Le imprese dei fratelli Abbagnale, timoniere Di Capua, cerimoniere Galeazzi (1^ parte) | Viale delle Rimembranze #116

Lasciamo per qualche settimana le storie del 2005, per percorrere il mito dei fratelli  Giuseppe,  Carmine e Agostino Abbagnale oltre a Peppiniello Di Capua, il timoniere più famoso.  Per questa prima puntata seguiremo le loro vicende remiere fino al 1989, successivamente seguiremo gli Anni Novanta e i primi anni Duemila, con le ultime imprese di Giuseppe e Carmine ed il ritorno prepotente di Agostino.

È una storia di fatica, di tenacia, di amor proprio, di impegno massimale: un appuntamento obbligato con i cavalieri delle acque per la finale del due con per Giuseppe e Carmine. Una grande attesa di anno in anno, per sei minuti d’oro, per poi aspettare ancora dodici mesi per l’evento olimpico e mondiale della disciplina.

Insieme ai tre sulla barca, c’era però un quarto protagonista a spingere non solo idealmente la barca, a trascinarla perché i trionfi risultassero ancor più partecipati e ricordati dalla gente comune. Giampiero Galeazzi, ex atleta, era arrivato in Rai dal 1972, al Tg1 dal 1976, commentando subito l’edizione di Montreal 1976. Vedremo vari documenti inediti e quasi tutti i trionfi con il suo commento, lieti di mostrarvi in particolare una telecronaca rarissima per non dire unica: l’oro di Los Angeles 1984, quasi mai riproposto.  Non sempre la qualità è buonissima, sia come audio, sia come video ma trattasi di documenti quasi introvabili, di inestimabile valore storico.

Dapprima il classico amarcord che collegava il duo azzurro con l’ultimo momento di gloria dei remi. L’oro olimpico del 1968, in un sabato pomeriggio che la Tv italiana mostrò in diretta con il commento di Giuseppe Albertini. Dopo quella fatidica data ben poco altro.

Ed eccoci alla sequenza iridata degli Abbagnale nella specialità del due con. Si apre a Monaco 1981: il primo oro non si scorda mai. I primi malcapitati d’argento sono i tedeschi est Schmeling e Seyfarth. Qui possiamo disporre di un commento di fine anno del Tg2 con Giorgio Martino. Quel 6 settembre del 1981 la Rai non si collegò con la Germania Ovest.

Il bis nel 1982 sulle prestigiose acque del Rotsee a Lucerna: ancora un successo precedendo la stessa coppia dell’est. Da quest’anno c’è la Rai e c’è Galeazzi, anche se questa volta, non in diretta. Eccolo una prima volta riecheggiando una nota affermazione del Presidente Pertini, pochi mesi prima ai mondiali di Spagna. “Non ci prendono più”.

Un video da dedicare al timoniere che ha sempre accompagnato i due fratelli: Peppiniello Di Capua, al timone dell’otto pesi leggeri che vince l’oro mondiale nello stesso anno di Lucerna, il giorno prima del trionfo del due con. Ancora con Galeazzi.

Ad un anno di distanza la finale meno riuscita in tutta la serie eccezionale di Giuseppe e Carmine. A Duisburg 1983 stavolta è terzo posto, mentre vince la nuova coppia tedesca Greiner e Diessner. Si tratta pur sempre di bronzo ma anche Galeazzi, in diretta ma non in cabina sul posto, manifesta la delusione per la giornata meno brillante delle loro finali.

IL TRIONFO A LOS ANGELES 1984

Ed eccoci al titolo di Los Angeles 1984: un’Olimpiade che vede l’assenza del blocco dell’est per il noto boicottaggio in risposta a quello statunitense del 1980. Campo di partenti decimato: bisogna però guardarsi dai rumeni Popescu e Tomoiaga. Ma la gara bisogna correrla. Possiamo vederla integralmente… nella convinzione che siano pochi ad averla rivista con il commento di Giampiero Galeazzi, al suo primo oro olimpico al microfono. Un oro pesante nella beneficiata azzurra di quell’edizione. Va spesa una parola per lo zio allenatore Giuseppe La Mura, fondamentale per la crescita e la preparazione degli azzurri. al microfono al fianco di Galeazzi e non solo in questa occasione.

Parte dal Belgio il nuovo quadriennio olimpico: 1985 ad Hazewinkel dalle parti di Malines, città che negli anni Ottanta diventerà ben conosciuta per le vicende calcistiche. Arriva il terzo oro mondiale dagli Abbagnale e a dare valore al successo olimpico, i due campani si lasciano alle spalle proprio i secondi delle Olimpiadi californiane, Popescu e Tomoiaga. Si fa spazio, nelle sale di riunione ad alto vertice, l’ipotesi che il due con possa essere enucleato dal programma olimpico per far spazio alle specialità dei pesi leggeri. Sappiamo che ciò avverrà ma solo dopo il 1992.

