C’era grandissima attesa per la crono sul Monte Lussari di sabato 27 maggio 2023 in quanto la stessa avrebbe decretato il vincitore dell’edizione numero 106 del Giro d’Italia.
In modo particolare, per il duello tra i primi due in classifica chiamati a entusiasmare i tanti tifosi presenti lungo il percorso e quelli che hanno visto la tappa dalla privilegiata postazione del loro divano di casa, come, per l’appunto il sottoscritto.
Cosa mi è piaciuto e cosa non mi è piaciuto.
Lato produttivo: lo sforzo è stato per davvero non indifferente, specie se si tiene conto delle particolari condizioni organizzative in cui si è disputata la cronometro.
Una buona copertura in partenza, l’utilizzo del drone (attenti followers della community di Sport in Media su twitter mi hanno fatto notare che il drone era stato impiegato in Italia al Giro già nel 2020 nella crono di Milano) in un tratto di salita succedaneo a quello coperto da una jimmy jib, un rilevante dispiego di mezzi pure all’arrivo (bella la superslowmo posizionata a poche decine di metri dal traguardo capace di filmare i corridori impegnati in una sinuosa chicane in lieve discesa).
A volere cercare il pelo nell’uovo, mi sarei aspettato una migliore copertura della zona in cui ai ciclisti era data la possibilità di cambiare la bici: non so se vi fosse la possibilità di installare una cable cam (alla stregua di quella posizionata sul vecchio Kwaremont in occasione del Giro delle Fiandre), mentre più semplice sarebbe stato il posizionamento di (almeno) una microcamera in corrispondenza della linea entro la quale si sarebbe dovuta esaurire la spinta dei meccanici per mostrare eventuali infrazioni (non possibile, invece, per ragioni di sicurezza l’impiego di una steadycam o di un gimbal al seguito del ciclista, in quanto l’operatore avrebbe potuto rappresentare un intralcio).
Televisivamente non bellissima, inoltre, l’inquadratura dalla camera che riprendeva i corridori all’arrivo, posizionata su di un cavalletto in un punto in cui la struttura del traguardo copriva la chiesa di Monte Lussari (forse con una seconda jimmy jib il “problema” sarebbe stato risolto, o, almeno in parte, attenuato, ma, lo ripeto, le particolari condizioni della tappa probabilmente non hanno reso possibile una soluzione differente).
Regia e grafiche.
Abbiamo assistito a un Giro d’Italia in cui i (purtroppo) pochi momenti salienti sono stati a mio modo di vedere seguiti senza sbavature di sorta da Gunther Herregodts e da tutto il suo team.
E anche in occasione della cronometro, il canavaccio studiato a tavolino penso sia stato rispettato alla lettera.
Peraltro, nell’ambito di una tappa che, se la memoria non mi inganna, non aveva precedenti dal punto di vista organizzativo (per chi non lo sapesse, infatti, i corridori sono partiti in tre blocchi per dare poi la possibilità alle moto al loro seguito di percorrere il percorso inverso).
Probabilmente, questo modo di lavorare a intermittenza potrebbe avere contribuito a quello che reputo essere stato un errore in cabina di regia, fortunatamente senza conseguenze, causato dalla mancata tempestiva trasmissione – se non in diretta, quanto meno nell’immediatezza – di quello che avrebbe potuto essere l’episodio chiave non solo della tappa, ma addirittura dell’intero Giro, ossia l’incidente meccanico che ha visto protagonista Primoz Roglic.
Attraverso il replay andato poi prontamente in onda (tempestivi, come sempre, gli operatori EVS) ci si è accorti come le immagini siano state staccate in diretta sul ciclista sloveno con almeno 4/5 secondi di ritardo rispetto al momento in cui è occorso il problema alla catena della bici del ciclista sloveno.
A mio avviso, si tratta di uno iato temporale eccessivo, non giustificabile nemmeno dalla “necessità” di mostrare in diretta il concomitante passaggio di Thomas da un rilevamento cronometrico.
E proprio l’assenza di un aggiornamento in diretta dei tempi dei ciclisti che correvano per il podio (non solo della tappa, ma del Giro) ha rappresentato secondo me la pecca più grave a cui abbiamo assistito.
È vero, da un po’ di tempo a questa parte siamo abituati bene: vivo è ancora, difatti, il ricordo degli appassionati di ciclismo della cronoscalata del 19 settembre 2020 a La Planche des Belles Filles, decisiva per la vittoria dell’edizione 2020 de Le Tour de France.
All’epoca, i due sfidanti (sempre Primoz Roglic assieme, quella volta, a Tadej Pogacar) furono seguiti metro dopo metro lungo il percorso della tappa dalla regia francese, che, nell’occasione, non mancò di utilizzare una funzione di divisione dello schermo (in gergo viene chiamato lo split screen) che ci permise di vedere le immagini in parallelo con sovraimpressa in tempo reale la grafica riportante il vantaggio nella classifica virtuale finale.
Ora, si può più o meno essere d’accordo sulla scelta di proporre per meno tempo possibile le immagini dei due corridori affiancate (non percorrendo il medesimo tratto di strada, difatti, il paragone tra le due pedalate può essere più scenografico che tecnico, anche a causa della diversa pendenza del tratto percorso e di tanti altri fattori; la qualità delle immagini, inoltre, è senz’altro inferiore rispetto a quella a schermo pieno), ma, ai nostri giorni, non si può non convenire sul fatto che in cronometro decisive per l’assegnazione di una grande corsa a tappe sul teleschermo debba essere sovraimpresso senza soluzioni di discontinuità il distacco in tempo reale tra coloro che si sfidano per la vittoria di una corsa a tappe.
L’unica giustificazione che mi sono dato (ma che poggia esclusivamente su mie impressioni) è che la particolarità della salita (contraddistinta da numerosi tratti di attraversamento di un bosco di conifere con un fitto numero di alti alberi al bordo della strada) fosse tale da non rendere continua la trasmissione dei dati (o, quanto meno, da disturbarla) attraverso le apparecchiature installate sulle bici dei corridori, preferendo pertanto mettere saltuariamente in onda la grafica solo quando il dato era corretto, piuttosto che far passare in sovraimpressione un dato che, a distanza di pochi secondi, sarebbe variato in misura non irrilevante a causa di possibili “salti” di segnale.
E, in casi come questi, l’aiuto del buon vecchio cronometro manuale sarebbe potuto venire in soccorso: piazzare, difatti, lungo gli ultimi 7,8 km della frazione 3/4 addetti pronti a rilevare (con tutti i limiti del cronometraggio manuale) il passaggio degli atleti in taluni determinati punti dell’ascesa (beninteso tra i tre intermedi dislocati in 7 km) avrebbe probabilmente contribuito ad avere dati aggiornati (pur se non precisi al centesimo) permettendo così a noi telepcspordipendenti (e agli stessi telecronisti) di non essere costretti ad attendere il momento del transito del ciclista dall’intermedio ufficiale per conoscere l’esatto distacco tra i corridori.
Sia chiaro: stiamo pur sempre parlando di un’attesa di qualche minuto, ma quando il telepcsportdipendente viene “viziato”, poi, inizia ad avere delle pretese, anche se le stesse, molto spesso, potrebbero non essere compatibili con una serie di esigenze dettate dall’organizzazione dell’evento.
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
Da giugno 2024 ha lanciato Breaking News Ultra Slow-Mo uno spazio per parlare in tempo reale e in modo telegrafico di telecamere particolari, di grafiche innovative, di novità delle produzioni televisive.