È uno degli operatori che (nonostante la giovane età) sta contribuendo – assieme a qualche altro coetaneo collega – a fare da apripista nel nostro paese a una nuova modalità di ripresa degli eventi sportivi, che abbiamo la possibilità di vedere in un numero sempre più crescente di competizioni.
In Italia, per ora, viene impiegata soltanto in alcune partite del campionato di calcio di serie A, e, sperimentalmente, in partite di basket, mentre all’estero, in occasione della stagione degli sport invernali che si è appena conclusa, l’abbiamo vista più volte all’opera riprendere gli atleti una volta tagliato il traguardo.
È con Federico Comoglio che ho avuto la possibilità, prima ancora che, come sempre, il privilegio di chiacchierare.
21 enne di Montanaro, un piccolo comune della città metropolitana di Torino, Federico fa parte da poco più di un anno delle crew che producono le partite di calcio della massima serie e si occupa delle riprese attraverso il gimbal.
Una passione, quella di Federico, per le riprese, cresciuta con il passare degli anni: fin dal tempo della scuola media, difatti, nel tempo libero si dilettava nel montaggio dei video e nella cura degli aspetti grafici per poi frequentare un percorso di studi presso un ITIS di grafica e comunicazione durante il quale si è sempre più avvicinato all’aspetto tecnico delle riprese.
Finiti gli studi, si è poi proposto a un team di ragazzi che curavano le riprese di sport equestri, iniziando a fare l’operatore di camera, dopo di che, sfruttando la sua “esperienza” nelle riprese tramite il gimbal, si è avvicinato al mondo delle produzioni delle partite di calcio in tv, che, a inizio 2022 erano alla ricerca di operatori capaci di effettuare le riprese per il tramite di uno stabilizzatore elettronico.
“Stavano selezionando operatori disponibili a muoversi in continuazione per proporre alla regia immagini da quanti più punti di ripresa possibili. Ebbene mi sono lanciato in questo mondo anche se pensavo di essere troppo giovane per quello che mi sarebbe stato richiesto, alla luce della mia poca esperienza nel settore delle produzioni degli eventi sportivi televisivi. Peraltro, fin dall’inizio mi sono reso conto, purtroppo, che la mia (pur specifica) formazione scolastica non sarebbe stata sufficiente ad agevolare il mio lavoro, perché, se è vero che conoscevo lo stabilizzatore e il tipo di ripresa che avrei dovuto proporre, è altrettanto vero che non ero a conoscenza di tutti quegli aspetti di carattere pratico che non vengono spiegati sui banchi di scuola, come, ad esempio, gli “stacchi in onda”, il “running order” che deve essere rispettato al secondo (ossia le tempistiche che cadenzano la produzione di ogni evento sportivo: n.d.r.), le posizioni delle varie telecamere, e dinamiche di questo tipo”.
Alle inevitabili difficoltà iniziali di carattere operativo si è affiancata la necessità per Federico di imparare a farsi conoscere dai vari registi:
“Essendo un operatore molto giovane”, prosegue Federico, “giustamente i registi hanno avuto bisogno di molto tempo prima di fidarsi di me, perché devono conoscerti e comprendere qual è il tuo modo di esprimere le emozioni tramite le immagini. Di conseguenza c’è voluto un po’ di tempo associato a un grande sforzo da parte mia, perché mi sono trovato in un contesto in cui c’è bisogno di molta esperienza, in assenza della quale, ho cercato comunque di mettermi al medesimo livello degli altri operatori, il che mi ha fatto crescere davvero tanto”.
E mi viene da chiedere qual è il segreto, secondo Federico, per crescere qualitativamente così in poco tempo?
“Mi sono reso conto che occorre avere una sorta di skill di adattamento, cioè se ti manca una competenza, devi cercare di creartela: mi sono capitate situazioni in cui si è verificato un determinato problema e il problem solving è fondamentale”.
E anche Federico mi conferma quanto mi aveva raccontato Alessio Giacomo Farese:
“Al di là delle difficoltà iniziali, e al netto degli errori commessi, che mi sono stati fatti giustamente notare in vista di una mia crescita professionale, si conosceva poco il tipo di ripresa che mi veniva richiesto, quindi, a volte, mi trovavo io a dover proporre una inquadratura, tracciando così un solco per una nuova modalità di ripresa. Una bella responsabilità, ora che ci ripenso”.
Una modalità “giovane” di ripresa, dunque, affidata a un giovane, che Federico mi segnala essersi comunque evoluta in questo anno e mezzo:
“All’inizio della mia esperienza, mi limitavo a stazionare nei pressi delle panchine inquadrando tutti coloro che si avvicinavano alla telecamera. Poi, con il passare del tempo, l’utilizzo del gimbal è variato a seconda dello standard della partita. In caso di match rientranti in uno standard B o C, mi muovo il più possibile per cercare di filmare da quegli spazi che non sono coperti da altre telecamere. Viceversa, nei match di standard A, nei quali sono impiegate più telecamere, non è necessario muoversi così tanto perché le riprese sono comunque garantite anche da altre telecamere, per cui mi posso concentrare sulla ricerca del particolare. Se preferisco le gare di standard A o quelle di standard inferiori? Beh, se devo essere sincero, in quelle di standard B o C ci sono più possibilità che venga messa in onda un’immagine da me ripresa, quindi, in caso di errore ho la possibilità di rimediare, cosa che non accade nelle gare di standard A, nelle quali le riprese in diretta dal gimbal sono più sporadiche e, di conseguenza, il rischio di non riuscire a compensare un precedente errore è più elevato”.
Federico, così come ogni altro suo collega che utilizza il gimbal (in Italia sono 5/6 gli operatori specializzati nelle riprese delle partite di calcio attraverso lo stabilizzatore elettronico), ha lavorato nel corso di questi quasi due anni anche per trovare il giusto “settaggio” della attrezzatura che utilizza:
“Ho un tipo di configurazione che mi porta a tenere lo stabilizzatore in mano, che, se da un lato è senz’altro abbastanza faticoso, dall’altro lato mi permette di proporre inquadrature diverse. Ad esempio, una che uso tantissimo è la carrellata dal basso, che, di fatto, può essere proposta solo tramite il gimbal. Una ripresa lenta, ma precisa, cercando di tenere il più possibile il soggetto al centro dell’inquadratura. Il bello, Wenner, è quando ho la possibilità di confrontarmi con altri colleghi: mi rendo conto che ognuno di noi ha i propri metodi, diverse tempistiche per cercare tutti di offrire immagini più spettacolari possibili”.
Inoltre, mi fa presente Federico “per l’operatore di gimbal è fondamentale muoversi tanto durante la partita, in quanto più riesci a proporre, più ci sono possibilità che l’inquadratura venga apprezzata e vada in onda. Nelle partite di standard B e C, quando, ad esempio viene assegnato un calcio di rigore, mi fiondo dietro la porta perché tramite il gimbal (molto più leggero e meno ingombrante di una steadycam) si riesce a cogliere un punto di ripresa che non è coperto da alcuna altra telecamera. Il segreto, Wenner, è macinare metri su metri su metri per cercare di fornire quanti più possibili punti di ripresa”.
E com’è composta l’attrezzatura che manovri?
“Te ne parlo settimana prossima, se Ti va!”
Se va? A me?
Starei ore a sentire parlare persone come Federico…
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
Da giugno 2024 ha lanciato Breaking News Ultra Slow-Mo uno spazio per parlare in tempo reale e in modo telegrafico di telecamere particolari, di grafiche innovative, di novità delle produzioni televisive.