La notizia ha un paio di giorni, ma merita di essere ripresa. Come abbiamo visto, nelle ultime settimane la situazione dei diritti televisivi di Tokyo 2020 è diventata più chiara. Eurosport possiede i diritti dei Giochi e trasmetterà sul Player circa 3000 ore di dirette (copertura totale, quindi). Al momento non c’è l’intesa con Sky per mandare in onda i Giochi sul 210 e 211. L’accordo Eurosport-DAZN ha cambiato le carte in tavola, con le Olimpiadi inserite nell’accordo tra i due broadcaster.
La Rai, invece, ha trovato tempo fa l’accordo con Discovery (Eurosport) per mandare in onda le ormai consuete 200 ore di Olimpiadi estive su (presumibilmente) Rai 2. Mercoledì, tuttavia, è uscita la notizia che in questo accordo non è prevista la trasmissione dei Giochi su Rai Play e, in generale, sui canali digital di Viale Mazzini. Nel dettaglio, Il Sole 24Ore parla di una differenza di 20 milioni tra domanda e offerta:
Sul punto si potrebbero dire diverse cose. Velocemente:
Rai Play è di fatto l’unico servizio innovativo di qualità in casa Rai. I servizi OTT e comunque lo streaming saranno, come dimostrano i primi dati della Total Audience, dei servizi sempre più utilizzati dai consumatori. E, considerando il periodo in cui si svolgeranno le Olimpiadi di Tokyo (24 luglio-9 agosto 2020) nonché gli orari di alcune gare, il servizio mobile-on demand sarebbe stato molto importante.
Allo stesso tempo, in Rai hanno fatto due conti e, probabilmente, i 60 milioni complessivi richiesti rappresentavano una cifra esosa, difficilmente recuperabile attraverso la pubblicità. Di base, il servizio pubblico deve trasmettere eventi di questa portata. Tuttavia, l’equilibrio trovato tra cifra sborsata e numero di ore trasmesse, rappresentava probabilmente l’optimum per i dirigenti Rai.
Negli ultimi anni ci sono stati molti cambiamenti, anche su spinta del CIO, nella presentazione delle candidature delle varie città per i Giochi. Dopo gli enormi buchi finanziari e la costruzione di cattedrali nelo deserto/impianti mastodontici abbandonati subito dopo le Olimpiadi, c’è stata una brusca frenata nella corsa al gigantismo. Candidature condivise, utilizzo di impianti già esistenti (anche a distanza), contenimento dei costi sono le nuove linee guida. Peraltro, se prima le candidature fioccavano, negli ultimi tempi si sono ridotte notevolmente, anche per il parere, spesso contrario, dei cittadini. Tutte questa premesse per dire che, al netto del logico business, sarebbe auspicabile un ridimensionamento anche a livello di costi dei diritti televisivi dei Giochi.
In tal senso, l’esempio di Sky Sport è molto significativo. L’allora Pay-TV di Murdoch spese una cifra considerevole per i diritti di Vancouver 2010, Londra 2012, Sochi 2014 e Rio 2016. Nonostante uno sforzo encomiabile e un livello qualitativo incredibile, i diritti dei Giochi non portarono i nuovi abbonati che Sky, all’atto di chiudere la trattativa col CIO, si sarebbe aspettata. Così, capendo l’antifona, finì per trovare un accordo con la Rai per “cedere” i diritti di Rio 2016. Un esempio concreto di come le Olimpiadi siano l’evento per eccellenza, ma che a livello televisivo siano di difficile gestione.