Sulla querelle tra Daniele Adani e Massimiliano Allegri -scoppiata dopo Juventus-Inter, rinfocolata nei giorni successivi e conclusa, si spera, nel post-partita di Juventus-Torino – è già stato scritto e detto di tutto. SPORTinMEDIA, quale osservatorio specialistico del mondo Sport&Media, è inevitabilmente chiamato ad affrontare la questione nel modo più oggettivo possibile, senza entrare nel giochetto, stucchevole e pesantemente condizionato dal tifo, del “ha iniziato Tizio, ha vinto Caio”. Di seguito, alcune considerazioni sul confronto tra il commentatore di Sky Sport e l’allenatore della Juventus.
IL FASCINO DELLE LITI IN TV – Come testimoniato dall’eco mediatica sui media di vario genere, è stato innanzitutto uno di quei confronti destinati a restare nella storia della TV (sportiva). Un po’ come Zenga vs Varriale, Mourinho vs Sconcerti o Conte vs Pistocchi. Non importa il livello della discussione o i toni usati, si tratta di momenti televisivamente epici – i moralisti del “scena poco edificante” se ne faranno una ragione – in cui le maschere indossate dai protagonisti cadono e in cui tensione e antipatia reciproca prendono il sopravvento. Meglio queste situazioni rispetto a interviste insipide, commenti all’insegna del buonismo o, ancora peggio, scambi stucchevoli con una spruzzata “di casta” (introdotti sempre dal classico “anche tu hai giocato, quindi sai bene…”).
OLANDA vs ITALIA – Le ragioni della tensione tra i due contendenti nascono da lontano, ovvero da quando Adani, fautore di un calcio offensivo e propositivo, ha iniziato a criticare il gioco della Juventus di Allegri, vincente ma poco corale e affidato alle giocate dei singoli. Una battaglia culturale, in stile Ciao Darwin, tra ricerca del gioco vs risultatisti o, se preferite, tra pragmatismo ed estetica, iniziata ai tempi di Sacchi e destinata a durare nei secoli dei secoli.
DIRITTO DI CRITICA – Il dibattito successivo, su radio, TV, giornali, social e siti, si è focalizzato sul diritto di critica, ovvero se sia lecito e opportuno che un (semplice) commentatore televisivo possa criticare un allenatore plurititolato, vincitore anche di questo Scudetto. In molti hanno spostato l’attenzione sul fatto che Adani da calciatore non fosse un fuoriclasse – ma nemmeno l’ultimo dei difensori, aggiungo io – e che, a parte la breve esperienza al Vicenza come secondo di Silvio Baldini, non abbia mai allenato, rifiutando la proposta di diventare il vice-allenatore di Mancini all’Inter. A scanso di equivoci, tutte queste ultime motivazioni non c’entrano proprio nulla. Fino a prova contraria, un opinionista è chiamato e pagato dalla TV (o da altro medium) per esprimere dei giudizi, possibilmente competente e non banali. Cercare di screditare un commentatore, senza argomentare o rispondere alla sue domande/critiche, ma spostando la discussione sul piano personale (chi sei? come ti permetti?) è un atteggiamento tipicamente italiano. Nel caso specifico, Adani è uno dei commentatori più preparati in circolazione, una persona che ama il calcio in modo viscerale e, soprattutto, che studia, si aggiorna, conosce squadre, allenatori, giocatori di tutto il globo calcistico (che poi, personalmente, non condivida o non mi piacciano certi suoi eccessi, la sua tendenza al protagonismoo la sua venerazione per il calcio sudamericano, è un altro discorso).
Di fatto, è una banalissima questione di competenza, non di titoli, scudetti o curriculum. Si può essere d’accordo o meno con le sue idee, può piacere o meno il suo “fanatismo” ma il suo passato di non-campione o il fatto di non aver allenato, non c’entrano nulla. Adani studia, conosce, è competente e può confrontarsi con qualsiasi interlocutore del mondo calcistico. Ha il pieno diritto alla critica ed è pagato per farlo.
Cetamente, a livello di opinionisti, è mille volte meglio un Adani di un qualsiasi ex calciatore, magari più titolato o famoso dell’ex difensore di Fiorentina e Inter, presente in TV solo per il passato glorioso, ma che conosce ben poco della materia trattata e si limita a banalità e commenti privi delle necessarie conoscenze. Insomma, come in tutti i campi della vita, la chiave di tutto sono lo studio e l’aggiornamento costante. La tanto bistratta – di questi tempi – competenza.
Immagine tratta dal video di Sky Sport