Per uno sportivo di alto livello salire sul palco di Sanremo è insieme una consacrazione (di quanto si è fatto fino a quel momento) e un investimento che ha per oggetto la propria immagine per il futuro. Ma la strada che segnò Roberto Baggio qualche anno fa non ha avuto emuli. Il Divin Codino, in preda ad una emozione profonda che sul suo volto si era intravvista solo a Pasadena poco prima di tirare il rigore che consegnò la Coppa del Mondo del ’94 al Brasile, lesse e interpretò un testo in cui si rivolgeva ai giovani puntando sul senso della passione. Lunedì, nella prima serata, dalla scala che conduce sul palco è sceso Matteo Berrettini, fresco della semifinale a Melbourne, sesto tennista sulla faccia della terra a cui madre natura ha regalato une presenza scenica e un volto che ne fa il Bradley Cooper del tennis. E poco prima su quello stesso palco erano ri-saliti i Mansekin, il cui frontman, Damiano, è di certo, in questo momento, il massimo esponente dell’export italiano al mondo (fatta eccezione per l’azienda che produce i cannoni sparaneve che hanno permesso la creazione delle piste olimpiche a Pechino).
Ora: mentre i Maneskin hanno fatto i Maneskin, Matteo non aveva modo di fare Matteo dato che la gag del palleggio con Fiorello era già stata interpretata da Djokovic due anni fa. E dunque il risultato è stato un’intervistina insulsetta e la celebrazione dell’italica famiglia con genitori e fratello Jacopo che stavano seduti in sala. È sempre facile, va ammesso, giudicare a posteriori senza conoscere i problemi che accompagnano una comparsata sanremasca; ma quella di Berretto su quel palco è stata un’occasione persa. Perché non coinvolgerlo in uno scambio di ruoli con Damiano (uno che parla di sport e l’altro che canta o suonicchia con i Maneskin? Perché non metterli a confronto questi due alabardieri dell’Italia “buona” e pure “bella” già che ci siamo, anche solo facendoli chiacchierare assieme di sport e musica? Sarebbe stata un’occasione imperdibile. Anche perché né Matteo né Damiano sono due che non sanno in che mondo vivono: lo sanno anzi piuttosto bene.
Sport e musica camminano insieme da che mondo e mondo. Peccato.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Recensisce in stile sportivo libri non sportivi per la newsletter “Lo Slalom”.