Vedremo qualche “toppa” anche agli Internazionali d’Italia di tennis?
Siamo nel pieno degli Internazionali BNL d’Italia di tennis, con qualche assenza, molte defezioni illustri, uscite premature (Djokovic, Nadal, Rublev e anche Sinner, ahinoi!), e quindi con l’occasione per molti giocatori ai piedi della top 50 ATP di mettersi in mostra.
Proprio guardando a questi atleti, si è generata una dinamica abbastanza particolare, legata al mondo delle sponsorizzazioni “usa e getta”, non legate a contratti di durata, ma che si consumano nell’arco di uno o due turni di un torneo (se va bene anche di più!)
Lo sponsor che “vorrebbe ma non può” investire
Cosa succedere infatti a quei brand che “vorrebbero ma non possono”? Cioè quelle aziende che ritengono troppo alti i costi per una sponsorizzazione strutturata? O, dal lato opposto, agli atleti che veleggiano nei bassifondi delle classifiche, non godono di risultati esaltanti e quindi nemmeno di sponsor munifici, ma magari hanno un’occasione per farsi vedere?
Qualcuno ci mette una toppa. C’è chi si è inventato una furba strategia di marketing e da anni privilegia il supporto di atleti “perdenti” o presunti tali, nel momento in cui questi affrontano qualche nome importante: un’occasione di visibilità estemporanea per un’azienda, con costi sostenibili e alto impatto mediatico (quindi si spera anche un elevato ritorno di immagine).
Ma di cosa stiamo parlando? Partiamo prima da un esempio.
Il caso: Nadal vs Smyczek (112 ATP) agli Australian Open 2015
Pensate ad un tennista n. 112 del ranking ATP che, magari riesce a superare le qualificazioni di un torneo e si trova ad affrontare Rafa Nadal al secondo turno di uno Slam.
Il tennista in questione è l’americano Tim Smyczek, discreta carriera chiusa nel 2015, senza risultati di rilievo nel circuito che conta. Nel 2015, al primo slam della stagione, vive uno dei suoi momenti di gloria affrontando il fuoriclasse maiorchino in una battaglia lunga più di 4 ore, dove diede del filo da torcere al ben più quotato avversario, poi vincitore con il punteggio di 6-2, 3-6, 6-7 (2), 6-3, 7-5. Per chi sa leggere i numeri, non è stata proprio una passeggiata per il buon Rafa, anche se Smyczek non era sicuramente un tennista da “circoletto rosso” (cit.).
Ma le cose interessanti avvengono la sera prima di quel match, quando lo statunitense, che fino a quel momento, diciamo, aveva guadagnato “il giusto” nel circuito, riceve una telefonata da una grossa agenzia che gli propone un – per lui – lauto ingaggio per esibire nella propria maglia una nuova toppa pubblicitaria solo per la partita con Nadal.
L’azienda è la francese Guinot, specializzata in prodotti di bellezza, che da tempo ha attuato una interessante strategia legata agli eventi sportivi ed al tennis in particolare.
Guinot ha sviluppato un approccio per massimizzare la propria esposizione mediatica durante gli eventi di tennis più importanti del mondo, stringendo accordi di sponsorizzazione “last minute” con giocatori di livello inferiore, che hanno in programma dei match con i grossi nomi del circuito ATP/WTA.
Insomma, se Nike punta sulle leggende (anche future) dello sport, Guinot punta sugli underdog, gli sfavoriti, spesso degli autentici carneadi.
Contratti last minute per attaccare una toppa sulla manica
Guinot, dal 2008, tramite la superpotenza americana IMG (agenzia di comunicazione e gestione di eventi/diritti sportivi a livello globale), dopo che viene stabilito l’ordine di gioco per il giorno successivo, contatta gli agenti dei giocatori per trattare l’accordo.
Nel tennis ci sono diversi vincoli legati alla possibilità o meno di esibire uno sponsor (vedi Wimbledon), ma solitamente questi atleti trovano uno spazio nel petto e nella manica delle loro magliette.
Si dice che per ogni evento degli Slam, Guinot sia riuscita a stipulare circa 8-10 contratti di questo tipo.
