Quando lo sport da oggetto della narrazione televisiva diventa strumento. Il che sarebbe già una notizia visto il proliferare di docufilm e docufiction cui si assiste in queste ore sulle piattaforme. Ma ciò che si verifica in “Maiorca Crime” (Sky on demand, disponibile tutta la prima stagione, passata anche su Rai 2, e alcuni episodi della seconda) è degno di essere sottolineato.
La promozione di un luogo in chiave turistica non è una novità assoluta. Volendo cercare una serie-madre che abbia inaugurato questo filone si potrebbe citare “CSI Miami”: dove le indagini di Horatio Caine sono inframmezzate da quadri di cielo scintillanti e acque azzurre profondo o verde smeraldo. Le stesse acque, in un’altra serie madre ambientata in Florida, “Dexter”, hanno un altro colore, decisamente più naturale, per dire.
In “Maiorca Crimes” l’obiettivo è quello di rendere l’isola di Rafa (non di Arturo) agli occhi dei possibili turisti come il paradiso degli sport. La trama dei casi che i due investigatori (una inglese e uno tedesco: tanto per andare a pescare nei bacini di utenza che garantiscono maggiori presenze sull’isola) sono tutto sommato un elemento marginale. Tanto che lo spessore dei personaggi è giusto qualcosa di più intenso di un foglio di carta velina.
Ciò che conta davvero è il livello delle inquadrature, il loro taglio e soprattutto far venire l’acquolina bocca a chi pratica sport. Per dire. Episodio uno: chi gioca a golf non può che bearsi nelle riprese su un campo che declina verso il mare e dove l’investigatore tedesco corregge l’impugnatura ad un dilettante per migliorare il suo swing.
Episodio due: l’isola diventa una sorta di empireo ciclistico (la scusa è quella di un’indagine fra doping e truffe) fatta di salite lontane manco fossimo sul Pordoi, di agonismo sfrenato, di strade senza nemmeno un’automobile che transita mentre ci si allena. Altro che Tenerife e i suoi allenamenti in altura. Forse gli sceneggiatori però non avevano una percezione corretta della sensibilità dei ciclisti visto che l’investigatrice inglese se ne esce, in un dialogo con una frase da brividi: “Ma non si dopano tutti, i ciclisti?”
Seguendo la serie è lecito domandarsi quando spunterà fuori l’Academy di Rafa o almeno il tennis: ma il grande maiorchino ha compiuto scelte diverse sul piano televisivo preferendo comunicare se stesso in un prodotto ad hoc (“Rafa Nadal Academy”) visibile (4 episodi) su Amazon Prime. Del resto la Maiorca della serie targata BBC punta più sull’outdoor: e cosa c’è di meglio di qualche crimine inframmezzato da grandi aree potenzialmente sportive per suscitare il desiderio di concedersi un bel viaggetto nel cuore del Mediterraneo?
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.
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