Su Rai Play è disponibile una antica puntata di “Sfide” (il programma prodotto da Simona Ercolani che ha segnato un punto di svolta nella storia del racconto sportivo) che dedicata alla parabola della Lazio di Tommaso Maestrelli. Scelta editoriale assai opportuna vista la concomitanza con la scomparsa di Pino Wilson, il Baronetto, l’uomo che nella squadra più folle vista in Italia nel dopoguerra era colui che faceva da liaison fra Chinaglia e il clan “perdente” dei giocatori laziali. E anche nello speciale (durata di circa un’ora) datato 2012 Wilson è la vera voce narrante, emotiva e al contempo razionale tanto che alla fine quasi fatichi a scorgerne i lineamenti nella vettura della forza pubblica che lo porta in carcere nel 1980 assieme a Cacciatori, Giordano e Manfredonia; come se lui fosse lì per caso, incastrato in un gioco che se in qualche modo l’aveva coinvolto di certo non lo riguardava direttamente.
Il fatto è che lo speciale “Sfide” era condotto da Alex Zanardi, come tutti in quella stagione. Il quale, tenendosi sempre due passi indietro rispetto alla storia, su un fondale nero che ne accentuava i tratti fisici e favoriva l’ascolto delle sue parole, vestiva i panni del santo laico che guardava con malcelata benevolenza anche ad una storia contrassegnata da drammi tremendi (la morte di Maestrelli, l’uccisione accidentale di Re Cecconi) più o meno con lo stesso tono accogliente e le parole semplici che ci si attende da un dio buono; per dirla con Gaber, un dio che guarda e che è capace di consapevolezza e amore. C’è poco da girarci intorno: a parte la confezione pregevole dello speciale (come di quasi tutti gli altri di quella “collana”) rivedere Zanardi che racconta umanità in forma di sport per quanto contaminato da risse e pistole fa venire i brividi. Lo storytelling sportivo da allora ha fatto passi da gigante, si è elevato anche a ruoli più alti; ma quello Zanardi ha qualcosa di cristologico, specie se si pensa a cosa è stato poi della sua vita, al combattimento incredibile che sta portando avanti dopo l’infortunio in handbike, quasi stesse pagando con la sua sofferenza (e qui sta la sua cristologità) chissà quale dose di malvagità umana. L’archivio Rai è un pozzo senza fondo di questa esperienza umana: ci attinga a piene mani in questi giorni.
Ascoltare Zanardi che parla di Chinaglia e del suo fucile, di Petrelli e delle sue pistole e del doppio spogliatoio, fa bene all’anima. E da buon santo laico, infonde perfino un po’ di speranza nell’uomo (non nelle pistole).
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.