Una finale scudetto è un evento.
È un qualcosa che non può non piacere a un appassionato di Sport.
A prescindere dalla disciplina e dalla squadra per cui tifa.
Un qualcosa che non tutti si possono permettere di vedere dal vivo.
Figuratevi, allora, quel che può aver provato un appassionato di Sport (in tv) come il sottoscritto, che ha avuto la possibilità di vedere con i propri occhi quella grande macchina organizzativa all’opera per la produzione televisiva di un evento sportivo di assoluto rilievo come una delle gare della finale scudetto della pallavolo femminile.
Alle 20,30 di sabato 20 aprile era in programma gara 2 tra Scandicci e Conegliano.
Quando ci siamo salutati a Forlì, Roberto Bulgarelli e gli amici di CASTelevision mi avevano detto: “Vieni Wenner, non Te ne pentirai”.
Come lasciar cadere nel vuoto un invito del genere, peraltro in una giornata per me non lavorativa, che mi avrebbe consentito di assistere, per intero, alle (infinite) operazioni di allestimento dell’impianto in vista della diretta televisiva.
Arrivo al PalaWanny di Scandicci poco dopo le 16, cioè quattro ore e mezzo prima dell’orario in cui l’internazionale, ostunense di nascita, Armando Simbari, con il proprio fischietto, avrebbe dovuto dare inizio alle ostilità.
Arrivo in concomitanza con la squadra di CASTelevision, cui era affidata la produzione televisiva dell’incontro (e, aggiungo io, della intera serie).
Il palazzetto dello sport è letteralmente vuoto: ho il privilegio di essere uno dei primi a mettere piede dentro l’impianto, quell’impianto che, di lì a qualche ora, si sarebbe trasformato in una bolgia grazie ai 3500 spettatori presenti.

Non ho nemmeno il tempo di finire di ammirare il fascino vuoto dell’arena, che gli amici di CASTelevision sono già all’opera: ognuno con il proprio ruolo, ognuno a fare quella cosa che aveva fatto 72 ore prima al PalaVerde di Treviso (ed altre n volte nel corso della stagione sportiva e delle rispettive carriere), vale a dire iniziare a stendere i cavi, quei cavi che avrebbero portato le immagini e i suoni nei teleschermi di diverse centinaia di migliaia di persone.

Quell’attività fondamentale per la buona riuscita di una produzione televisiva, la cui importanza, purtroppo, non viene percepita dal pubblico a casa, in quanto la stessa, molto spesso, viene data per scontata: nell’immaginario collettivo si pensa, ad esempio, che ci siano soltanto le telecamere e i microfoni da collegare, ma non si ha idea che questi collegamenti rappresentano solo uno degli ultimi tasselli di una catena molto più lunga, articolata e complessa.
Nelle ore che precedono l’inizio della trasmissione in diretta, infatti, vanno calati diverse centinaia di metri (forse qualche chilometro) di cavi, in maniera ordinata tra loro, in modo che non si vedano, in maniera tale da rispettare le norme di sicurezza, ricoprendoli con appositi materiali per evitare che gli stessi vengano calpestati dagli atleti o dal pubblico, sì da precludere l’utilizzo nel corso della gara della camera o del microfono ad essi collegato.
Ogni singolo cavo (che servirà per alimentare un qualcosa ovvero per far arrivare un segnale, video, audio o dati) va portato fino a un determinato punto ben preciso dell’impianto al fine di rendere successivamente possibile il collegamento di una telecamera, di un microfono, di una cuffia, oppure ancora del monitor che verrà utilizzato da un telecronista per commentare la partita, cercando, per quanto possibile, di esaudire le richieste di ciascuno di loro.
Una volta distesi tutti i cavi, poi, occorre curare gli esatti collegamenti, affinché tutto arrivi in maniera precisa nella bagagliera del van che curerà la regia.

