Nelle produzioni televisive delle partite di calcio è quella telecamera che vediamo a bordocampo in mezzo alle due panchine manovrata da un operatore seduto su di un seggiolino girevole.
È la “piattina” (detta anche “giostra” o “camera 3”) la protagonista di questa puntata di Ultra Slow Mo.
O meglio, il protagonista di questa puntata è un operatore che si è specializzato proprio nell’utilizzo di questo tipo di telecamera.
È con Gianmarco Biancalana che questa settimana ho avuto il piacere, prima ancora che il privilegio, di chiacchierare.
Genovese di nascita, Gianmarco si è affacciato al mondo delle riprese televisive degli eventi sportivi negli anni ’90, iniziando a riprendere le partite di calcio per le televisioni locali (Telecittà, tra le tante) nonché per quella che era una volta Telemontecarlo (oggi la7) per filmare le immagini che sarebbero poi utilizzate per produrre i famosi “3 minuti di cronaca”:
“All’epoca, facevo tutto con una sola telecamera, montata su di un cavalletto, che impiegavo sia per riprendere l’incontro, sia per le interviste negli spogliatoi. Avevo un assistente speciale, mio padre. Era un calcio differente, molto più lento di quello che vediamo oggi, ma altrettanto affascinante. E diverso era anche il lavoro dell’operatore che non riprendeva tutta la partita, dovendo difatti fare i conti con la durata non infinita della batteria e, soprattutto, con le tre cassette, le mitiche betacam, che registravano per circa 30 minuti, cassette che dovevi utilizzare sia per la ripresa delle fasi salienti dell’incontro, che per le interviste del dopo gara”.
“A quei tempi”, mi spiega Gianmarco “riprendevamo gli incontri con telecamere con un’ottica standard 16x, controllandole, in pratica, con una sola mano: lo zoom lo regolavi con l’indice e il dito medio, il fuoco lo controllavi con il mignolo, mentre il diaframma con il pollice. Le monocamera mi hanno consentito di imparare a lavorare largo, come si dice in gergo, senza stringere troppo, perché non potevi permetterti di perdere un qualcosa in campo, non essendoci difatti un’altra camera in grado di venire in tuo soccorso se ti perdevi qualcosa…”.
Gianmarco dal 2000 comincia le prime collaborazioni con l’host broadcaster Telerecord e qui inizia a prendere conoscenza e confidenza con le produzioni del calcio in TV, “provando” un po’ tutte le varie posizioni camera.
Dal 2004 in poi, invece, ha iniziato a fare parte sempre con più continuità delle crew di operatori che riprendevano le partite della serie B di calcio: “Io e Federico Fazzini abbiamo praticamente iniziato assieme, lui alla regia ed io con la telecamera a bordo campo, che all’epoca era a spalla, ma poi, grazie ad una nostra intuizione è stata collocata su cavalletto, così da ottenere immagini più ferme e pulite.
Solo in un secondo momento venne poi installata sull’apposita struttura creata per la piattina.
Non lo so, ma quella camera mi ha sempre affascinato: quando a Genova venivano cameraman altamente specializzati, tra i quali il compianto Gigi Benigno, cercavo di carpire i loro segreti nell’utilizzo di questa telecamera, a mio parere diversa da molte altre”.
“La camera 3 difatti”, prosegue Gianmarco, “è un po’ come la 1 (main camera) o la 2, perché sono telecamere che vengono messe in onda principalmente sul live. Di conseguenza, non sono solitamente utilizzate per riprendere la spettacolarizzazione di un gesto atletico o di una giocata, poiché per quelle ci sono le Ultra o Super Slow Motion, ma devono sempre lavorare con un quadro più ampio, in modo da fornire la visione più chiara possibile. Ti confesso, Wenner, che inizialmente pensavo che lavorando alla 3 avrei anche avuto la possibilità di vedermi la partita e forse proprio per questo motivo, non stando troppo stretto, sono riuscito a trovare un taglio di ripresa che alla fine, risultando descrittivo, a quanto pare è piaciuto! Chiaramente, però, dopo le prime esperienze, mi sono subito reso conto che vedere una partita e riprenderla sono due cose assolutamente diverse!”.
Avendo un operatore dell’esperienza di Gianmarco a disposizione non mi posso lasciare sfuggire la possibilità di chiedergli quali sono le differenze fra le telecamere usate all’epoca e quelle che manovra ogni fine settimana:
“Oggigiorno lavoriamo molto con telecamere Grassvalley e Sony che montano ottiche Fuji o Canon da 80x a 90x ma talvolta mi è capitato di maneggiare anche il 111x . Una bella differenza rispetto all’ottica che montava la telecamera che utilizzavo all’inizio della mia carriera! Quel che è rimasto immutato nel corso del tempo, anzi è cresciuta, è la passione per questo tipo di lavoro, che mi spinge anche a seguire altre partite davanti alla televisione quando non lavoro, sia per cercare di capire come e dove mi posso migliorare, sia per studiare i movimenti e i luoghi in cui giocano i calciatori, in modo da prendere spunti e facilitare il mio compito quando sono dietro la telecamera. E sempre grazie alla passione mi sono adoperato nel corso di questi anni per adottare una serie di soluzioni capaci a livello pratico di agevolare il mio lavoro, come, ad esempio, quella del cavo con cui viene alimentata e gestita la telecamera dal pullman regia che ho pensato di passare in modo completamente diverso onde evitare che il cavo rendesse più difficoltosa la rotazione del seggiolino, oppure per realizzare una copertina di plastica trasparente utile a riparare me e la telecamera durante i giorni di pioggia, copertina che mi consente però di guardare quel che accade attorno a me”.
