La peculiarità di “Scugnizzi per sempre” (godibile per intero, sei puntate di 55 minuti l’una su Rai Play, dopo un passaggio in chiaro su Rai 2) sta innanzitutto nel titolo. Una definizione, quella di scugnizzo, dai confini lassi ma che soprattutto ti porta fuori strada: da una docu-serie che s’introduce così ti aspetti qualcosa di particolarmente antropologico, non un argomento sportivo. E invece proprio sullo sport la serie poggia: e che storia. Si narra della Juve Caserta, della sua unicità planetaria (squadra composta quasi esclusivamente, Oscar Schmidt a parte, da ragazzi nati e cresciuti in loco) e del cammino che la portò a vincere uno scudetto indimenticabile nel ’91. Una avventura straordinaria raccontata in modo capillare e spesso emozionante. Gli “Scugnizzi” (Nando Gentile, Vincenzo Esposito) tali erano e tali sono rimasti anche ora quando pancette e calvizie hanno preso il sopravvento. Ma c’è qualcosa nei loro sguardi che non è cambiato nel tempo e che giustifica il titolo della serie. Il fatto è che “Scugnizzi” è soprattutto un monito sul valore della memoria, specie quando si parla di sport. Perché diciamolo: l’avventura di Caserta, per quanto all’epoca celebratissima, era scivolata nel dimenticatoio o quasi. Un po’ a causa del tempo che passa impietoso e un po’ per le vicissitudini (leggasi fallimento) che hanno travolto il club negli anni seguenti. Ma anche perché nel nostro Paese poi non siamo così capaci di serbare memoria di storie belle che rappresentino anche il punto di congiunzione di favori astrali, imprenditoria illuminata e innata capacità di fare le nozze con i fichi secchi. Guardi ”Scugnizzi” e ti viene da chiederti: ma perché una storia del genere non è diventata da anni patrimonio comune? Perché non si è tentato di farla diventare addirittura paradigma? Chissà, forse ci siamo disabituati a ricordare pressati come siamo da mille stimoli e da altre storie più immediate che magari non meriterebbero nemmeno di occupare celle di memoria. Due gli elementi che invece vanno assolutamente ricordati della serie: ogni singola parola pronunciata da Boscia Tanjevic e l’ambientazione sceneggiata della casa di Esposito che pare ripresa passo passo da “Mixed by Erri”, il delizioso film dedicato a quello che fu il business delle audiocassette pirata. Il generale “Scugnizzi” è una serie che merita una full immersion di fine estate. E di essere ricordata.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Ha pubblicato a giugno 2023 il libro “Chi ha rapito Roger Federer?” (Absolutely Free).
Collabora con il quotidiano Domani, cura per Sport in Media la rubrica “La Nuca di McKinley” e durante i Mondiali di calcio 2022 ha realizzato la video-rubrica “Qatarinfrangenze“.
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