Ai giocatori vengono offerte alcune migliaia di dollari per patch, che sono preconfezionate e portano il logo dell’azienda. Chiaramente, l’importo può poi aumentare in base alla classifica del giocatore e alla fase del torneo, arrivando anche a cifre intorno ai 10.000 dollari.
Nella maggior parte dei casi, trattandosi di atleti con poche probabilità di successo, l’accordo rimane in vigore giusto per la durata di qualche set…ma in altri, la scommessa ha pagato i suoi dividendi dal momento che tanto Svetlana Kuznetsova (US Open 2004 e Roland Garros 2009), che Samantha Stosur (US Open 2011), nonché Marion Bartoli (Wimbledon 2013) hanno trionfato nel torneo con la toppa ben visibile di Guinot.
Marketing e visibilità a basso costo
Potremo parlare di marketing a basso costo ma, in generale, quella di ottenere visibilità senza un impegno protratto nel tempo sembra una buona idea, dal momento che i vincoli a lungo termine sono esposti al rischio che il giocatore abbia fisiologici cali e quindi non ottenga l’esposizione auspicata.
A volte, anche per l’atleta, si tratta di un primo passo utile a monetizzare qualche estemporaneo exploit, per poi siglare accordi con sponsor più solidi e costanti.
È proprio il caso della russa Kuznetsova che, vinti due titoli del Grande Slam indossando le toppe, ha optato per vincolarsi con un unico brand, affermando di vedersi “come un marchio, di voler accettare solamente offerte a lungo termine” avendo aumentato il proprio valore, anche per una questione di immagine. Opinione sicuramente legittima.
Gli ha fatto però da contraltare l’americano Sam Querrey che, anni fa, ha invece prima esibito una toppa nei quarti di Wimbledon, dove battè Murray, salvo poi sostituirla in occasione della semifinale con lo sponsor Wheels Up (compagnia aerea privata che lo aveva ricompensato con denaro e l’uso gratuito dei propri voli). In merito dichiarò: “Io vado da chi mi paga di più; non mi interessa cosa c’è sopra. Lo indosso e vengo pagato, questo è tutto ciò che mi interessa. Non so nemmeno cosa siano Guinot e Mary Cohr”. Evviva la sincerità.
Toppe perdenti ma strategia vincente: con qualche contrattempo!
Di sicuro quelle toppe appiccicate all’ultimo momento non saranno annoverate tra le più vincenti della storia, ma almeno tra le più remunerative.
Ah, va detto che la strategia operata da Guinot sembra pressoché infallibile, salvo qualche contrattempo…
Ricordate la vicenda del buon Smyczek? Lo avevamo lasciato alla telefonata del suo agente con chi gli proponeva di indossare la toppa.
L’accordo andò chiaramente a buon fine e il buon Tim portò le sue otto magliette alla sarta del torneo, perché ci cucisse le patch. Tuttavia, solo cinque delle sue t-shirt ricevettero le toppe.
Come detto, la partita si è poi rivelata sorprendentemente competitiva, con Smyczek che ha costretto Nadal al quinto set. Il clima torrido di Melbourne aveva quindi costretto Smyczek ad utilizzare tutte le magliette “brandizzate”, tanto che, proprio nel momento clou della partita, finì il match indossando una maglia senza il logo dello sponsor.
Si può ragionevolmente pensare che Guinot non se la sia presa con il tennista per questa “mancanza”, dal momento che gli aveva già garantito 4 ore di pubblicità di fronte ad una platea enorme di spettatori, il tutto per “pochi spiccioli”.
Matteo Zaccaria | Coltiva la passione per tutti gli sport (tranne il cricket, che rimane un mistero), ma non ne pratica neanche uno (!). Avvocato vicentino, ma non “magna gati”. Appassionato del racconto sportivo in tutte le sue forme. Ritiene che se ti svegli nel cuore della notte per guardare una finale NBA, o hai una passione, o un problema, oppure entrambe le cose!
“Mi piace guardare lo sport in Tv. Contrariamente ai film non sai mai come va a finire” (Michael Douglas).