E cosa viene richiesto all’operatore della piattina?
“Beh, non esiste una risposta univoca a questa domanda, perché dipende da una serie di fattori, primo fra tutti il volere del regista e il numero di telecamere impiegate per riprendere l’incontro. Ad esempio se c’è una o più steadycam sulla fascia non devo andare a sovrapporre il mio lavoro a quello del collega, mentre se non c’è, quella zona deve essere coperta da me in modo più pulito. Alcuni registi considerano la piattina come il loro terzo occhio in campo, e, di conseguenza, il nostro compito è quello di aiutarli con più informazioni possibili! Non è corretto pensare che il cameraman della 3 segua solo l’azione da una parte all’altra del campo, perché deve essere anche abile nel cercare di anticipare l’azione, o spostarsi nel giro di pochi istanti da un giocatore che lancia il pallone ad altri che cercano di contenderselo saltando. Bisogna essere scaltri a guardare con un occhio il wiewfinder (cioè il monitor che è sopra la telecamera: n.d.r.), che tengo all’altezza del naso, e con l’altro guardare cosa accade in campo, rimanendo concentrati per tutta la durata della partita. E, molto spesso, non è sempre semplice movimentare una piattina perché il campo di destinazione non ci permette molto di muoverci in assoluta libertà per cui occorre una qual certa manualità per controbilanciare il fulcro e la testa della telecamera evitando il più possibile impalli e immagini poco pulite”.
E chissà quanti aneddoti Ti sono capitati in questi 20 anni di attività:
“Non pochi, Wenner: tra i più significativi ricordo le volte in cui, ad esempio, durante una partita si è rotta l’ottica di una telecamera e, non essendocene una di riserva per una 90x, è stata montata una 20x, che sono stato costretto a utilizzare sebbene non sia quella più adatta per riprendere da una “piattina”!
Ma l’esperienza più pazzesca che mi è capitata è stata quando nel 2005 venni inviato a Istanbul per riprendere lo studiolo di Sky in occasione della finale di Champions League fra Milan e Liverpool, tre giorni in cui, in pratica, ho vissuto a stretto contatto con Diego Armando Maradona, ospite dell’emittente, con cui, tra un collegamento e un altro, parlavo del mercato dei vari giocatori argentini all’epoca presenti in Italia, colloquio che, a mia volta, riportavo a mio padre durante la telefonata della sera.
La cosa curiosa è che il giorno successivo mio padre mi riferiva che i miei esatti scambi di battute con El Pibe de oro venivano pubblicati puntualmente sul Secolo XIX.
“Lì per lì non capii come fosse possibile, poi, dopo qualche tempo mi venne riferito che un giornalista presente a Istanbul ascoltava i miei dialoghi con Maradona riportando queste informazioni al responsabile dei servizi sportivi del quotidiano!”.
D’ora in poi, quando noterete “a bordo” della piattina un operatore che indossa un cappellino, molto probabilmente si tratterà di Gianmarco, capace di pescare immagini come quelle che (in maniera molto artigianale) ho cercato raccolto in una mini clip (tra le quali anche quelle che hanno vinto “il replay più bello” di una giornata di campionato, secondo i commentatori di DAZN!).
Grazie Gianmarco.
Anche il Tuo nome me lo sono annotato sul mio personalissimo cartellino.
Wenner Gatta | Avvocato e appassionato dal 1978 di ogni tipo di sport, visto, si badi bene, dalla privilegiata posizione del proprio divano di casa. Dal 2020 socio dell’associazione Nicolodiana e Salvadoriana telepcsportdipendenti. Il suo motto è: “Perché seguire solo un evento sportivo, quando se ne possono vedere tanti contemporaneamente?”. Da marzo 2021 cura settimanalmente sulle pagine di Sport In Media la rubrica “Ultra Slow Mo” dove cerca di raccontare ciò che non si vede dello sport in TV. Durante i giochi olimpici invernali di Pechino 2022 ha invece pubblicato quotidianamente sempre sulle pagine di Sport in Media la rubrica #undòujiāngdaPechino.
Da giugno 2024 ha lanciato Breaking News Ultra Slow-Mo uno spazio per parlare in tempo reale e in modo telegrafico di telecamere particolari, di grafiche innovative, di novità delle produzioni televisive.