Mettendo a disposizione dei lettori di questa rubrica la sua pluridecennale esperienza, nella prima parte della nostra chiacchierata Francesco Simula mi ha raccontato alcuni interessanti dettagli sul modo in cui vengono effettuate le riprese in movimento delle corse ciclistiche, sulle differenze fra la scuola di ripresa italiana e quella francese e sulle ricadute di queste diversità circa i materiali utilizzati nonché il modo di filmare le tappe.
In relazione a quest’ultimo aspetto, non può non influire il rapporto fra l’operatore di ripresa e il (proprio) pilota, che, per poter far parte della crew al seguito di competizioni di questo calibro è tenuto ad avere particolari abilità nella guida della moto.
“Tra le tante cose di cui mi occupo c’è anche la formazione e la selezione per la RAI di piloti e operatori di ripresa al termine di un apposito corso, il cui esame finale si tiene presso il circuito di Anagni alla presenza di volontari ciclisti che pedalano lungo il percorso ripresi da aspiranti piloti e operatori di ripresa. Un lavoro, quello di formazione, decisamente complesso, che permette, però, di sfornare professionisti di alto livello, che rappresentano un prezioso patrimonio per la RAI”.
E, mi chiarisce subito Francesco, il mestiere del pilota è probabilmente più complesso rispetto a quello dell’operatore delle riprese in movimento:
“Occhi e orecchie devono essere attenti a tutto ciò che Ti circonda: devi stare attento ai ciclisti, alle ammiraglie, ai vari mezzi di soccorso, ma anche, e soprattutto, alle tante persone che sono presenti lungo il tracciato, le quali, purtroppo, con il passare del tempo sono sempre più intente a riprendere la gara coi telefonini o a volersi far riprendere dalle telecamere che a stare attente a non intralciare i ciclisti. In parallelo, occorre evadere le richieste che vengono fatte dalla giuria, stando ben attento a non violare il regolamento della competizione che non deve essere compromessa da manovre imprudenti, non consentite, o azzardate. Il tutto, mentre sei in movimento e mentre sei tenuto a soddisfare le particolari richieste dell’operatore di ripresa”.
Un rapporto, quello fra pilota e operatore di ripresa, che deve pertanto essere caratterizzato da un feeling elevatissimo:
“Nel corso degli anni mi sono sempre più convinto che una buona riuscita di una ripresa può essere possibile solo grazie all’amalgama che si crea fra pilota e operatore: ecco perché di solito decidiamo di creare coppie fisse. Solo in tal mondo, difatti, si può creare quella sintonia che consente al pilota di sapere quel che vuole l’operatore per poterlo così mettere nella condizione di fare un determinato tipo di ripresa finalizzata a un racconto cinematografico della corsa. A me, ad esempio, piace costruire le sequenze di immagini, raccordando i movimenti con l’obiettivo di costruire una determinata immagine: se stiamo seguendo due corridori, e uno di essi si stacca, mi piace far vedere il primo che si sfila, aspettare quello che si è staccato, dopo di che far rallentare la motocicletta al fine di far transitare il secondo, per riprenderlo da dietro in maniera da riuscire a inquadrare dal di dietro il primo. E questo è possibile solo se il motociclista mi permette di creare ciò che sa che vorrei realizzare. Ecco perché, in genere, le coppie pilota-operatore sono fisse”.
Anche al pilota, quindi, come all’operatore viene chiesta capacità di adattamento e notevole versatilità, dovendo contribuire a soddisfare le esigenze che gli arrivano da più parti.
“Non solo quelle dell’operatore di ripresa”, prosegue Francesco, “con cui la comunicazione è sempre aperta per ovvie ragioni di sicurezza, ma anche quelle provenienti dagli altri colleghi al seguito del gruppo, dagli operatori che viaggiano sugli elicotteri, nonché, ovviamente, dalla medesima cabina di regia. Ed è proprio tramite le comunicazioni costanti, che sono possibili per il tramite di appositi pulsanti, molto spesso andiamo a variare la strategia pianificata prima dell’inizio di ogni tappa anche al fine di coprire la corsa a seconda di quanto accade momento dopo momento anche tenendo conto della nostra esperienza. Ti posso assicurare, Wenner, che all’interno dei nostri caschi passano in continuazione comunicazioni di servizio e ogni tipo di informazione e direttive legate alla gara: se uno non è abituato, quel casco lo indossa solo per pochi minuti perché dopo un po’ Ti scoppia letteralmente la testa”.
