È una partita difficile da giocare quando dall’altra parte della rete c’è il mondo. O perlomeno quando pensi ci sia davvero. “The world vs Boris Becker” pregevolissima miniserie (due film di 90 e 120 minuti) di Apple+ scarnifica il concetto raccontando la storia del tennista più controverso che si sia esibito in campo negli anni ’80 e ’90 e fuori dal campo praticamente fino ai giorni nostri: e questa parte della sua avventura umana è quella meno spettacolare sul piano agonistico ma di certo più intrigante per lo spettatore.
Comunque: il docufilm è concepito come un misto di tanti stili. C’è lo stesso Boris, perfettamente a suo agio davanti alla telecamera (la maggioranza delle riprese è stata effettuata prima della sua incarcerazione a Londra, l’anno scorso) che tiene il filo del racconto. C’è la voce fuori campo del creatore della serie che si erge a narratore e che instilla anche qualche dubbio sulla veridicità delle parole del tedesco; e in quel ruolo c’è qualcosa di un coro della tragedia greca, quello che era incaricato di fornire il contrappunto morale della storia. C’è Quentin Tarantino non in carne e ossa ma nelle vesti di Kill Bill: intanto il tappeto musicale ripropone continuamente le musiche del doppio film tarantinesco. E poi c’è la grafica, una via di mezzo fra quella che nel film presentava Black Mamba e socie e quella sergioleonesca de “Il buono, il brutto e il cattivo”: chi fra Edberg, McEnroe e Wilander è Clint Eastwood, Eli Wallach o Lee Van Cleef?
E che il docufilm sia cinematografico è indubitabile. Cinematografico e introspettivo. Ci sono sequenze indimenticabili come il “duello della tosse” (vedere per capire) con McEnroe. C’è Barbara Feltus in Becker che in posa sensuale su una poltrona di casa sua racconta di come suo marito fosse ancora dipendente dai sonniferi anche quando sosteneva (e continua a sostenere) di essersene liberato. C’è Bjorn Borg che, vittima pure lui di dipendenze mica da ridere (il celebre Roipnol dopo la rottura con la Bertè) che appare come il vecchio padre di quella genia di personaggi pubblici che hanno dovuto fare i conti con le loro fragilità interiori.
Ma soprattutto c’è il formato: due puntate in veste di film costringono chi guarda a immergersi nell’umanità e pure nell’assoluta creatività tennistica di un campione le cui vicissitudini extrasportive non sono un altro mondo rispetto al Centrale di Wimbledon ma semplicemente una protesi di quel mondo che si allunga nella vita. Sarà anche per questo che mentre si recava nel tribunale londinese che lo avrebbe condannato a due anni di galera per bancarotta fraudolenta, Boris indossava la cravatta di cui possono fregiarsi i vincitori dei Championships. Un format così libera il racconto dell’esigenza di enfatizzare, ogni mezz’ora o 40 minuti, un finale di episodio che apra la porta all’episodio successivo: ma ci costringe a restare immersi nello sguardo di quell’omone che faceva imbestialire Lendl, contro cui vinse un Master grazie ad uno scambio interminabile e storico deciso dal nastro, e che fu incastrato da una modella con cui fece sesso in un ripostiglio mentre Barbara stava per partorire. E alla fine lo spettatore non può non domandarsi: ma anche nel mio caso, come in quello di Becker, il mondo sta giocando una partita contro di me? E io cosa posso fare per vincere la partita? Sentenza finale: da non perdere.
PIERO VALESIO | È stato critico televisivo del quotidiano Tuttosport per oltre vent’anni. Come inviato ha seguito Olimpiadi, grandi eventi di calcio, tennis, Formula 1, Motomondiale e sport invernali. Dal 2016 al 2020 ha diretto il canale televisivo Supertennis e ha curato la comunicazione degli Internazionali d’Italia. Ha tenuto e tiene corsi di giornalismo e di comunicazione sportiva. Nel 2015 ha vinto il Premio Coni per la narrativa inedita con il racconto “Marcialonga Blues”. Ha scritto libri per grandi (“E vissero felici e lontani” con Antonella Piperno, Perrone editore) e piccini (“Cronache di Befa”, Biancoenero edizioni).
Ha pubblicato a giugno 2023 il libro “Chi ha rapito Roger Federer?” (Absolutely Free).
Collabora con il quotidiano Domani, cura per Sport in Media la rubrica “La Nuca di McKinley” e durante i Mondiali di calcio 2022 ha realizzato la video-rubrica “Qatarinfrangenze“.
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