Ieri sera sono tornato al cinema per vedere “Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione“, film prodotto da Mr. Arkadin per la regia di Domenico Ciolfi.
Sono uscito dal cinema con un sentimento a metà tra l’incazzatura per il modo tendenzioso di ricostruire i fatti e la rassegnazione di chi è consapevole, ormai, che le tesi del doppio complotto nei confronti di Pantani siano condivise dalla stragrande maggioranza delle persone, bombardate in questi anni da libri, articoli, fiction, pièce teatrali, film e altre rappresentazioni che hanno titillato i tifosi del Pirata, ridotto ancora una volta a proiezione di sé stesso (cit. Simone Basso). Un discorso, questo della riproposizione ad infinitum delle tesi complottistiche, ormai logoro e stantio.
Ancora una volta, non si capisce dove sia il confine tra la ricerca disinteressata e appassionata della verità, maggiormente rassicurante rispetto a quelle sancite da magistrati e tribunali, e la volontà di cavalcare la figurina di Pantani per ragioni di mera cassetta.
Basta, per favore. A cosa serve questa ennesima rappresentazione, appiattita completamente sulle tesi (peraltro respinte ripetutamente dai magistrati) di Antonio De Rensis, l’avvocato di mamma Tonina e della famiglia Pantani?
Il problema di questo film – su cui non mi esprimo a livello tecnico – è che sposando in modo dogmatico le tesi complottistiche (manomissione delle provette per volere della camorra a Madonna di Campiglio e omicidio a Rimini) finisce per ricostruire i fatti in modo totalmente soggettivo e parziale, tralasciando di fatto centinaia di pagine e motivazioni processuali. Finisce per mettere in discussione il lavoro e la professionalità di tutti i magistrati che si sono occupati delle due vicende. Finisce per accusare, in modo nemmeno troppo velato, i medici che curarono il prelievo a Madonna di Campiglio. Prove deboli, debolissime secondo i vari tribunali che si sono espressi. Eppure, da questi assunti, in particolare dalle frasi nebulose e de relato di Vallanzasca, si fonda tutta la prima parte del film. Peccato che le motivazioni del giudice Giuseppe Serao del Tribunale di Tione (Trento) – al termine di un processo in cui il prelievo all’hotel Touring e tutti i successivi passaggi furono esaminati in modo accurato – siano chiarissime e lascino poco spazio a nuove versioni (in quel processo Pantani fu assolto, si badi bene, non per non aver commesso il fatto, ma perché all’epoca dei fatti non era ancora in vigore la legge antidoping):
Questo film finisce, soprattutto, per convincere gli spettatori meno informati che Pantani sia stato fatto fuori dal Giro per una vicenda non meglio precisata di scommesse, e successivamente ucciso dal mondo della criminalità riminese. E queste due conclusioni non possono essere accettate passivamente da chi, in questi anni, ha avuto la pazienza di leggersi documenti, carte processuali, libri (non quelli “furbi” che mirano al cuore dei tifosi e non alla testa) e vorrebbe, semplicemente, che i fatti venissero riportati in modo chiaro e oggettivo. Per amore delle verità e per rispetto della giustizia e dei professionisti che vi operano.
Sulla tesi dell’omicidio di Rimini – tesi respinta da più giudici, anche e soprattutto dai giudici che avevano riaperto le indagini sulla base delle nuove evidenze presentate da De Rensis – rimando alla ricostruzione, attentissima, di Andrea Rossini, giornalista di cronaca nera del Corriere di Romagna che ha seguito tutto il processo di Rimini. Come riflessione, invece, riporto un passaggio di un articolo di Cristiano Gatti, scritto nell’agosto 2104, quando furono riaperte le indagini e l’avv. De Rensis, supportato dalla Gazzetta (con relativo titolone in prima pagina) e da Italia 1, imperversava sui media.
In conclusione, per rispettare Pantani sarebbe il caso di farla finita qui. Basta, per favore. Pantani resterà nel cuore di milioni di tifosi per quello che ha fatto e per le emozioni che ha saputo trasmettere. Meriterebbe di riposare in pace e di non essere strattonato, ancora una volta, per la bandana.
CONSIGLI DI LETTURA
Matt Rendell, “Pantani – A biography” (ultima edizione, 2015) – acquistabile qui. Una biografia straordinaria, minuziosa, in tipico stile anglosassone, che ripercorre l’intera vita di Pantani, approfondendo e chiarendo i due momenti più oscuri (Madonna di Campiglio e Rimini): un’autentica pietra miliare. Libro mai tradotto in italiano. Ovviamente.
Andrea Rossini, “Delitto Pantani – Ultimo Chilometro (Segreti e Bugie)” (Nda Press, 2014) – acquistabile qui. Andrea Rossini, esperto di cronaca nera del “Corriere di Romagna”, ha seguito in prima persona tutto il processo di Rimini, raccogliendo il materiale in questo libro.