Si può dire che il Tour de France è stato il miglior show sportivo degli ultimi 12 mesi? E si può aggiungere che al confronto il Giro d’Italia è stato uno spettacolino di terzo livello che sarà ricordato soprattutto per i corridori che salgono sì il Gran San Bernardo ma in pullman, con i tifosi a bordo strada che li fischiano? E già che ci siamo si può concludere tracciando un parallelo fra il
dualismo Giro-Tour e quello fra gli Internazionali d’Italia di tennis e il Roland Garros, almeno nelle edizioni che si sono disputate quest’anno?
Il punto è che i broadcaster possono affannarsi, per quanto lo ritengano opportuno e sia doveroso, per realizzare un prodotto fantastico: e come negare che soprattutto nel caso del Tour ciò sia avvenuto. Sia Eurosport-Discovery sia Rai con le sue integrazioni hanno reso scintillante la Grande Boucle, corsa appassionante nel 90% delle tappe mentre il Giro è stato per il 90% di
una noia mortale. Ma il punto è che proprio la splendida resa televisiva ha evidenziato la differenza fra le due corse così come era successo nel confronto fra il Foro Italico e il Roland Garros. Se hai i grandi protagonisti, i dualismi pazzeschi (Vingegaard-Pogacar e Djokovic-Alcaraz, per dire) e li collochi su palcoscenici che consentano loro di mettere in scena la loro grandezza (tracciati appassionanti e stadi all’avanguardia. Per dire. Senza dimenticare che un torneo di tennis può anche durare dieci giorni ma se non si gioca tre set su cinque e non si ha la tradizione di uno Slam già si parte svantaggiati) allora lo spettacolo è assicurato. Se non li hai al via e li hai a mezzo servizio, il tuo
show, pure se coperto da miriadi di droni e telecamere personalizzate, sarà di livello più basso.
Il Tour visto in tv ci ha detto che la forbice fra l’Italia e il resto d’Europa sul piano dello spettacolo sportivo si sta allargando. Sensazione peraltro confermata da quanto sta accadendo nel calcio dove da un lato i nostri club svendono e spacciano per affari del secolo acquisti da mercatino rionale o quasi e al contempo il detentore dei diritti tv (DAZN) quasi raddoppia i prezzi degli abbonamenti al campionato. Chissà se basterà la Ryder Cup a invertire la tendenza. Fare buona televisione a volte si rivela controproducente perché fa emergere anche magagne profonde che con la tv non c’entrano nulla. Ma con lo sport sì.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Ha pubblicato a giugno 2023 il libro “Chi ha rapito Roger Federer?” (Absolutely Free).
Collabora con il quotidiano Domani, cura per Sport in Media la rubrica “La Nuca di McKinley” e durante i Mondiali di calcio 2022 ha realizzato la video-rubrica “Qatarinfrangenze“.
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