la misura di metri 20.78 vince la gara del peso, conquistando la prima medaglia d’oro di quegli europei (salendo sul podio continentale più alto per la quarta volta). Seconda (nella gara e nel filmato) la tedesca Adam. “Solo” terza la cecoslovacca Fibingerova che tuttavia, due settimane dopo, stabilirà il primato mondiale con 21.57, a Gottwaldow.
Disco: Faina Melnik. sovietica, nettamente favorita prevale con metri 69,00. Per noi le sequenze fotografiche del suo gesto desunte dalla rivista “Atletica”.
Uno dei risultati più importanti di tutta la rassegna. Ruth Fuchs, tedesca della RDT, nel giavellotto stabilisce, con un lancio di metri 67,22, il nuovo record del mondo. Per lei il titolo europeo seguiva quello olimpico del 1972, ribadendo, in seguito, la doppietta anche nel 1976 e nel 1978. Voce di Gianfranco De Laurentiis.
Staffetta 4×100: Nella finale presenza del quartetto azzurro (Gnecchi, Carli, Nappi, Molinari), settimo. Con il record mondiale di 42.51 s’impone la Germania Est (Doris Maletzki, Renate Meissner-Stecher, Christina Heinich, Bärbel Eckert). Risuona ancora l’inno della Ddr, praticamente colonna sonora continuativa di Roma 1974, ascoltato per dieci volte, appena qualche settimana dopo l’europeo di nuoto a Vienna, con dominio assoluto delle ondine tedesche est, trasmesso dalla Rai con la telecronaca di Giorgio Martino.
4×400: Il successo va alle tedesche della DDR in 3.25.21, nuovo primato dei campionati. Seconde e terze finlandesi e sovietiche. Davvero molto vicine le finniche a far saltare il banco di quella gara della quale possiamo seguire gli ultimi due giri. Si ripropone in ultima frazione il duello Salin vs. Streidt, come nella finale individuale sul giro di pista. La prima attacca a metà tornata e sopravanza, forse con eccessivo anticipo, l’avversaria, ma poi la tedesca s’impone nel rettilineo conquistando l’ennesimo oro per la Repubblica Democratica Tedesca. Da notare come poche settimane fa, tre componenti finlandesi di quella staffetta (Salin, Eklund e Wilmi, insieme alla mezzofondista Holmen) sono state in Italia per rivivere le emozioni di quell’europeo e i ricordi di quello stadio. Immagini della gara da non perdere su note celebri di Fabio Borgazzi.
Non siamo in grado di mostrare filmati sul salto in lungo, vinto dalla magiara Bruszenyak e del pentathlon, che registrò il successo della sovietica Tkachenko. Per finire la fanfara che preannunciava le premiazioni di quell’edizione.
UNA….CORPOSA RASSEGNA STAMPA
Con la sempre validissima e cortese collaborazione dell’impagabile March Moccia una serie di ritagli di giornale desunti da Stadio e dalla Gazzetta dello Sport.
Ecco alcune considerazioni di natura agonistica:
Questi Campionati Europei sono stati – come i due Campionati Europei precedenti – dominati da atleti della DDR – dieci medaglie d’oro – e dell’Unione Sovietica – nove titoli. Seguono Gran Bretagna, Polonia e Finlandia con quattro affermazioni.
La Simeoni ha invece chiuso il medagliere azzurro fatto di 5 medaglie, oltre al suo bronzo nell’alto, oro nei 200 maschili, argento 100 e 4×100 maschili, bronzo 10.000.
Per la Francia due ori raccolti nell’ultima giornata (110 hs e 4×100); un solo oro della Germania Ovest con Honz (e tanti piazzamenti).
Quattro nuovi record mondiali sono stati stabiliti – esclusivamente in campo femminile – tre dei quali da atlete della DDR :
In ordine cronologico:
- Lancio del giavellotto : 67,22 m – Ruth Fuchs, DDR
- 400 metri : 50,14 Riitta Salin, Finlandia (vedi nostro aneddoto ad altezza della sua gara)
- Staffetta 4×100 m : 42,51 – DDR
- Salto in alto : 1,95 m – Rosemarie Witschas, DDR
- Inoltre vennero registrati 35 record di campionato nuovi o eguagliati in 23 discipline.
- Furono stabiliti 40 record nazionali.
- Due atleti hanno vinto ciascuno due medaglie d’oro
- Irena Szewinska (Polonia) – 100 metri, 200 metri
- Alan Pascoe (Gran Bretagna) – 400 metri ostacoli e staffetta 4×400 m
- Sei campioni europei del 1974 avevano già vinto titoli continentali all’aperto:
- Irena Szewinska (Polonia), 200 metri, ripetendo il suo successo nel 1966 , vincitrice anche della staffetta 4×100 m e del salto in lungo nel 1966 e dei 100 metri nel 1974, diventando così cinque volte campionessa europea
- Nadezhda Tchizova (Unione Sovietica) – lancio del peso, quarto successo consecutivo dal 1966, come già anticipato sopra.
