Il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista molto interessante a Franco Bragagna, Rai Sport. Nell’articolo di Flavio Vanetti sono emersi molti spunti, alcuni dei quali meritano di essere approfonditi.
SUI 100 DI JACOBS
«Il cinese non contava, ho capito che andava a vincere. Mi sono concentrato su di lui, sul traguardo mi è venuto lo strillo “Marcello!”, quasi fossi Anita Ekberg che si rivolgeva a Mastroianni dalla Fontana di Trevi. Mi è scappato un errore tecnico: anziché “signori miei” ho detto “Signore mio”. Per non correggere, ho proseguito. Uno sbaglio: la religione va evitata».
Nell’emozione del momento Bragagna commette un errore, ma ha la lucidità di non fermarsi/correggersi e l’onestà intelettuale di ricordarlo a freddo (e ammetterlo). Apprezzabile.
SU SCHWAZER
Invece l’hanno criticata perché quando ha vinto il marciatore Massimo Stano ha ignorato il titolo 2008 di Alex Schwazer. Come mai?
«Perché il mainstream segue concetti sbagliati e pompati dalla credenza fallace di altro. Ho documenti su quanto dico. C’è una sentenza nella quale lui ammette cose che poi finge di non ricordare. Schwazer ha chiuso persino con i suoi affetti, come Carolina Kostner».
Come ho avuto modo di scrivere più volte, l’atteggiamento e la posizione intransigente nei confronti di Alex Schwazer e Sandro Donati è onestamente incomprensibile e, per quanto mi riguarda, fa perdere molti punti a Bragagna. Non cito nemmeno le opinioni di Bragagna relativamenta alla seconda (presunta, anzi, secondo il Tribunale di Bolzano, artefatta) positività del marciatore di Racines. Mi fermo al rientro alle competizioni di Schwazer nel periodo 2015-2016. All’epoca Bragagna parlò di “operazione di maquillage e marketing” e criticò aspramente la coppia Schwazer-Donati durante alcune telecronache. Ecco, già all’epoca mi stupì e mi sembrò molto strano che un giornalista del calibro di Bragagna, bocciasse senza appello un progetto del genere, innovativo e trasparente.
Per chi volesse conoscere tutta la vicenda, anche dal punto di vista legale, consiglio il libro dello stesso Prof. Donati – certo, qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una posizione di parte, ma l’integrità morale di Donati è riconosciuta a livello mondiale – uscito poche settimane fa e già in testa alle classifiche: “I signori del doping. Il sistema sportivo corrotto contro Alex Schwazer“.
TERRE DI CONFINE E CULTURA SPORTIVA
Ci racconta il Franco Bragagna bambino e i sogni che aveva?
«Di madre veronese, sono nato a Padova perché papà, infermiere, purtroppo mancato a 42 anni, lavorava lì. Ci trasferimmo a Bolzano per esigenze familiari: mi ritrovai nella valle dell’Eden, mi sento bolzanino fino in fondo. Che cosa sognavo? Di fare proprio il telecronista. Amavo ogni sport, tranne il calcio anche se lo gioco ancora per divertimento. Ma dagli 8-9 anni ho pensato, vedendo le tv straniere, che l’Italia esagerasse per il pallone. E questo pur tifando per l’Inter del “Mago” Herrera».
Come per Pietro Nicolodi e Stefano Bizzotto (vedi puntata di Live|Stream), l’essere cresciuto a Bolzano, quindi con una forte influenza tedesco-svizzera a livello di cultura sportiva, ha aiutato Bragagna a uscire dalla classica impostazione italica, dove il calcio domina la scena. Nel mio piccolo posso confermare la cosa, essendo nato e cresciuto in una zona di confine come il Friuli Venezia Giulia. Poter guardare Telecapodistria e Tv Slovenija, mi ha permesso di conoscere e apprezzare tantissime discipline e allargare la mia visione sportiva.
MAESTRI (E NON) DI TELECRONACA
Qual è la sua hit parade dei telecronisti?
«Bruno Pizzul è un gigante. La sua attualità è ancora pazzesca: tempi perfetti sulla partita, enfasi corretta, espressioni rivoluzionarie come “folleggia in area”. Aggiungo Aldo Giordani, mito della pallacanestro: ero anche suo collaboratore a Superbasket, aspetto sempre il primo pagamento…».
Non cita Paolo Rosi?
«Non è stato un riferimento, conosceva poco l’atletica anche se pause e voce erano un proclama. Il fenomeno era piuttosto Sandro Vidrih di Telecapodistria, numero 1 pure negli altri sport».
Quali sono le caratteristiche di un buon telecronista?
«Ciò che dici va sancito dall’interesse giornalistico; poi come lo dici, è un altro discorso. Devi raccontare con entusiasmo: se non l’hai come dote naturale, sforzati di modificarti».
Viva la sincerità e viva Telecapodistria!
LA QUERELA DI FABIO CARESSA E L’ARCHIVIAZIONE
Amici e nemici: nulla da dichiarare?
«Rino Icardi mi prese sotto l’ala: noi sudtirolesi, o altoatesini che è poi lo stesso, eravamo una succursale per gli sport invernali e per quelli “indigesti”. Marino Bartoletti voleva che seguissi lo sci negli anni di Tomba, ma preferivo il fondo. Fu invece Ezio Zermiani a propormi per l’atletica. Nemici? Non vorrei citarli, ma ho superato una querela di Fabio Caressa: pratica archiviata con mia soddisfazione».
Presumo che Caressa si sia rivolto al proprio avvocato, per queste dichiarazioni di Bragagna rilasciate in un’intervista a Tv Blog del 2012, in cui criticò la presenza di Caressa nelle telecronache olimpiche del nuoto di Sky e il “caressismo” tout-court.
QUESTE LE DICHIARAZIONI DEL 2012, OGGETTO DEL CONTENDERE
I suoi sport principali, atletica e fondo, sono stati spesso coinvolti nel doping.
«Odio l’illecito. Nella vittoria da estasi della staffetta azzurra maschile di fondo a Lillehammer c’è un dettaglio che rende tutto meno fantastico: una sentenza disse che quel gruppo usava sostanze non consentite, ma ci fu l’assoluzione perché all’epoca in Italia non esisteva una legge sul doping».
Nel caso specifico, Bragagna è uno dei pochi giornalisti a ricordare “quell’indagine” e “quella sentenza”. Applausi.
LA RAI
Perché si parla male della Rai?
«Perché si parla male dell’Italia. È lo specchio del Paese: è un’azienda troppo politicizzata che sconta l’idea, anche peregrina, che nell’impiego pubblico si lavora poco e male».
L’intervista contiene molte altre domande e spunti e ne consiglio la lettura integrale.