Domenica 26 maggio esce il secondo libro di Sport in Media. Dopo “Decoder – Storia decriptata della Pay-Tv sportiva in Italia“, uscito nel dicembre 2020, è la volta di #SIAMOQUESTI – Viaggio tra i paradossi dello sport italiano.
Come fa l’Italia a essere una delle nazioni più forti al mondo in tantissimi sport, nonostante gli enormi problemi nel rapporto scuola-sport, malgrado una popolazione tra le più sedentarie al mondo, un’impiantistica inadeguata, una cultura sportiva limitatissima e un sistema mediatico-sportivo più attento a click e interazioni che a divulgazione e racconto?
#siamoquesti il nuovo libro di Sport in Media
#siamoquesti prova a rispondere a queste domande attraverso casi concreti, numeri e documenti, analizzando a fondo i cinque ambiti che dovrebbero essere alla base di ogni sistema sportivo virtuoso, approfondendo le dinamiche dello sport d’élite e individuando i motivi alla base di questa competitività, apparentemente inspiegabile. Nel dettaglio, il libro avrà questa struttura:
- CAP. 1 – CULTURA SPORTIVA
- CAP. 2 -PRATICA SPORTIVA
- CAP. 3 -IMPIANTISTICA
- CAP. 4 – SCUOLA E SPORT
- CAP. 5 – IL SISTEMA MEDIATICO
- CAP. 6 – LO SPORT D’ÉLITE
- CAP. 7 – I “SEGRETI” DEL MIRACOLO SPORTIVO ITALIANO
Prefazione di Sandro Bocchio, co-fondatore del podcast “In Media(s) Res”!
A pochi giorni dall’uscita, ecco un breve estratto del libro. Si tratta della prima parte del capitolo 5, quello molto ampio dedicato al ruolo fondamentale dei media. Il capitolo sul sistema mediatico-sportivo è strutturato in questo modo:
- 5.1 L’EVOLUZIONE STORICA DELL’INFORMAZIONE SPORTIVA
- 5.1.1 I GIORNALI
- 5.1.2 LA RADIO
- 5.1.3 LA TV PUBBLICA
- 5.1.4 LE TV PRIVATE
- 5.1.5 LE PAY-TV
- 5.1.6 INTERNET E SOCIAL MEDIA
- 5.2 LA CRISI DEI GIORNALI E LA QUESTIONE DELLE PRIME PAGINE
- 5.3 LE TELECRONACHE
- 5.4 IL CALCIOMERCATO
- 5.5 DOVE SI INFORMANO GLI ITALIANI OGGI
- 5.6 CONCLUSIONI
ANTICIPAZIONE CAPITOLO 5.1 | L’EVOLUZIONE STORICA DELL’INFORMAZIONE SPORTIVA
5. IL RUOLO FONDAMENTALE DEI MEDIA
In diversi punti del libro abbiamo affrontato l’aspetto mediatico-sportivo, sottolineando come i mezzi d’informazione svolgano un ruolo determinante nel racconto della realtà sportiva. In particolare, nel primo capitolo abbiamo visto come i media potrebbero favorire una visione “più alta” dello sport, improntata sull’analisi caratteristica dei vari eventi sportivi, ponendo la massima attenzione sugli aspetti fisici, mentali, tecnici, tattici, agonistici, statistici, senza dimenticare tutte le interconnessioni che lo sport propone con i temi sociali, culturali, storici, economici e geopolitici. Pur tenendo sempre presente la loro natura commerciale, orientata quindi al profitto e non a un ruolo istituzionale, infatti, i media sportivi si occupano di una materia che presenta evidenti connotazioni d’interesse pubblico. E questa loro natura ibrida (imprese private che trattano una materia di rilevanza pubblica) implicherebbe un dovere, una responsabilità nella diffusione dei principi base di conoscenza e cultura sportiva. La realtà, invece, è molto diversa e la maggior parte dei media sportivi punta ormai da tempo a una comunicazione molto più attenta ai click, al traffico web, alle interazioni social che all’analisi e all’approfondimento.
Alla base di questa trasformazione (deriva?) vi è la rivoluzione web, che ha modificato non solo i canali attraverso cui le persone si informano (in molti casi la propria timeline social ha sostituito la lettura del quotidiano o la visione del telegiornale, con tutte le incognite legate ad affidabilità delle fonti, clickbaiting e fake news), ma anche i tempi stessi dell’informazione, divenuti sempre più serrati. Un flusso informativo incessante e sovrabbondante, con una sfida perenne tra i vari siti a pubblicare per primi, magari per pochi secondi, qualsiasi tipo di notizia (si arriva addirittura a celebrare con giorni o settimane di anticipo una ricorrenza o un anniversario). La centralità dei social nel mondo informativo, poi, ha generato un’altra deriva giornalistico-sportiva, con molti telecronisti che, in modo sempre più smaccato, si sovrappongono all’evento stesso, urlando o ricercando frasi (fatte) ad effetto per finire nelle clip e ottenere maggiore visibilità e popolarità.
