Le coincidenze non esistono. Sono null’altro che una giustificazione che tutti prima o dopo diamo a noi stessi per evitare di guardare alla natura ben più semplice e perfida delle cose: c’è sempre un motivo per cui. La prova? Eccola. Nei cinema prima e su Amazon Prime da qualche giorno è disponibile “Air”, il filmone hollywoodiano che narra della scarpa più celebre al mondo: quella di Michael Jordan.
Su Sky invece da qualche giorno è disponibile un altro prodotto incentrato su una scarpa: s’intitola “Nike, la vittoria ad ogni costo” ed è incentrato sulla figura di Alberto Salazar, il celeberrimo allenatore di atletica squalificato per pratiche dopanti applicate ai suoi atleti. I due prodotti sono legati perché “Air” (il film, non la scarpa) narrando del perché e del percome Jordan accettò di passare alla casa di Phil Knight, in realtà altro non è che l’ennesimo peana al sogno americano dove la casa dello “swoosh” è ammantata di positività e di quel sogni diventa simbolo. Il fatto è che il docufilm di Paul Kemp funziona invece da antidoto all’iniezione di melassa illusoria cui invece il filmone con Ben Affleck e Matt Damon sottopongono lo spettatore. Se l’azienda di Damon e Affleck, pur pervasa da una piccola dose di competitività in stile stars and stripes, veste i panni dell’underdog, del gruppo che deve fronteggiare imperi calzaturieri ben più potenti (Converse e Adidas) e lo fa grazie a coraggio, spregiudicatezza e creatività, quella di Salazar appare come una sorta di demone che fa della vittoria ad ogni costo un obiettivo irrinunciabile. Così spietata, così si suppone, da sacrificare il proprio tecnico-simbolo al fine di salvare gli atleti che infatti, non sono stati coinvolti nell’inchiesta che ha portato alla squalifica di Salazar. Come è possibile, si chiedono gli autori, che Nike non sapesse nulla di quanto il suo uomo immagine poneva in essere nell’Accademia da essa stessa finanziata? Già, bella domanda. Ma allora chi ha ragione? Che cos’è davvero l’Azienda con la “A” maiuscola? Ciò che lo spettatore è opportuno faccia è di vedere i due film uno dopo l’altro, in ordine a piacimento. Dato che l’occasione è ghiotta, due punti di vista sulla natura di un gruppo che oltre ad assemblare scarpe ha disegnato uno stile di vita che influenza giovani e pure meno giovani (“Just do it!”), vale la pena di sfruttarla. Certo se Nike avesse accettato di dire qualcosa in prima persona il viaggio in questa sorta di american way of life sarebbe stato ancora più efficace: ma non l’ha fatto. Pazienza.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Ha pubblicato a giugno 2023 il libro “Chi ha rapito Roger Federer?” (Absolutely Free).
Collabora con il quotidiano Domani, cura per Sport in Media la rubrica “La Nuca di McKinley” e durante i Mondiali di calcio 2022 ha realizzato la video-rubrica “Qatarinfrangenze“.
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