Una settimana fa ci eravamo lasciati con Federico che era pronto a raccontare ai lettori di questa rubrica qualche dettaglio in più sull’attrezzatura che utilizza ogni fine settimana per riprendere le partite di calcio della Serie A.
Come promesso, quindi, ripartiamo da dove avevamo interrotto la nostra chiacchierata.
“Sopra al gimbal, di mia proprietà, è collocata la fotocamera. Inoltre monto anche un monitor che mi consente di vedere molto meglio le immagini, anche grazie alla griglia che utilizzo che mi permette di essere più preciso nell’applicazione della cosiddetta regola dei terzi. Sempre grazie al monitor riesco a verificare in maniera più semplice se l’immagine sia o meno a fuoco. Devi sapere, difatti, Wenner, che avevo iniziato a lavorare con la messa a fuoco automatica, per poi passare a quella manuale. La ragione è molto semplice: a causa dell’imprevedibilità delle azioni, o dei movimenti casuali delle persone a bordo campo, può capitare che mentre stai filmando una determinata cosa, una persona o un giocatore passi davanti l’obiettivo e a causa della estrema sensibilità delle fotocamere che vengono utilizzate il fuoco si perde. Una cosa che è molto brutta all’occhio umano e che, giustamente, non piace ai registi, prima ancora che a noi operatori”.
Molto interessante (anche) questo aspetto per cui chiedo a Federico di entrare un po’ più nel dettaglio:
“Nella versione pro della rotazione dello stabilizzatore viene dato all’operatore un motorino con un ingranaggio, che si può collegare con una ghiera che viene installata sopra l’anello del fuoco dell’obiettivo e tramite una manopolina collocata nella maniglia dello stabilizzatore l’operatore è in grado di regolare il fuoco manuale. All’inizio ho trovato una difficoltà incredibile nell’usare la messa a fuoco manuale, tenendo conto che dovevo anche muovermi in continuazione. Poi, con il passare del tempo sono riuscito a trovare i giusti equilibri che permettono di offrire immagini più pulite e precise”.
Una scelta, quella di Federico, non casuale, ma dettata principalmente da un episodio occorsogli un annetto fa:
“Prima di Juventus-Inter della stagione 2021/22 era stata programmata l’esibizione di Gaia e Kateryna Pavlenko, che avrebbero dovuto trasmettere al mondo intero in un momento senz’altro particolare un messaggio di pace, cantando Imagine di John Lennon.
Il mio ruolo era quello di seguirle frontalmente per portarle fino al centro del campo.
Mancavano circa 30 secondi al momento in cui sarei stato messo in onda, un qualcosa visto in diretta da decine di milioni di persone in tutto il mondo in un contesto davvero particolare.
All’epoca usavo ancora la messa a fuoco automatica, quando all’improvviso ho perso il fuoco.
Panico, anche perché mancava veramente poco e non mi potevo permettere di proporre alla regia un’immagine sfocata. Se, da un lato, in quegli istanti ho avuto la sensazione di non avere il controllo della macchina fotografica, dall’altro lato, mi sono adoperato senza nemmeno sapere come per risolvere il problema spingendo quanti più tasti possibili…e, pochi secondi prima che Giorgio Galli staccasse su di me, l’immagine era perfetta.
Da quel momento in poi, ho deciso di non utilizzare più la messa a fuoco automatica: delle due preferisco sbagliare io la messa a fuoco che non poter intervenire su di una messa a fuoco automatica”.
Ha le idee chiare il ragazzo, nonostante si sia affacciato in questo mondo poco più di un anno fa, arco di tempo durante il quale ha già avuto modo di fare una serie di esperienze ad altissimo livello.
“Ho avuto la fortuna di avere avuto la possibilità di lavorare assieme a tanti professionisti disponibili che mi hanno aiutato a crescere sia da un punto di vista professionale, ma, soprattutto, a livello personale, facendomi tutti capire fin da subito che questo lavoro va affrontato con tanta professionalità, ma, principalmente, con l’umiltà che non deve mai mancare. Mi sono trovato a poco più di 20 anni dentro ai più importanti stadi italiani a stretto contatto con gli idoli di milioni di persone: ma cerco sempre di tenere la testa bassa, perché il livello è molto alto e devo imparare a sbagliare il meno possibile.
E penso che solo crescendo con questa mentalità si riesca ad arrivare il più in alto possibile. E la mia aspirazione è quella non solo di essere più preciso possibile nel filmare un incontro, ma far sì che tramite le immagini che riprendo le persone si emozionino”.
Approfittando della disponibilità di Federico gli chiedo qual è il peso che si deve portare a spasso durante la partita e qualche dettaglio in più sulle fotocamere che monta sul gimbal:
“Il gimbal, completo di fotocamere e di monitor, pesa tra gli 8 e i 9 kg, a cui, però, bisogna aggiungere quelli dello zaino che indosso, contenente il trasmettitore radio e una batteria, per altri 4/5 kg.
Solitamente si prediligono le Sony mirrorless capaci di dare un effetto maggiore di sfocato, un effetto bokeh molto accentuato. Generalmente utilizzo la Sony FX 3, una camera cinematografica”.
Il tempo passa inesorabile e ci avviamo alla fine anche di questa seconda parte della chiacchierata con Federico, a cui non posso non chiedere qual è stato il momento più emozionante che fino a oggi gli è capitato di vivere durante le riprese di una partita di calcio:
“Il 3 aprile 2022, quel prepartita di Juventus-Inter: c’era un’atmosfera impressionante. L’emozione provata in quel momento è stata davvero particolare non solo per il problema con la messa a fuoco. È stato l’unico momento in cui sono riuscito a percepire anche l’atmosfera che mi stava avvolgendo perché era talmente speciale che è riuscita a fare breccia nella concentrazione, che ci permette di rimanere focalizzati sul nostro lavoro senza lasciarsi coinvolgere da quel che accade intorno a noi”.
È giovane Federico, ma è già molto determinato avendo nel contempo le idee molto chiare sul suo lavoro.
Ma quel che mi ha più volte impressionato in questa nostra lunga chiacchierata è l’umiltà, prima ancora della passione, che ho percepito in un ragazzo di poco più vent’anni che cerca di crescere imparando dai propri errori consapevole di dover sempre tenere la testa bassa.
E non è semplice imbattersi in millenials che ragionano come lui, senza montarsi la testa sebbene a poco più di vent’anni gli venga chiesto di contribuire a tracciare nel nostro paese la strada a un nuovo metodo di ripresa, calcando palcoscenici prestigiosi come gli stadi di Torino, Milano, Monza, Bergamo e Cremona a stretto giro con gli idoli di milioni di tifosi.
Tenete a mente anche il suo di nome.
Io me lo sono già segnato nel mio personalissimo cartellino.
Ad maiora Federico.
E grazie, di cuore, per le emozioni che mi hai raccontato e che ho cercato di trasmettere ai lettori di questa rubrica.
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
Da giugno 2024 ha lanciato Breaking News Ultra Slow-Mo uno spazio per parlare in tempo reale e in modo telegrafico di telecamere particolari, di grafiche innovative, di novità delle produzioni televisive.