Intanto nel nostro otto d’argento possiamo vedere all’opera il terzo fratello, Agostino. Uno storico argento, per un equipaggio costruito in poche settimane, quasi improvvisato, a testimonianza della crescita notevole di tutta la disciplina e della bontà del Cento Federale di Piediluco. Vittoria dell’Unione Sovietica. Al termine della gara Giampiero Galeazzi, ricorda i componenti di quella spedizione d’argento.

Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco: a Nottingham 1986 vittoria della coppia di casa Holmes e Redgrave, che avevano vinto a Los Angeles l’oro olimpico del quattro con.  È uno splendido argento ma eravamo abituati troppo bene.

A Copenhagen nel 1987 arriva la rivincita sui britannici. Ancora una volta dietro anche Popescu e Tomoiaga, stavolta terzi. Si può guardare con la massima fiducia alle Olimpiadi di Seul. Seguiamo la gara con voci italiane: nel servizio che fu trasmesso da Domenica Sprint, la voce di Bisteccone, estrapolata dalla diretta, interviene per gli ultimi venti secondi.

IL TRIONFO A SEUL 1988

Ed eccoci alla notte profonda la finale di Seul, alle Olimpiadi 1988. Galeazzi ha raccontato di aver insistito per fare quella telecronaca in quanto uno sciopero dei giornalista stava minacciando la regolare trasmissione. Ma eccoci a quella storica domenica notturna. Holmes e Redgrave sono la coppia da battere, con la “speranza” che il contemporaneo impegno nel due senza, possa fiaccarne, fatalmente, le energie. Ci sono sempre Popescu e Tomoiaga, ma attenzione ai tedeschi orientali di turno Streit e Kirchoff.  La prua italiana è la prima a passare il traguardo, come ben si ricorda dalle splendide parole di Galeazzi, con licenza telecronistica: “La prua italiana è la prima a vincere!!!” La concitazione di quei momenti gli fa pronunciare queste esatte parole. Vittoria sulla Germania Est e sulla Gran Bretagna. Per il nostro duo è certamente il momento apicale della loro carriera.

Come se non bastasse a rendere magica quella notte così lontana e così fausta il quattro di coppia con Agostino Abbagnale, Poli, Tizzano e Farina, ci regala un altro splendido bis. Trema la voce di Galeazzi, nell’entusiasmo di una vittoria sperata ma non scontata.

L’ampio dopogara dedicato al doppio oro da parte del Tg2, nell’intervallo della partita di calcio Italia-Svezia, giocata nel mattino italiano. Dall’Italia Ennio Vitanza e Claudio Valeri, dalla Corea del Sud Maurizio Vallone. Le interviste, l’euforia ed il lancio in acqua di Peppiniello, prima di un bagno collettivo.

Coroniamo la grande occasione con un’ altra rarità: la versione delle due gare nella telecronaca di Bruno Vesica, ottimo e polivalente telecronista dell’emittente monegasca. Ci scusiamo per l’audio talvolta “svirgolato”.

Nel 1989 il trionfo ha una variante di tipo televisivo, Fininvest soffia i diritti alla Rai, approfittando anche della “slovenità” di quei mondiali che confluiscono su Tv Capodistria: si torna infatti in quella Bled, località jugoslava dove Giuseppe Abbagnale, dieci anni prima, aveva vinto una finale B, insieme a Dell’Aquila e con Peppiniello al timone. Anche a Bled la magia dell’oro continua. Al microfono stavolta Giacomo Crosa, che non sfigura certo al confronto. Anch’egli, come Galeazzi è un ex atleta, olimpionico nel 1968, nel salto in alto. Secondi i nuovi rumeni Neagu e Step, terza la coppia di casa.

Chiudiamo con un editoriale di Giampiero Ormezzano per LA STAMPA: il testo testimonia, come nessuno avrebbe potuto fare meglio il sentimento della stampa italiana verso gli Abbagnale, sempre vincenti, eppure messi talvolta in secondo piano, ad esempio, dai capricci di Maradona di quell’estate.

