“Ossi di seppia” è un format molto particolare. Il titolo di montaliana memoria già ci dice molto: sono essenzialità che restano a sfidare il tempo. Trattasi di mini-docufilm (max 20 minuti l’uno) dedicati del passato recente di cui è bene avere coscienza. Il dato “innovativo” è la lunghezza, che è esplicitamente dedicata alle generazioni Z al cubo e successive: persone che non hanno il tempo e soprattutto la disposizione neuronale per concentrarsi oltre un certo limite. Ragazzi per cui addirittura l’intero evento sportivo è lungo e spesso noioso: molto meglio seguirne gli highlights e ci si è tolti il dente.
Giovani ai quali il nome di Michael Schumacher può voler dire poco o nulla. Gli Ossi di seppia sono visibili su Raiplay e sono un ottimo esempio di servizio pubblico. Non appaiono celebrativi o almeno, quando scivolano su questo campo, lo sono entro limiti accettabili: è il caso dell’episodio dedicato a Schumi, a disposizione da qualche giorno. Non si indulge sui suoi trionfi: il narratore è Luca Cordero di Montezemolo, che in quanto presidente Ferrari visse quegli anni a stretto contatto con il pilota. Montezemolo (bisogna chiamarlo così se no non si gira, diceva Oriano Ferrari, il personaggio di Marco della Noce a Zelig) detta la linea forse in modo inconsapevole: l’immagine che di Schumi fuoriesce non è quella dell’eroe invincibile al massimo con un tallone fragile di troppo. Ma piuttosto quella di un uomo che ha dovuto fare i conti con i suoi limiti e con una sorta di maledizione divina: in auto ti spaccherai al massimo una gamba (Silverstone) ma fuori da quel mondo ti troverai in balìa di divinità negative che ti faranno rischiare la vita in moto e ti sottrarranno la coscienza di te su un banale paio di sci. Non un superuomo (in 20’ prevalgono le immagini di Schiumi meditativo, forse perfino triste: a risollevare l’umore ci pensano comunque le indimenticabili domande di Stella Bruno, allora inviata Rai al seguito della F1) ma una sorta di Icaro dolente cui era stata concessa una velocità, non tutte le velocità.
A proposito di superuomini: il “Marchionne” visto su Rai 3 prima di Natale e ora visibile su RaiPlay (di Francesco Miccichè; 1h40) consegna agli spettatori qualcosa di simile ad un superuomo: un manager work addicted che spodestò Montezemolo dalla presidenza Ferrari ma che alla fine, proprio come Schumi, finì per sbattere contro muro di un limite che alla sua persona era stato imposto forse da quegli stessi dèi che si sono occupati del pilota tedesco.
Alla fine dato che di macchine e superuomini stiamo parlando, il plauso maggiore va all’episodio di “Storie di Matteo Marani” dedicato ad Ayrton Senna (Sky on demand). Che sceglie deliberatamente di non mostrare nel finale l’impatto di Ayrton al Tamburello: ma mostra in soggettiva la corsa del brasiliano fino a poco prima di “quel momento”, creando così una sorta di finale aperto, quasi volesse sottrarre Senna al destino che invece lo ha colto. Il tutto con in sottofondo il miglior brano musicale che si sarebbe potuto scegliere: “Black Hole Sun” dei Soundgarden, capitanati da quel Chris Cornell che pure lui ha finito la sua corsa contro un muro. Si può dire? Bello quando gli “eroi” dello sport sono protagonisti di una storia che alla fine non è eroica. Molto natalizio. Molto umano.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.