In questo capitolo, partendo dalla storia del rapporto tra i singoli mezzi d’informazione e lo sport, analizzeremo tutte queste dinamiche e cercheremo di capire se sia ancora possibile (ovvero se sia sostenibile in termini di business) un’informazione sportiva incentrata su un modello di giornalismo fattuale ed esplicativo e non su contenuti acchiappaclick, polemiche pretestuose, gossip e gallery di modelle in costume.
5.1 L’EVOLUZIONE STORICA DELL’INFORMAZIONE (SPORTIVA)
Per capire pienamente l’attuale rapporto tra media e sport in Italia, è necessario ripercorrerne velocemente la storia. Soprattutto, è fondamentale tenere presente il rapporto biunivoco tra sport e mezzi di comunicazione di massa: “Lo sviluppo dell’uno è intimamente legato alla diffusione dell’altro” .
A livello mediatico-sportivo è possibile individuare cinque mezzi d’informazione che hanno (avuto) un’influenza sulla diffusione e, in alcuni casi, sulla natura stessa dello sport. A questi si aggiungono due ambienti comunicativi – il web e i social – che hanno stravolto lo scenario informativo.
Partiamo dai giornali, il medium che ha accompagnato tutti vari periodi storici dello sport in Italia.
5.1.1 I GIORNALI – Fino all’ultimo decennio dell’Ottocento lo sport rimane un’attività per pochissime persone, soprattutto nobili o militari. Poi, grazie soprattutto all’ampliamento della fascia medio-borghese e allo straordinario successo delle biciclette (velocipedi), lo sport inizia a uscire dalle nicchie delle persone facoltose o delle associazioni locali. A livello di mezzi d’informazione, per moltissimo tempo – indicativamente dal 1870 ai primi anni ’30, quando la radio diventa maggiormente popolare – l’unico medium disponibile è il giornale (quotidiano, settimanale o con altra periodicità). Nel periodo immediatamente successivo all’Unità d’Italia, le uniche pubblicazioni di carattere “sportivo” sono il Bollettino trimestrale del Club Alpino di Torino del 1865, Lo Sport, edito nel 1866 a Genova dal Reale Yacht Club Italia, e La Ginnastica, fondata il primo gennaio 1866 e divenuta organo ufficiale della Federazione Ginnastica Italiana nel 1869. Di fatto, si tratta fondamentalmente di bollettini di associazioni, non di attività giornalistiche in senso stretto. Peraltro, in quella fase le attività fisiche organizzate – essenzialmente ginnastica, scherma, alpinismo e caccia – sono strettamente collegate alla preparazione e all’addestramento militare.
Grazie all’introduzione obbligatoria dell’educazione fisica nelle scuole (progetto concretizzatosi nel 1878 per volere del ministro Francesco De Sanctis “seriamente preoccupato del sistema pessimo di costringere i fanciulli inquieti e mobili per loro natura a una continua attenzione e immobilità” ), spuntano diverse pubblicazioni tematiche sulla ginnastica. L’ultima parte del XIX° secolo segna l’inizio del periodo d’oro di quelle sul ciclismo o velocipedismo. Dopo il fiorentino Cappa e Spada, nel 1893 Augusto Guido Bianchi, giornalista del Corriere della Sera, ottiene il via libera per la pubblicazione del periodico Il Ciclo, poi ribattezzato La Bicicletta (esce dopo gli eventi ciclistici più importanti e ottiene un successo quasi immediato: tiratura di 25.000 copie). Nascono altre pubblicazioni ciclistiche e nel 1896, dalla fusione de Il Ciclista (Milano) e de La Tripletta (Torino), nasce a Milano La Gazzetta dello Sport. Nel primo numero – 3 aprile 1896, tiratura 20.000 copie, stampata su carta verde: il rosa diventerà il colore ufficiale all’inizio del 1899 – viene pubblicato un editoriale di Eugenio Camillo Costamagna (torinese, fondatore-direttore del quotidiano insieme a Eliso Rivera), che dopo aver evidenziato la diversità tra lo sport dell’antica Grecia e quello attuale, caratterizzato da una spiccata rilevanza sociale-popolare, indica la via da seguire: “I giornali sportivi non devono soltanto fornire le notizie, commentare il progresso, registrare il successo, no, essi devono predire, correre l’alea stessa di tutte le cose di questo fine di secolo, devono arrivare” .
