Imponente e sontuosa è stata a mio avviso la produzione televisiva dei mondiali di Rugby che si sono appena conclusi in Francia.
Sontuosa, innanzitutto, per il numero delle telecamere impiegate per la ripresa di ogni singolo match, numero che è progressivamente cresciuto durante la competizione: si è passati, difatti, dalle 25 telecamere per gli incontri della fase a gironi alle 33 telecamere schierate per i quarti di finale, alle 38 per le semifinali e per la finale per il terzo posto, fino ad arrivare a ben 39 telecamere per la finale disputatasi sabato sera culminata con l’emozionante vittoria del Sudafrica.
Sontuosa anche, e soprattutto, a mio modo di vedere, per la qualità dei mezzi impiegati per le riprese di ogni singolo incontro: tra gli altri, un’aereal cam in ogni stadio, un drone per le riprese al di fuori dello stadio, nonché le telecamere con ottica cinematografica diffuse ormai in ogni tipo di importante produzione televisiva capaci di mostrare immagini sfocate con il classico effetto bokeh.
Partiamo dalla camera aerea vale a dire quella telecamera sorretta da quattro cavi ancorati sui quattro angoli dell’impianto capace di muoversi a 360 gradi all’interno dell’impianto: due, in particolare, sono stati gli utilizzi di questa telecamera che ho particolarmente apprezzato.
Il primo, rappresentato dal suo posizionamento durante l’esecuzione degli inni nazionali alle spalle dei giocatori, rivolti verso la tribuna principale dell’impianto.
Questa inquadratura, a mio modesto avviso, permette al telepcsportdipendente di scendere per davvero in campo, in quanto ha la possibilità di vedere ciò che vedono gli atleti in uno dei momenti più emozionanti che precede l’inizio delle ostilità.

Un’inquadratura, in Francia, realizzata attraverso la camera “aerea” (ma grazie all’ausilio della telecamera “a spalla” che stazionava sul lato opposto alla tribuna principale), ma che, secondo me, può essere ottenuta anche spingendo dietro gli atleti l’operatore della steadycam RF (quella con il cavo, difatti, sarebbe più brigosa).
Un qualcosa che alle nostre latitudini abbiamo avuto la possibilità di vedere (ovviamente, per ora, soltanto) in una partita di calcio, vale a dire, se la memoria non mi inganna, durante la finale di coppa Italia del 2021, ma che non escludo (anzi spero) sia possibile (ri)vedere anche in un futuro più o meno prossimo alle nostre latitudini (sempre in ambito calcistico) anche grazie all’impiego sempre più diffuso del gimbal ovvero (e mi spingo veramente in là) del drone all’interno dell’impianto di gioco (come abbiamo visto, ad esempio, seppur in nuce, a Verona durante il penultimo turno della Serie A).
Operata questa breve digressione per la quale gli amanti del rugby mi vorranno perdonare, il secondo utilizzo della camera aerea che ho gradito è stato quello che abbiamo visto durante i calci piazzati: pure in questa circostanza i registi ci hanno mostrato un punto di vista molto prossimo a quello dell’atleta impegnato nel tentativo di trasformazione.
Ma non solo: questa inquadratura veniva poi spostata per seguire la traiettoria del pallone in modo che ogni telepcspordipendente avesse a disposizione l’angolatura migliore per capire le reali possibilità di trasformazione del calcio.

Al drone, invece, erano affidate le riprese dello stadio dall’alto (il suo utilizzo, sempre più diffuso, si sposa alla perfezione con la sempre maggiore necessità di ridurre l’inquinamento atmosferico provocato da un elicottero), mentre le Sony FX3 garantivano le riprese cinematografiche dei giocatori (anche al loro arrivo all’impianto di gioco) con il pubblico sfocato sullo sfondo.
Completavano il camera plan, tra le tante, una steadycam a RF (posizionata sul lato principale) e (come dianzi esposto) una telecamera “a spalla” che stazionava lungo la linea opposta del campo, impiegate entrambe per mostrare le touches e/o ciò che accadeva nelle loro vicinanze.

Particolare, invece, anche se ormai “classica”, la tripartizione dello schermo apparsa in occasione dell’intervento del TMO: sul lato sinistro, l’immagine oggetto di revisione, mentre su quello destro il teleschermo suddiviso a metà in maniera da cogliere le espressioni, ascoltando nel contempo i dialoghi, fra il TMO e gli ufficiali in campo.

E per quel che concerne le grafiche?
Anche il rugby, secondo me, ha risentito dell’influenza di quelle che chiamo “gamizzazione” delle grafiche televisive, vale a dire quel processo che porta sempre più queste ultime ad assomigliare alle grafiche dei videogiochi.
In particolare, in Francia, abbiamo visto durante le presentazioni delle formazioni delle due squadre le informazioni salienti relative ai giocatori racchiuse all’interno di una sorta di “card”.

Ho altresì trovato davvero interessante la grafica che veniva sovraimpressa pochi istanti prima di un calcio piazzato: in pochi istanti il telepcsportdipendente aveva, difatti, la possibilità di conoscere in tempo reale la distanza del punto di battuta dai pali, l’angolo di calcio, la probabilità di trasformazione, ma anche, in maniera intuitiva, i punti in cui erano stati posizionati i calci di trasformazione calciati in precedenza (un menù a tendina che scendeva a scomparsa dallo scoreboard completava la grafica con l’indicazione dei secondi ancora a disposizione per calciare).

Last, but not least, infine, il cosiddetto “momentum tracker”, cioè quella grafica realizzata attraverso gli algoritmi di intelligenza artificiale capace di analizzare tramite i dati raccolti nel corso della gara la spinta delle due squadre minuto dopo minuto, associandola agli eventi salienti occorsi durante la contesa.

I mondiali di rugby hanno rappresentato l’ultimo dei grandi (nel senso di mediaticamente seguiti all’interno della nostra penisola, perché di assoluto rilievo, anche se con meno seguito alle nostre latitudini, si sono disputati anche i mondiali di badminton, ma, soprattutto, quelli di cricket attualmente in corso in India) appuntamenti sportivi a squadre che si sono tenuti a partire dal mese di luglio, dopo i mondiali di nuoto, gli europei di pallavolo (femminile e maschile), inframezzati dai mondiali di atletica leggera e di basket.
A livello di produzioni televisive e di grafiche esiste un comune denominatore fra le produzioni di tutte queste competizioni?
Secondo me sì, in quanto notevoli sono i tratti comuni che abbiamo avuto la possibilità di gustare dalla privilegiata postazione del nostro divano di casa e che ormai si sono diffusi a macchia d’olio in tutte le principali competizioni sportive internazionali, ma anche nazionali, fortunatamente: utilizzo di camere aeree, dei droni, ma anche, e soprattutto, di immagini con effetto sfocato che arrivano sa fotocamere montate sui gimbal, sulle quali vengono sovraimpresse grafiche sempre più realizzate grazie agli algoritmi di intelligenza artificiale.
Con un unico obiettivo: portare il telepcspordipendente sempre più dentro all’evento che sta seguendo, rendendolo, aggiungo io, autonomo il più possibile rispetto al commento tecnico (imprescindibile a mio avviso).
Stay tuned!
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
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