Se per una buona parte degli addetti ai lavori la giornata di lunedì 24 maggio 2021 andrà dimenticata (e in fretta), per una persona, appassionata di ciclismo, ma addetta ad altri lavori, il giorno di Pentecoste del 2021 rimarrà evidenziato nel proprio calendario con un bel circoletto rosso.
Per una volta, in questa rubrica, non parlo di coloro che per professione ci consentono di assistere a un evento sportivo da quella che definisco la privilegiata posizione del nostro divano di casa, ma di una persona che fa altro nella vita e che per un giorno ha permesso a noi telespettatori di vedere in diretta quel qualcosa che i broadcaster non sono riusciti a trasmettere live.
Questa, è la storia di Igor Tavella, quarantaquattrenne che vive a Badia, un piccolo comune della provincia autonoma di Bolzano popolato da poco meno di 3.500 anime, come mi segnala Igor durante la nostra chiacchierata.
Igor, di mestiere, gestisce assieme alla sua famiglia, la Ustaria Posta, un albergo di cui a Badia si parla dal 1877, ed ha come grande passione il ciclismo, in tutte le sue forme e declinazioni.
Quel ciclismo, che da bambino odiava, ma che in famiglia il padre gli faceva respirare, mentre lui non vedeva la voglia di tornare a casa per giocare con i mattoncini della Lego, sognando di diventare un disegnatore di fumetti.
Fino a quando, a quindici anni si innamorò del Ciclocross che ha anche praticato a livello agonistico, vincendo peraltro il titolo nazionale e vestendo più volte la maglia azzurra in competizioni internazionali.
Ma torniamo alla mattina del 24 di maggio, un giorno in cui Igor aveva in mente di andare, assieme al figlio (tutti e due rigorosamente in bici, dato che secondo Igor “una giornata senza un giro in bici è insoddisfacente e lascia una sorta di vuoto”), a vedere con i propri occhi il tappone dolomitico del 104mo giro d’Italia, dapprima sulle prime rampe del passo Fedaia, dopo di che sui tornanti finali del Passo Giau, sfruttando il percorso più ampio che avrebbero effettuato i corridori.
Sennonché, come spesso accade, i programmi della sera non fanno il paio con quelli della mattina, specie se al risveglio piove e fa freddo, condizioni metereologiche che inducono in un primo momento Igor a desistere, per una volta, dal vedere il passaggio dei corridori vicino casa, non in prima fila, ma davanti la televisione, sul proprio divano.
Ma, com’è noto, un genitore non può non mantenere una promessa fatta la sera prima al proprio figlio, specie quando il piccolo Rafael lo esorta ad uscire di casa “per andare a fare il tifo per i corridori dato che per loro oggi è difficile”.
Igor non ci pensa su due volte e sale con lui su in cima, oltre alle nuvole, fino all’ultimo tornante del Passo Giau per assistere al passaggio del lungo serpentone di corridori.
Arriva in anticipo, ben due ore prima del transito della carovana, sotto una fitta nevicata, decisamente inusuale per il periodo, con la neve che si deposita su quella (tanta) ancora presente ai bordi della strada, sulla quale, viceversa, non attacca (per fortuna, mi dice Igor, perché, conoscendo quei posti, “se avessero beccato la neve su tutti e tre i passi per i ciclisti sarebbe stata una vera e propria odissea”).
Fa freddo e, da appassionato di elettronica (Vi invito a seguire il suo profilo Instagram igortavella, ove carica foto spettacolari e video epici che lo ritraggono ripreso da un drone sulle creste delle dolomiti) per ingannare il tempo inizia a fare qualche storia su Instagram, per far vedere, specie ai suoi clienti, dove si trova.
I più affezionati di loro, seduti dinanzi alla tv, gli fanno presente che le immagini in diretta della tappa non passano in televisione, perché la torre di controllo di Venezia non ha consentito all’aereo ponte e agli elicotteri di levarsi in volo a causa delle condizioni metereologiche avverse, invitandolo a fare una diretta per consentire loro di vedere (in diretta) il passaggio dei corridori su quella che sarà la cima Coppi del 104mo Giro d’Italia.
E così Igor decide di iniziare una diretta Instagram, una lunga diretta che diventa virale, al punto che, da poche decine, gli spettatori diventano diverse centinaia: Igor inizia così con il riprendere (quel che si vede de) il panorama, poi, piano piano, i veicoli che precedono la corsa e, finalmente, la maglia rosa Egan Bernal (che la indossava sotto la mantellina e che di rosa aveva solo il caschetto), il primo a transitare in solitudine ai 2236 metri del passo Giau (Jof de Giau in ladino fodom; Suogo de Jou in ladino ampezzano).
Ma non ci si può limitare a riprendere i primi corridori, in una giornata epica come questa, va fatta vedere la fatica e lo sforzo di coloro che il 24 maggio devono portare a casa la pelle, arrivando a Cortina entro il tempo massimo, quei corridori che incita di volta in volta lungo una diretta che dura oltre mezz’ora, dal primo, la maglia rosa, all’ultimo passato dinanzi al suo obiettivo, il francese della Groupama-FDJ Rudy Molard, che ha poi tagliato il traguardo di corso Italia a Cortina dopo circa una mezz’ora dal vincitore di tappa.
Il giorno dopo, di Igor, si parla in tutti i media, non solo in quelli locali: gli viene attribuito il ruolo di “reporter improvvisato”, di “videoreporter involontario”.
A me, invece, piace definirlo come un appassionato di ciclismo, il quale, mosso da una grande passione per le due ruote, non ha esitato ad accontentare una promessa fatta al figlio, consentendo nel contempo a centinaia (forse migliaia) di spettatori di assistere in diretta a ciò che le emittenti televisive non riuscivano a trasmettere, nonostante il non indifferente divario fra i rispettivi mezzi a disposizione: un semplice telefonino, per Igor; telecamere sofisticate e di ultima generazione per coloro che la corsa la stavano riprendendo per professione, ma che non potevano far vedere in diretta ciò che riprendevano semplicemente perché il meteo si era messo di traverso.
E in un momento storico come questo, in cui si discute, e tanto, di diritti televisivi, di immagini in esclusiva di un evento sportivo, di particolari tipi di riprese, gli sforzi economici dei broadcaster sono costretti a cedere il passo alla volontà di madre natura, la quale, almeno sulla carta, può consentire, a ciascuno di noi, almeno un giorno, di sostituirci ai colossi delle riprese, per far vedere al mondo intero le immagini che loro non sono stati in grado di divulgare.
Così come è capitato a Igor, il 24 di maggio del 2021, in giorno, in cui, a pochi chilometri da casa, è passato casualmente alla storia, sfatando, per una volta, quella famosa locuzione latina che mi ricorda poco prima di salutarci: “nemo propheta in patria (sua)”.
“Danke Igor, auf wiedersehen”, anzi “Giulan Igor y a s’udëi”, il medesimo saluto, in ladino, come mi ha insegnato Igor!
Stay tuned
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”.