E poi ci sono le telecamere da assemblare (una bella emozione, sono sincero, vedere come viene montata una Super Slow Motion), da posizionare sul treppiedi, da collegare le manopole con cui l’operatore regolerà il pan, il tilt e lo zoom, da inserire le pile all’interno dei trasmettitori che verranno indossati dagli arbitri, unitamente ai relativi microfoni, c’è da posizionare la net cam sopra il palo della rete, e tanto altro ancora.

Fondamentale, poi, curare il corretto funzionamento del sistema di intercom, vale a dire quello che consente ai vari professionisti che lavorano all’evento di dialogare fra di loro, senza ovviamente essere sentiti dal pubblico a casa: quello, per intenderci all’interno del quale viaggiano le cosiddette comunicazioni di servizio, vale a dire quelle fra cabina di regia e vari operatori, quelle fra commentatori e cabina di regia, quelle tra cabina di regia e delegati vari alla produzione.

Quando (quelli che sempre nell’accezione popolare vengono chiamati) gli addetti ai lavori arrivano all’impianto, la gran parte dell’attività di allestimento degli impianti è già stata portata a compimento, nel più totale anonimato: mancano solo alcuni dettagli su cui si continua a lavorare dietro le quinte in attesa che inizi la produzione televisiva dell’evento.
E mano a mano che ci si avvicina all’orario di inizio della partita, la fibrillazione cresce: non tanto per l’entusiasmo e l’energia trasmessa da coloro che iniziano ad affollare il palazzetto, ma perché c’è sempre meno tempo per risolvere gli inevitabili imprevisti che si possono verificare a ridosso del fischio di inizio, che vengono tuttavia affrontati con quella freddezza e professionalità propria di coloro che nel loro bagagliaio hanno maturato una consolidata esperienza nel lavoro che svolgono, un qualcosa che cercano di fare con una freddezza, accompagnata da un umano sorriso.

Con il passare dei minuti, chi ha lavorato per l’allestimento dell’impianto entra nel van per affiancare colui a cui è affidata la regia del match (nella specie Pietro Sollecchia, uno dei più esperti nel settore) o per tenere i contatti con lo smistamento tra gli studi dei broadcaster che trasmettono l’evento e i commentatori, per regolare l’audio; oppure si posiziona dietro la telecamera per riprendere l’incontro, ovvero ancora si prepara per essere pronto ad andare a cogliere i dialoghi tra allenatore e giocatrici nel corso del time out.

Poi inizia la diretta, quella che si ha la possibilità di vedere a casa, che rappresenta la punta (visibile) di quell’iceberg nascosto che ho provato a sintetizzare in queste poche righe, avendo avuto il privilegio di viverlo in prima persona.
Fino a quando la diretta finisce, quando vengono effettuate le ultime interviste, quando le luci all’interno dell’impianto vengono parzialmente spente, quando gli spettatori, generalmente, hanno già cambiato canale, mentre quelli presenti sono già sulla via del rientro.
Da quel momento in poi inizia la terza parte del lavoro (nella specie) degli amici di CASTelevision, vale a dire quella di smontare tutto ciò che soltanto poche ore prima era stato posato con cura.
Mentre li osservo, mi viene in mente il mito di Sisifo.
Ma con una sostanziale differenza: nel nostro caso nessuna condanna è stata inflitta, trattandosi di professionisti che fanno il loro lavoro alimentati da una passione, un’enorme passione.
Come quella di tante altre persone che lavorano dietro le quinte della produzione di una finale scudetto.
Ognuna portatore di una storia che meriterebbe di essere raccontata.
Un grazie, enorme, a tutti coloro che mi hanno permesso di assistere a questo evento.
Ne è valsa per davvero la pena.
Stay tuned!
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Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
Da giugno 2024 ha lanciato Breaking News Ultra Slow-Mo uno spazio per parlare in tempo reale e in modo telegrafico di telecamere particolari, di grafiche innovative, di novità delle produzioni televisive.
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