- Valery Borzov (Unione Sovietica) – 100 metri, terzo successo consecutivo dal 1969, vincitore anche dei 200 metri nel 1971, diventando così quattro volte campione europeo
- Christoph Höhne (DDR) – 50 km di marcia, ripetendo il suo successo del 1969
- Viktor Saneev (Unione Sovietica) – salto triplo, ripetendo il suo successo nel 1969
- Faina Melnik (Unione Sovietica) – lancio del disco, ripetendo il suo successo dal 1971
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QUEM PUTAS PERISSE, PRAEMISSUS EST
Vorremmo ancora riflettere sulla consapevolezza della caducità della vita. Una canzone non troppo lontana nel tempo di Andrea Laszlo De Simone ci ricorda che “la vita è breve e pure stretta”, ma la memoria (vorremmo aggiungere) è larga e le glorie sportive restano e sopravvivono anche oltre l’esistenza dei loro protagonisti. È fatale che in 50 anni qualcuno non ci sia più, molte nazioni hanno perso i loro atleti più rappresentativi. Noi non abbiamo più Mennea e la protagonista sfortunata della prima sera di gare, Paola Pigni. Ci hanno lasciato ancora Abeti e Zarcone. Il Belgio ha dovuto piangere Brydenbach, la Croazia (allora jugoslava) deve lamentare la perdita recente di Luciano Susanj, sono mancati i sovietici in oro Saneev, Podluzhny, Spiridonov, l’altro slavo Nenad Stekic, il pesista tedesco est Briesenick, il connazionale Kuschmann, la regina polacca della velocità Szewinska, nonchè i suoi connazionali Malinowski e Leszek Wodzynski. Da ricordare ancora la finnica Mona Lisa Pursiainen e la norvegese Andersen. La Melnik e la Fuchs, il cecoslovacco Danek, i germanici Kanneberg e Reichenbach, il francese Nallet, lo svedese Bruch. E ce ne sono altri (non citati per “ignoranza” o “distrazione di tastiera”) che vorremmo accumunare in un ricordo. Ed ovviamente Paolo Rosi, protagonista di questa pagina, se avete avuto modo di aprire i filmati proposti. A TUTTI LORO È DEDICATA QUESTA PAGINA ODIERNA. Vincere una medaglia od essere protagonisti significa timbrare il passaporto per l’eternità.
Una canzone non troppo lontana nel tempo di Andrea Laszlo De Simone ci ricorda che “la vita è breve e pure stretta”, ma la memoria (vorremmo aggiungere) è larga e le glorie sportive restano e sopravvivono anche oltre l’esistenza dei loro protagonisti.
Lucio Celletti
CONCLUSIONI
Un po’ di mestizia accompagnò la fine di quei Giochi europei. L’atletica tornò in tv la settimana successiva con il meeting di Rieti che Paolo Rosi definì “all’insegna di un clima di smobilitazione”. La stagione volgeva ormai al termine. L’Olimpico invece riassunse la sua abituale funzione di sede calcistica ospitando il 18 settembre una sfida pomeridiana di allenamento della neo nazionale di Fulvio Bernardini (davanti a 60.000 spettatori) finita 5-2 con cinquina del romanista Piero Prati. Anche negli anni successivi Roma si dimostrò una capitale degnissima e l’Olimpico di Roma risultò una sede molto gradita per l’atletica. Nel 1975 fece storia un’Italia-Cina di fine giugno con gli asiatici per la prima volta presenti in confronti fra nazionali, poi per una rinuncia di Belgrado, nel medesimo anno l’Olimpico, venne organizzato a settembre il Mondale Universitario, una quattro giorni che riecheggiava le giornate europee del 1974. Poi ancora nel 1976 un interessante confronto tra Italia e Svezia. Si arriverà poi all’istituzione del Golden Gala, alla Coppa del Mondo 1981 (con la nascita della nona corsia, per far gareggiare l’Italia), alla finale del Gran Prix 1985 per arrivare ai leggendari secondi campionati mondiali del 1987. Fermo restando l’appuntamento annuo continuativo del Golden Gala, passando per la Coppa Europa 1993 (ahinoi, con uno sciopero tv al sabato), la città di Roma è pronta ad essere guardata da ogni latitudine continentale. Abbiamo i campionati, ora dobbiamo fare i campioni ma abbiamo fiducia ed ottimismo in abbondanza.
Un ringraziamento a tutti Voi, un saluto pieno di gratitudine agli atleti italiani del passato, un saluto ed un ringraziamento al nostro carissimo collaboratore March Moccia, grazie naturalmente a Sportinmedia, che ci ospita, appuntamento la prossima settimana ancora con l’atletica del passato, cercando di vedere quali spunti questo europeo di Roma 2024 ci fornirà per specchiarsi sul passato.
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