Facciamo finta che su Raisport, domenica pomeriggio, mentre le sorti della Ryder Cup erano ancora più o meno in bilico non sia successo che un buon quarto d’ora sia stato occupato dal presidente della Federgolf Chimenti e dal Ministro dello sport Abodi impegnati a rispondere alle domande pregnanti del conduttore Alessandro Fabbretti e a far bella mostra di sé. Facciamo anche finta che le domande dell’inviata sui campi di gara ai personaggi lì presenti abbiano rievocato nei più l’indimenticabile mantra dell’antica inviata Rai sui circuiti di F1 che sempre e a chiunque, appena ricevuta la linea, metteva alle corde l’intervistato con il suo “What’s happened?” buono per tutte le stagioni. Una volta effettuata tale rimozione allora bisogna dire che chi ha commentato su Rai e Sky la Ryder si è trovata/o di fronte ad un compito assai complesso. Che, alla fine, con alti e bassi, tutti hanno interpretato come meglio era difficile fare. Dal canto loro almeno. Il problema era questo: gli appassionati di golf in Italia sono sì tanti ma non un oceano (anche se le immagini degli spettatori che alle cinque di mattina, all’apertura dei cancelli, si scaracollavano per conquistare i posti migliori passeranno alla storia); e poi la Ryder è molto di più di un torneo, anche di un Major, è uno di quegli appuntamenti destinati a richiamare un pubblico che c’entra poco con lo zoccolo duro degli appassionati. E che dunque è perlopiù ignaro delle regole. Per creare l’evento in tv dunque bisognava anche tenere conto di quei soggetti e non dare per scontato che tutti conoscessero la differenza fra la formula foursome e quella fourballs; la differenza fra un drive e un ferro e fra i fairways e i bunkers. L’esercito bipartisan di commentatori e talent ha optato per una spiegazione diffusa, continua, che non urtasse la sensibilità degli adepti e al contempo ponesse il neofita nella condizione di capire cosa stava succedendo. E dunque bisogna loro dar merito del tentativo.
Ma una domanda s’impone: dato che la tv è un media e non un’aula di docenza, perché non togliere ai conduttori le castagne dal fuoco e integrare il segnale internazionale con una grafica friendly che aiutasse il marziano di flaianesca memoria a comprendere senza sentirsi un idiota cosa stava succedendo e il significato dei termini? Una scelta del genere avrebbe sì rappresentato un’espressione reale del tentativo, assai sbandierato da soggetti citati in apertura di questa recensione, di fare in modo che la Ryder innescasse la passione popolare per uno sport bellissimo, quale il golf è. Peccato non sia successo. Chissà invece che la continua ricerca sullo smartphone del significato di certi termini non abbia invece allontanato qualcuno invece di avvicinarlo.
Immagine tratta dal profilo X di Wenner Gatta
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Ha pubblicato a giugno 2023 il libro “Chi ha rapito Roger Federer?” (Absolutely Free).
Collabora con il quotidiano Domani, cura per Sport in Media la rubrica “La Nuca di McKinley” e durante i Mondiali di calcio 2022 ha realizzato la video-rubrica “Qatarinfrangenze“.
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