“Hillsborough” (in programmazione su Sky Documentaries e disponibile on demand) è un film sulla comunicazione. Ed è un ottimo strumento, in giorni tristi e colmi di ansia come quelli che stiamo vivendo, per districarci nell’impressionante volume di parole, immagini, informazioni o presunte tali che a vote prendono l’aspetto di un tweet o di una storia di Instagram.
La storia che il film del 2014 aggiornato in tempi recentissimi (co-produzione BBC-Espn) racconta è quella della strage dello stadio omonimo a Sheffield nel 1989. 97 persone hanno perso la vita schiacciate, calpestate, massacrate nel settore riservato ai tifosi del Liverpool accorsi per assistere alla semifinale di FA Cup contro il Nottingham Forest. Una strage che si verificò (dettaglio da non dimenticare e che nel film non è citato) quattro anni dopo la strage dell’Heysel a Bruxelles; 39 tifosi della Juve persero la vita perché furono venduti loro biglietti nel settore Z, quello che avrebbe dovuto essere occupato solo dai sostenitori (molti hooligans) dei Reds. Questa storia forse la sapete.
Bisogna guardare “Hillsborough” intanto perché le conseguenze legali di quella storia si sono trascinate fino ai giorni nostri e poi perché non tutti conoscono quella vicenda tremenda. Non c’è voce narrante, nel film. Il filo narrativo si snoda grazie alle immagini e alle testimonianze dolenti dei genitori di figli morti, di cops che c’erano e che furono capri espiatori di una situazione voluta da assassini incapaci; di alcuni sopravvissuti. Ma soprattutto di terrificanti immagini: quelle dei rapporti (decine!) redatte e consegnate al loro superiori da quei poliziotti che denunciarono come erano andate veramente le cose. Rapporti che furono stravolti, cancellati, ricoperti di omissis da quegli stessi superiori, manco fossero rapporti sulle stragi di Stato nel nostro Paese: cose che noi italiani conosciamo benissimo.
La tesi era che i colpevoli erano tifosi del Liverpool sbronzi che avevano sfondato i cancelli, schiacciato i loro consimili e in qualche caso orinato sui poliziotti che tentavano di salvare qualche vita umana. Tesi che Madama Thatcher sosteneva a pieni polmoni, desiderosa di scindere l’immagini inglese dai quei teppisti che avevano provocato l’Heysel. Tesi che fu supportata da una campagna stampa pesante dei tabloid. Peccato che non fosse vero nulla. Come le immagini dimostrano.
Il film racconta, a chi abbia voglia di capire e imparare, che perfino la vita di 97 persone innocenti può non valore nulla di fronte al desiderio di dimostrare un’altra cosa. Che alle parole basta attribuire un significato che non hanno e si possono far passare le vittime per carnefici, oppure bombardare civili in un paese sovrano.
La storia non cambia, purtroppo.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.