Al pilota, pertanto è richiesto un livello elevatissimo di concentrazione:
“Per comprendere il livello estremamente elevato dei piloti al seguito delle corse ciclistiche come, ad esempio, il Giro d’Italia, basti pensare che in queste ultime due edizioni (che non sono state prodotte dalla RAI, bensì da EMG: n.d.r.) sono stati impegnati ex piloti della Parigi-Dakar o ex campioni del mondo di ciclocross, dotati, cioè, di particolari abilità nella guida. Avere la possibilità di portare a bordo un operatore di ripresa rappresenta il culmine del percorso, che inizia con il guidare la moto su cui salgono giornalisti, commentatori tecnici, ex ciclisti, i cui consigli, peraltro, sono molto utili nella formazione dei nuovi piloti”.
Il tutto guidando una moto che, da sola, pesa oltre 500 kg:
“Solitamente la moto pesa mezza tonnellata, un peso però sbilanciato nella sua parte posteriore, ove sono installate le apparecchiature per le trasmissioni audio, video, i vari GPS e le antenne che ci permettono di diffondere il segnale in diretta, nonché, da qualche anno, una sorta di zainetto contenente un trasmettitore con schede telefoniche che serve quando il segnale della trasmissione è debole o non è possibile erogarlo per il tramite degli ordinari mezzi riservati alle riprese, come in caso di maltempo. E, poi, Wenner, non Te lo dimenticare: a bordo c’è un operatore di ripresa che lavora in piedi su due staffe, il che complica, e non di poco lo stile che deve essere impiegato nella guida richiedendo particolari e continui equilibrismi”.
Immagino che la parte più complicata sia il controllo delle moto durante le discese dai passi dolomitici:
“Sì Wenner, è proprio così: passare da una velocità di quasi 100 km/h a 10-15 km/h in pochi secondi per affrontare una curva, per poi rilanciarsi a inseguire il corridore, che in curva, è più veloce, è tutt’altro che semplice – specie quando la strada è bagnata a causa della pioggia – in quanto il pilota è costretto a fare un continuo elastico tenendo una giusta distanza per far effettuare le riprese a un operatore che cerca di assecondare i movimenti della moto, ma che inevitabilmente si muove in continuazione. Non ci crederai, ma anche gli arrivi in volata nei centri delle città sono estremamente complessi, perché il pilota è costretto a guidare tra pozzetti, strade lastricate, sopra strisce pedonali, sempre in totale sicurezza per lui, per chi porta a bordo, ma, soprattutto, per i ciclisti e le tante persone che seguono la gara. Negli arrivi in volata, inoltre, la tensione è altissima, perché basta un nonnulla per innescare una caduta oppure influire, involontariamente, sia chiaro, sull’esito della tappa. Tra le tante cose, il pilota deve anche non dare dei vantaggi ai ciclisti che lo cercano in continuazione per sfruttare la scia delle moto. Al termine di queste frazioni è opportuno lasciar decantare l’adreanalina che raggiunge livelli estremamente elevati”.
“In sintesi”, conclude Francesco, “il rapporto che si instaura tra di noi deve essere di estrema fiducia, associata a un pizzico di coraggio superiore alla media. Non è un mestiere per tutti, lo ribadisco, poiché non tutti riescono ad arrivare a questi livelli, proprio a causa delle particolari abilità che vengono richieste. Ma, senza i nostri piloti, non riusciremmo a effettuare le riprese che si vedono in televisione, per cui non posso che ringraziarli per ciò che fanno, ammirando la loro professionalità, prima ancora che la loro abilità.
E un grazie, in particolare, non può non andare a Nazzareno Agostini, il pilota con cui lavoro dal 2004”.
Il mio, di grazie, invece non può che andare a Francesco, per la disponibilità che mi ha manifestato nel corso di queste settimane durante le quali ha comunque seguito il Giro occupandosi delle riprese agli arrivi delle varie tappe dell’edizione 106.
Il suo nome era già da tempo annotato sul mio personalissimo cartellino.
Ad maiora Francesco.
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
Da giugno 2024 ha lanciato Breaking News Ultra Slow-Mo uno spazio per parlare in tempo reale e in modo telegrafico di telecamere particolari, di grafiche innovative, di novità delle produzioni televisive.