Per i primi 10 anni la Gazzetta è un bisettimanale, poi nel 1908 diventa trisettimanale. La tiratura aumenta (supera le 100.000 copie nel 1908) e alla cronaca sportiva viene affiancata l’organizzazione di eventi, soprattutto ciclistici (1909: la prima edizione del Giro d’Italia) e motoristici (ambito in cui vi è una grande influenza del movimento futurista). Le gerarchie in termini di popolarità sportiva sono piuttosto chiare: il ciclismo è di gran lunga lo sport più seguito e dibattuto, con ippica, auto-moto, boxe, lotta, scherma, canottaggio, ginnastica e podismo che riescono comunque a ritagliarsi i loro spazi. La Gazzetta, poi, diventa anche “organo ufficiale del CONI”, con il diritto di pubblicare i comunicati di tutte le Federazioni sportive. I Giochi Olimpici, invece, almeno fino all’edizione di Anversa 1920, non hanno uno spazio rilevante.
Nel gennaio 1912, grazie all’intuizione di Giulio Corrado Corradini, giovane giornalista de La Stampa di Torino, nasce il Guerin Sportivo, un nuovo periodico che si ispira dichiaratamente a due riviste sportive francesi, L’Auto e soprattutto L’Echo De Sports, “una rivista quest’ultima redatta da articoli brevi, con corsivi incisivi e al contempo polemici, oltre a contenere una caricatura del campione di giornata” Come spiegherà Corradini: “L’Italia mancava di un giornale sportivo con caricature anziché fotografie, con idee anziché aggettivi, con secche verità anziché iperboli e pietosi eufemismi. Un giornale leggibile da tutti, e da capo a fondo; senza pretese ma battagliero e divertente, con articoli polemici e brillanti”. Fino agli anni ’90 il Guerino rappresenterà una delle pubblicazioni sportive più innovative (dalle caricature al grande spazio per il calcio internazionale), autorevoli (tra le firme Gianni Brera a Roberto Beccantini) e diffuse (mediamente 100.000 copie settimanali, con il record di 300.000 copie durante i Mondiali di calcio 1982). Poi, la rivoluzione del web determinerà un lento e inesorabile declino di tutto il settore riviste.
Nel frattempo, fino all’inizio degli anni ‘20 il calcio fatica a imporsi. Per quanto possa sembrare incredibile se confrontato con la situazione odierna, ai tempi il football è considerato uno sport minore, con rarissimi spazi nelle prime pagine. L’avvento del regime fascista cambia radicalmente gli scenari. La dittatura mussoliniana punta molto sull’attività fisica e sullo sport come strumento di controllo e consenso delle masse. I successi azzurri ai Giochi Olimpici di Los Angeles 1932 vengono ampiamente celebrati, così come la conquista del titolo dei pesi massimi da parte di Primo Carnera. Il gigante di Sequals, tuttavia, sarà prima esaltato per motivi propagandistici come “uomo più forte del mondo”, per poi essere repentinamente abbandonato dal regime (“dopo la sconfitta nel 1934 contro Max Baer arriva l’ordine ai giornali di minimizzare le notizie degli incontri di Carnera e, in caso di sconfitta, evitarne addirittura la pubblicazione”
[…]
DOVE ACQUISTARE #SIAMOQUESTI
#siamoquesti sarà disponibile, sia in versione cartacea sia in ebook dal 26 maggio 2024 su Amazon. A giugno sarà poi acquistabile in tutti gli store online e ordinabile presso tutte le librerie fisiche.
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LA COPERTINA DI #SIAMOQUESTI
Non era facile sintetizzare attraverso un’immagine il significato del libro. Elena Nilgessi, illustratrice presentatami dall’amica Raffaella, è invece riuscita a farlo in modo straordinario e immediato, progettando e realizzando una copertina a mio parere stupenda. Il trionfo di un atleta (assomiglia vagamente a qualcuno…?), con in mano la bandiera italiana stilizzata che copre/nasconde parzialmente tutti i problemi alla base del nostro sport (impianti in primis).
Per contattare Elena: elenanilgessi [at] gmail.com
Ecco la video-presentazione della copertina di #siamoquesti!
In definitiva, #siamoquesti è un viaggio inedito nei meandri dello sport italiano e del nostro Paese, straordinariamente ricco di paradossi e contraddizioni.