Dopo la settima medaglia d’oro riscopriamo due grandi campioni Abbagnale, chiediamo scusa. Perché sarà notizia quando non vinceranno. Questa faccenda degli Abbagnale, canottieri che vincono spesso e volentieri dovrebbe mettere in crisi mezzo sport italiano, dividerlo fra domenicani, cioè grosso modo maradoniani, e francescani, cioè abbagnaliani, provocare pentimenti, flagellazioni, confessioni, abiure, revisioni di vita anche giornalistica. Invece siamo ormai «spavaldamente» abituati ai loro successi, e gli Abbagnale, Giuseppe e Carmine, faranno notizia quando non vinceranno. Tutto il resto è fasullo, recitato. Compreso l’atto di dolore e contrizione al quale noi ci associamo. Abbiamo passato (ecco la nostra preghiera/confiteor) un’estate come cretini a seguire e talora creare la scia di Maradona, lo strascico di Maradona. La storia semplice e gaglioffa di uno che cercava di fare un po’ più di ferie con scuse varie, cosmiche (che ne è delle storie di camorra, droga, minacce, querele eccetera?), e forse niente di più. E adesso siamo qui a scusarci con gli Abbagnale della nostra disattenzione. In uno degli sport più perfetti, più completi, più tremendi e nobili, hanno vinto il quinto titolo mondiale, e unendolo ai due olimpici hanno ottenuto il record assoluto di vittorie nel remo. Ma se non avessero vinto ieri l’altro a Bled, anche a Bled, in Jugoslavia, cosa avremmo scritto detto pensato? È questo il quesito al quale bisogna avere il coraggio di rispondere. Oppure di non rispondere, che è una forma di risposta: non rispondere perché sugli Abbagnale non siamo preparati, neanche noi cronisti sportivi specializzati. Cosa sappiamo delle loro fatiche, del loro lavoro, dei loro sacrifici? A Seul dopo il successo olimpico li crivellammo di domande insipide, e ci soffermammo sul macchiettismo di Peppiniello Di Capua, anziché sul suo valore come timoniere che assembla l’armo. In questi giorni rifioriranno le storie della famiglia emerita di Pompei, una famiglia che, con l’addentellato dello zio La Mura, medico e allenatore, batte il mondo. E ci chiederemo ancora se è proprio vero che il clan Abbagnale fa federazione nella federazione e non accetta manco una sillaba da Nilsen, il tecnico norvegese. Ci intrigano i guadagni dei due: più o meno, insieme e nell’anno, di un discreto giocatore di calcio di B? Sosta più veloce sul terzo fratello, Agostino, anche lui oro a Seul, ma adesso tormentato da un male tremendo al braccio. È tutta informazione, ma la coltiviamo male, come a orpellare un quadro di cui, se lasciata sola, ci inquieterebbe l’essenza. Eppure gli Abbagnale sono profondamente nostri in tutta la loro vita che non sia quella di allenamenti e gare. Li conosciamo, potrebbero essere vicini di casa di tutti noi. Non c’entra neppure la nascita vicino all’acqua: in tanti, troppi giorni dell’anno, non c’è campo di allenamento per il canottaggio più infame del mare. Sono dei nostri per come sentono la famiglia, vivono ancora insieme (tutti e tre, anche Agostino) tanti giorni dell’anno, ammettono candidamente di scambiarsi nella camera, al buio e nell’intontimento del primo mattino, quando vanno a piedi a Castellammare di Stabia per fare footing pre-remo, i pantaloni della tuta. Sono dei nostri per come tornano sempre al paese, anche per come cercano soldi. Sono dei nostri perché, in rapporto al gigantismo del canottaggio moderno, gli 1,86 del trentenne Giuseppe, gli 1,82 del ventisettenne Carmine sono niente, davvero i due sono due italianuzzi. Sta meglio Peppiniello che con i suoi 156 centimetri è timoniere di stazza internazionale, lui ha tanti omologhi in tutte le nazioni. Sono italianuzzi e debbono mettere in crisi i razzisti di casa nostra, quelli che hanno sempre spartito l’Italia, e che a priori rifiutavano al Sud certe performances. Insomma gli Abbagnale sono tanto normali, e anche per questo disturbano. Meglio se avessero ali, aloni luminosi intorno alla testa, muscoli d’oro zecchino, e insomma non fossero così simili al ragazzone che chiede un posto di lavoro. A proposito: a Seul Giuseppe lo chiese per Carmine e noi lo chiedemmo per lui, usando un’amicizia antica, ad un ente ora nella bufera. Carmine, a servizio militare concluso, dovrebbe cominciare in questi giorni, se già non ha cominciato: mica dovrà patire anche lui il momentaccio, come fosse un canottiere irakeno?

Per approfondire e cogliere altri spunti ecco la rassegna stampa di Marcello Moccia, che ringraziamo sempre sentitamente. Straordinari ritagli per tutte le nove annate in questione.

A tutti un caro saluto, un ringraziamento per l’ospitalità a Sportinmedia. Per la prossima settimana gli anni Novanta dei nostri Abbagnale,  i nuovi titoli, il canto del cigno, il ritiro e il passaggio del testimone ad Agostino Abbagnale, nel frattempo tornato in efficienza dopo varie vicissitudini fisiche.

Lucio Celletti

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